Costantino Muscau
6 agosto 2024
“Ho il record del mondo, due medaglie di campionessa del mondo, ma dalla lista mi manca la medaglia olimpica. Se tutto andrà come spero, il mio sogno di avere anche quella si avvererà”. Così parlò il 22 luglio scorso, intervistata da Standardmedia.co.ke, Beatrice Chebet, 24 anni, poliziotta di nome, mezzofondista di fatto e di gran classe, nata a Kericho (Rift Valley), seconda di sette figli di una coppia di contadini.
La sera del 5 agosto, ha realizzato il suo sogno nell’impianto parigino Stade de France. Ha conquistato l’oro nella gara dei 5 mila metri, col tempo di 14.28.56 davanti a 70 mila persone faziosamente schierata con l’unica francese, Rénelle Lamote, in pista.
Alle spalle di Beatrice, la connazionale Faith Kipyegon, 30 anni, (nata a Bomet, residente a Eldoret) e all’olandese Sifan Hassan, 31 anni, fuggita dall’Etiopia nel 2008 per raggiungere la mamma. Sifan Hassan era la campione uscente: a Tokio nel 2021 era stata incoronata regina dei 5 mila e anche dei 10 mila metri.
Mentre la Chebet festeggiava, però, alle sue spalle scoppiava un dramma durato un paio d’ore. È stato un altalenarsi di gioie e delusioni. La giuria prima squalificava la Kipyegon, per aver ostacolato una concorrente, privandola quindi dell’argento e assegnandolo alla Hassan. In questo modo consentiva all’italiana Nadia Battocletti, 24 anni, campionessa europea, di salire sul podio con il bronzo. Seguivano lacrime di delusione e di gioia.
Più tardi, molto tardi, contrordine. I giudici, su reclamo della federazione keniota, confermavano l’ordine d’arrivo con la Battocletti rimessa al quarto posto e la Hassan al terzo.
Si invertivano le manifestazioni dei sentimenti: lacrime di felicità (per la Kipyegon) e frustrazione (della Battocletti, dopo essere stato respinto il controricorso italiano). Comunque, la classifica finale definitiva confermava il predominio africano: la quinta Margaret Chelimo Kipkemboi, 31 anni, del Kenya, la sesta, settima e la nona etiopi (rispettivamente Ejgayehu Taye, 24, Media Eisa, 19 anni Gudaf Tsegay, 27). Delle 16 finaliste sui 5 mila metri, sette provenivano dal Continente nero. L’ultima, anche in ordine di arrivo, è l’esordiente Francine Niyomukunzi, 25 anni.
In realtà anche Nadia Battocletti, studentessa di ingegneria edile e architettura, ha sangue africano da parte di mamma Jawahara marocchina, residente col marito Giuliano, a Cavareno, in Val di Non (Trentino).
In compenso Francine Niyomukunzi ha un po’ di Italia. Originaria di Bururi (Burundi sud) risiede a Siena, dove da tempo si allena nel Tuscany Camp, un centro per atleti divenuto un pezzo d’Africa nella campagna toscana creato da Giuseppe Giambrone (il campus raccoglie giovani di Uganda, Burundi Ruanda, Tunisia e Italia).
Un colpo di scena di altro genere si è verificato sempre nella serata di lunedì 5 agosto sugli 800 metri. Le atlete africane sono state “bastonate” da una giovane inglese, dando al vecchio continente un oro che mancava da decenni. Keely HodgKinson, 22 anni, ha superato l’etiope Tsige Duguma, 23 anni, e la campionessa mondiale Mary Moraa, 24, del Kenya. La britannica viveva questo momento da quando aveva 10 anni, ha dichiarato. A farne le spese le favorite africane, soprattutto la Moraa, che ai campionati del mondo di Budapest, nel 2023, l’aveva sopravanzata di tre decimi di secondo!
Nel variegato, complesso e controverso paesaggio delle Olimpiadi parigine è possibile scorgere anche una suggestiva, inaspettata delicata figura femminile, che, con forza e grazia, emerge dalle parallele asimmetriche. Una fanciulla, acqua e sapone, si diceva una volta, che regala all’Algeria e all’Africa la prima medaglia nella ginnastica artistica della storia. E questa medaglia è d’oro. Per la verità lei, Kaylia Nemour, è nata 17 anni fa a Saint-Benoît-la-Forêt, un paesino nel cuore della Francia, da padre algerino e mamma francese.
E possiede anche la doppia nazionalità, tanto che per anni ha rappresentato a livello internazionale la terra in cui è nata. Nel 2023, però, ha deciso di esibirsi per il Paese paterno dopo una querelle con la federazione francese di ginnastica. Reduce da un duplice infortunio alle ginocchia, infatti, un medico le negò l’autorizzazione a riprendere le gare, mentre invece un altro glielo consentì. Ed ecco perché la dichiarazione della ragazzina nella conferenza stampa con la medaglia d’oro al petto, domenica scorsa, suona una come una rivincita. “Sono e felice e orgogliosa di rappresentare l’Algeria – ha commentato in un francese impeccabile – Non riesco a credere che sia successo, è il sogno della mia vita”.
La grazia e la delicatezza di Kayila Nemour fanno a pugni (ovviamente!) con la figura di un’altra atleta algerina, di cui fin troppo si è parlato in queste olimpiadi per una polemica insensata e pretestuosa: la boxeur Imane Khelif, 27 anni, arrivata in semifinale (categoria 66 kili, medaglia di bronzo come minimo assicurata) dopo aver sconfitto l’italiana Angela Carini e l’ungherese Anna Luca Hamori.
Khelif, come noto, è stata accusata, senza prove biologiche di essere…uomo! Per la nostra compatriota si sono mossi a livello governativo e perfino mamma Meloni è corsa a consolarla. La pugile magiara. invece, si era limitata a riempire di insulti l’algerina alla vigilia del match. Poi però l’ha affrontata sul ring, ha combattuto, si è presa la sua dose di pugni, ha accettato la sconfitta e ha abbracciato la vincitrice.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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