4 agosto 2024
Una lunga indagine di The Reporter, quotidiano etiopico in lingua inglese, ha denunciato un traffico di esseri umani da Asmara ad Addis Abeba passando per il Tigray: il racket coinvolge ONG e alti ufficiali e funzionari governativi.
Generalmente le guardie di confine eritree aprono il fuoco contro coloro che voglio uscire illegalmente dal Paese. Ma i trafficanti facilitano la traversata, pagando profumatamente gli addetti ai controlli sia in Eritrea, sia in Etiopia.
Kibrom Berhe, presidente di Baitona, partito all’opposizione in Tigray, in una intervista al quotidiano etiopico cita i trafficanti come “gruppi mafiosi”. “Tali organizzazioni – ha spiegato Kibrom – operano sia in Etiopia sia in Eritrea. Quelle eritree, in particolare, hanno una lunga storia nel settore. Tra i loro ranghi ci sono generali e ufficiali dei servizi segreti. Ora sono entrati in Etiopia e ‘le mafie governative’ eritree, etiopiche e tigrine lavorano insieme”.
Gli esodi di giovani non sono nuovi specie nel Corno d’Africa, dove fame, oppressione, violazione dei diritti umani, violenze e conflitti locali spingono sempre più persone a partire, sia verso i Paesi del Golfo, sia verso la Libia per poi raggiungere l’Europa oppure sono diretti verso altre nazioni nel continente stesso, come Uganda o Sudafrica.
Basti pensare agli ultimi naufragi che si sono consumati recentemente sulla cosiddetta rotta orientale, utilizzata da coloro che vogliono raggiungere i Paesi del Golfo, considerata dall’OIM (Organizzazione Internazionale per i Migranti) une delle vie di fuga più complesse e pericolose dell’Africa e del mondo. Si calcola che nel 2023 durante la traversata di Bāb el-Mandeb (Porta del lamento funebre tradotto in italiano), lo stretto tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden e quindi con l’Oceano Indiano, siano morte almeno 700 persone Ai due lati delle sue sponde si trovano Gibuti, sulla costa africana e lo Yemen, nella Penisola Arabica. Le cifre dei morti e dispersi durante i naufragi sono certamente sottostimate, visto che spesso le tragedie passano inosservate.
Molti migranti in fuga, invece, scelgono di andare in Uganda utilizzando una rotta che passa per Addis Abeba. Basti pensare che nella sola Kampala, capitale dell’Uganda, dall’inizio dell’anno alla fine di giugno è stato registrato l’arrivo di oltre 11mila eritrei, mentre gli etiopi hanno superato i 2.500.
Ancora oggi parecchi rifugiati che approdano in Libia sono eritrei, di frequente soggetti al traffico e ridotti in schiavitù, subiscono torture, abusi di ogni genere e anche violenze sessuali per costringere i familiari a pagare un riscatto per il loro rilascio. Ma spesso i soldi richiesti non arrivano in tempo e le famiglie non riescono a ritrovare i propri figli nemmeno dopo aver inviato ingenti somme di denaro ai rapitori. Se riescono a fuggire dai lager e a raggiungere il Mediterraneo, rischiano di essere intercettati e rispediti in Libia o di morire in mare, ma questo succede anche a migranti di altre nazionalità.
Nel mese di luglio la polizia del Kenya ha arrestato quasi cento etiopi: erano diretti in Sudafrica o nei Paesi del Golfo. Intercettazioni di migranti e conseguenti arresti sono fatti che succedono sempre più frequentemente, la rete di traffici di esseri umani si sta espandendo vertiginosamente.
Va inoltre ricordato che alcuni mesi fa ci sono stati almeno due naufragi sul lago Turkana, che marca il confine nella parte settentrionale tra Kenya e Etiopia. Le vittime erano per lo più persone in fuga dai regimi al potere ad Asmara e Addis Abeba.
In Malawi, Paese di transito per chi fugge dal Corno d’Africa, le forze armate hanno fatto irruzione nel campo per rifugiati di Dzaleka per smantellare una attività particolarmente redditizia: il trasporto di giovani provenienti da zone rurali dell’ Etiopia in cerca di lavoro nelle grandi città sudafricane. I militari hanno arrestato oltre 200 persone nella notte del 18 luglio scorso.
Il sito The New Humanitarian spiega nel suo lungo rapporto, pubblicato il 1°agosto, che sono stati fermati molti tra coloro che hanno aiutato – e stanno ancora aiutando – i trafficanti etiopici presenti nel campo. Si suppone però che solo 5 o 6 soggetti implicati direttamente nel contrabbando di esseri umani siano finiti dietro le sbarre. Quelli più potenti sono sempre a piede libero e proseguono indisturbati i loro loschi traffici.
Il raid di luglio era stato affidato ai militari; gli agenti di polizia, che si lasciano corrompere con estrema facilità dai trafficanti erano stati tenuti all’oscuro.
I migranti etiopici trascorrono mesi in viaggio, passando da una banda di contrabbandieri di esser umani all’altra, e in Malawi i fuggiaschi vengono chiamati “katundu” (merce). E sono decine di migliaia di giovani che ogni anno cercano di arrivare in Sudafrica per trovare lavoro, spesso in negozi informali, presso parenti o amici. E’ un viaggio lungo, pericoloso, pieno di insidie e come succede in tutte le rotte e vie di fuga, molti muoiono strada facendo e la famiglia raramente viene informata.
Africa ExPress
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