La famiglia di Elisa Claps vicina agli sfollati del Congo-K

Il cuore di Elisa nel cuore dell’Africa. La ragazza uccisa a soli 16, sognava di fare il medico nel continente dimenticato. La famiglia, in memoria della congiunta sta realizzando un progetto insieme a VIS nell'est del Paese, martoriato dai conflitti

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Kinshasa, 11 settembre 2024

Il conflitto che si consuma da decenni nell’est della Repubblica Democratica del Congo è una delle tante guerre dimenticate dalla comunità internazionale. Finora non si intravede una fine alle atrocità, violenze e sofferenze della popolazione, costretta a fuggire dalla proprie case a causa delle continue aggressioni dei gruppi armati e i combattimenti tra le forze armate congolesi (FARDC) e i loro alleati, per tentare di sconfiggere i ribelli.

Campo profughi Goma e sullo sfondo ambulatorio VIS

Un barlume di speranza, una piccola, ma potente fiaccola arriva ora da Potenza direttamente a Goma, capoluogo del Nord-Kivu, nell’est del Congo-K, provincia pesantemente colpita dalla incessanti aggressioni, in particolare dai miliziani di M23. Il gruppo armato in questione prende il nome da un accordo firmato dal governo del Congo-K e da un’ex milizia filo-tutsi il 23 marzo 2009, appoggiato dal Ruanda e in forma minore rispetto a Kigali, anche dall’Uganda.

Domani, 12 settembre 2024 a Potenza e a Goma, si terranno due manifestazioni in contemporanea legate al progetto Il Cuore di Elisa nel Cuore dell’Africa. E chi non si ricorda di Elisa Claps, uccisa appunto a Potenza a soli 16 anni nel 1993? Già da giovanissima la ragazza aveva espresso il desiderio di studiare medicina per poi prestare servizio in Africa.

E domani ci sarà l’inaugurazione di un ambulatorio medico a Goma, dedicato a Elisa. Con il Volontariato Internazionale per lo Sviluppo (VIS) – ONG di ispirazione salesiana – la famiglia Claps, in ricordo di Elisa, porta avanti un programma nutrizionale dedicato ai bimbi dai 0 ai 5 anni, in particolare per coloro che vivono a ridosso del dispensario Don Bosco Ngangi, Goma, nel campo per sfollati, che ospita quasi 30mila persone. Gran parte dei bambini tra o e 5 anni soffrono di malnutrizione.

Le continue aggressioni dei vari gruppi armati sta devastando le regioni orientali della ex colonia belga. Alla fine del 2023 gli sfollati interni erano 6,9 milioni in tutto il territorio nazionale. Alla fine di maggio, nel solo Nord-Kivu, altri 1,77 milioni sono scappati dalle proprie case per fuggire alla furia dei miliziani M23.

Il 2 settembre, durante una breve cerimonia, organizzata dalle autorità congolesi allo Stade de l’Unité, situato al centro di Goma, sono stati celebrati i funerali di oltre 200 sfollati, morti negli ultimi mesi per fame e/o malattie nei campi attorno a Goma. Centinaia di persone che sono state costrette a lasciare le proprie case, tra loro anche molti parenti dei deceduti, hanno dato l’ultimo saluto a chi non ce l’ha fatta.

Goma: cerimonia per 200 vittime nei campi per sfollati

“Siamo scappati dalla guerra, ma l’abbiamo ritrovata nei nostri luoghi di rifugio. Siamo fuggiti dalla morte, ma ci ha inseguito nei campi. Chiediamo la fine delle ostilità per poter tornare a casa”, ha detto in lacrime una giovane mamma, il cui figlio è rimasto ben 5 mese nella camera mortuaria. Le salme sono state sepolte nel cimitero di Genocost, a circa dieci chilometri da Goma, vicino alla linea del fronte tra l’esercito e i ribelli dell’M23.

Ma le disgrazie non vengono mai sole. Ora il Congo-K è stato colpito pesantemente anche dal vaiolo delle scimmie (già Monkeypox, ora Mpox) e dall’inizio dell’anno sono morte almeno 635 pazienti.

Ogni giorno vengono registrati nuovi casi, ha raccontato un medico di un ospedale del Sud-Kivu, epicentro dell’epidemia, ai reporter della BBC. “Non ci sono letti a sufficienza, molti pazienti sono costretti a dormire per terra. Manca il materiale protettivo per medici e paramedici. I medicinali a diposizione sono pochi”, ha aggiunto il dottore.

Congo-K: le pustole provocare dal vaiolo delle scimmie MPOX

Settimana scorsa l’Unione Europea ha spedito 200mila dosi di vaccino a Kinshasa, ma ora ci vorranno settimane prima che arrivino nel Sud-Kivu, per mancanza di infrastrutture. Molte strade sono in condizioni pessime e trasportarli in elicottero graverebbe sul già povero bilancio del Paese.

La direttrice generale dell’ONG Medici senza Frontiere (MSF), Tejshri Shah, pediatra specializzata in malattie infettive, è stata recentemente nel Nord-Kivu e durante la sua visita ha ricordato che sarà impossibile contenere il virus nei siti degli sfollati interni se non migliorano le loro terribili condizioni di vita.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X@cotoelgyes
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