Kenya e Uganda sotto shock per il femminicidio della runner Rebecca Chepetegei

Morto anche l'autore dell'efferato delitto, Dickson Ndiema Marangach, convivente dell'atleta ugandese

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Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
13 settembre 2024

“Prima le ha gettato la benzina in faccia, sugli occhi, poi sul resto del corpo. E intanto con un machete minacciava di fare a pezzi chiunque tentasse di avvicinarsi e soccorrerla”. Orribili dettagli emergono sulla morte di Rebecca Chepetegei, 33 anni, la maratoneta ugandese bruciata viva in casa, il 1° settembre, dal convivente Dickson Ndiema Marangach a Kinyoro, nella contea di Trans Nzoia in Kenya.

Rebecca Chepetegei, runner ugandese uccisa in Kenya dal fidanzato

A rivelarli ai media locali è la sorella più giovane, Everlyn Chelangat, alla vigilia dei funerali di Rebecca, previsti per il 14 settembre a Kapkoros, (distretto di Bukwo, Uganda), paese natale della sfortunata atleta che si trova al confine con il Kenya, a circa 380 chilometri a nord-est della capitale ugandese Kampala.

Ricoverata con l’80 per cento di ustioni al Moi Teaching and Referral Hospital (MTRH) di Eldoret, la giovane è sopravvissuta cinque giorni: è spirata giovedì 5 settembre, all’alba.

A pochi metri da lei era ricoverato il femminicida, che le è sopravvissuto 4 giorni. Anche lui, infatti, è deceduto, lunedì 9 settembre. Nel tentativo di uccidere la sua donna, si era inavvertitamente cosparso di carburante, aveva preso fuoco e aveva riportato ustioni a 40 per cento su tutto il corpo. “In terapia intensiva ha sviluppato insufficienza respiratoria a causa delle gravi ustioni alle vie aeree e della sepsi che lo hanno portato alla morte lunedì alle 18:30 nonostante le misure salvavita”, ha affermato il dottor Philip Kirwa, amministratore delegato del Moi Teaching and Referral Hospital.

Morto anche il femminicida, Dickson Ndiema Marangach

L’ennesimo caso di femminicidio in Kenya era avvenuto in seguito a una discussione sulla proprietà del terreno su cui si trovava la casa di Cheptegei. I genitori della maratoneta, Joseph e Agnes, avevano acquistato un terreno a Trans Nzoia affinché la figlia potesse essere più vicina ai numerosi centri di allenamento sportivi della contea. Famosa per essere la culla dei campioni del fondo e del mezzofondo.

La trentatreenne aveva gareggiato anche in Italia il 24 aprile 2022, vincendo la maratona di Padova, mentre nel 2023, il 26 novembre, era giunta seconda in quella di Firenze. Ancora nel 2022, con il tempo di 2:22:47, aveva stabilito il record dell’Uganda sui 42,195 km. Aveva rappresentato Kampala in numerose altre competizioni internazionali, tra cui i Campionati mondiali di corsa campestre IAAF e i Campionati mondiali di atletica leggera. L’ultima sua esibizione era stata alle Olimpiadi di Parigi: era giunta 44° nella maratona, gara conclusiva dei Giochi, l’11 agosto scorso.

La sua morte, descritta dalle Nazioni Unite come un “omicidio violento”, ha scatenato una condanna e un cordoglio diffusi e (sembra) sentiti.

Di certo uno dei gridi più sinceri e allarmanti è quello di Viola Cheptoo Lagat che ha creato una fondazione in memoria di Agnes Tirop, assassinata in Kenya nel 2021.

Da allora Viola si è schierata contro la violenza domestica. Ha affermato che alla base degli attacchi alle donne potrebbero esserci i premi in denaro.

“I fidanzati vogliono i loro soldi vinti nelle gare e poi vanno a sprecarli –  ha detto –. Un altro problema è la società. Abbiamo permesso che accadesse, tanto che non lo condanniamo nemmeno più: consideriamo normale vedere una donna picchiata, qualcuno che ruba la proprietà di qualcun altro… e noi non urliamo finché qualcuno non si è perso”.

Il presidente della World Athletics, Sebastian Coe ha dichiarato: “Il nostro sport ha perso un atleta di talento nelle circostanze più tragiche e impensabili. Rebecca era una runner incredibilmente versatile che aveva ancora molto da dare su strada, in montagna e sui sentieri di cross country”. Coe ha affermato di essere in trattative con i membri del Consiglio direttivo della World Athletics “per valutare come potenziare le tutele per includere gli abusi al di fuori dello sport”.

“Profondamente scossa dalla notizia della tragica morte di nostra figlia Rebecca Cheptegei, dovuta alla violenza domestica” si è dichiarata anche la first lady e ministro dell’Istruzione ugandese, Janet Kainembabzi Museveni.

Il ministro dello Sport keniano, Kipchumba Murkomen, ha affermato che si tratta di un “duro promemoria” del fatto che è necessario fare di più per combattere la violenza di genere.  “Solo nel mese di gennaio, almeno 14 donne in Kenya sono state uccise dai loro partner”, ha ricordato su RFI il giornalista Kelvin Ogome.

Gli organizzatori delle Olimpiadi di Parigi hanno espresso profonda indignazione e tristezza per la morte della runner. La sindaca della capitale francese, Anne Hidalgo, ha assicurato: “Le dedicheremo un impianto sportivo affinché la sua memoria e la sua storia rimangano con noi e contribuiscano a portare avanti il messaggio di uguaglianza, un messaggio che è anche quello dei Giochi olimpici e paralimpici. Parigi non la dimenticherà”.

Speriamo che il cordoglio e le promesse non durino lo spazio dell’emozione momentanea. Per non tradire Rebecca e tutte le donne vittime di violenza. E non mettersi a urlare fino a che un’altra donna non si sia persa.

Costantino Muscau
muskost@gmail.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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