Giovanni Verga
Sidone (Libano), 25 luglio 2024
La creazione di una fascia di sicurezza tra Israele e Libano del Sud ormai è alle fasi finali. L’obiettivo è chiaro: neutralizzare il pericolo che Hezbollah continui a lanciare i suoi attacchi con missili e blitz da terra dalle aree di confine. E per riuscirci bisogna fare letteralmente terra bruciata di quella fascia di territorio confinante, anche con sistemi vietati dalle convenzioni internazionali.
Come le bombe al fosforo. L’operazione va avanti da mesi e i risultati voluti sono già stati di fatto raggiunti: per molti chilometri in territorio libanese questi ordigni hanno ridotto a sterpaglia la vegetazione, degradato l’ambiente e cancellato per molto tempo le colture, di cui vivono i residenti.
Sono valutati in più di centomila gli sfollati interni secondo fonti ufficiali, che hanno abbandonato le loro case per cercare riparo dalle bombe e dagli effetti delle armi chimiche. Molti si sono spostati dove hanno potuto da parenti e conoscenti in tutto il Paese. Ce ne sono molti a Sidone, l’ultima grande città del Sud non ancora raggiunta dagli attacchi israeliani.
Sulla collina in periferia c’è una famiglia di sfollati da Kfarkila, uno dei villaggi più colpiti vicino al confine. “Quando siamo arrivati, quella era una terra piena di ulivi e frutteti – raccontano -. Allo scoppio della guerra gli insegnanti hanno detto ai ragazzi che le lezioni non potevano continuare. Ci siamo trasferiti prima a Beirut e poi a Tripoli, nel Nord. Non riuscivamo ad avere notizie precise di quello che stava succedendo, sembrava che non volessero dirci la verità sui fatti che accadevano. Infine siamo venuti qui a Sidone. Sul nostro villaggio è iniziato un bombardamento quotidiano con missili e droni che continua incessantemente anche in questi giorni. Non è rimasto nulla, tutto è bruciato e raso al suolo, è un deserto. Per i campi animali morti, cani, gatti, persino i cavalli. Le case bruciate completamente o con i muri anneriti. Abbiamo perso la casa, gli amici, la terra soprattutto, che è il nostro lavoro. La causa sono le bombe al fosforo”.
Secondo quanto riportato dai media locali, la vicina località di Dyara è stata il centro dell’offensiva con conseguenze devastanti. Pompieri intervenuti nella zona hanno confermato quanto riferito riguardo a vittime civili, e per gli abitanti dell’area grandi difficoltà respiratorie, perdita di conoscenza, stati di choc.
In un altro quartiere, tra i più poveri di Sidone, una famiglia di siriani ha trovato rifugio dal villaggio di Blat. Sono due volte profughi, dalla Siria e dal Libano meridionale . Vivono grazie al sostegno di donatori tramite ong estere, di prestiti e di piccoli lavoretti. Anche questa è una famiglia numerosa, sette figli dai tre ai vent’anni. Sono fuggiti da Idlib dodici anni fa , quando è scoppiata la guerra in Siria.
Racconta la madre che la posizione del villaggio è strategica e per questo è stato colpito, anche se meno di altri. “Non ci sono state vittime finora, per quanto ne sappiamo. Ma noi come quasi tutti siamo subito fuggiti. I droni colpiscono tutto quello che si muove. Non si poteva rimanere, soprattutto per i bambini”. I quali adesso non vanno a scuola da ottobre e tentano di proseguire in qualche modo il loro percorso scolastico da remoto con l’aiuto di volontari delle ong.
Secondo il ministero libanese dell’Agricoltura sono stati bruciati quattrocento ettari di terra, distrutti il sessanta per cento delle foreste, il trenta per cento dei terreni agricoli e 47mila alberi di ulivo.
Gli ulivi principale fonte di sostentamento della popolazione, sono venuti meno: l’obiettivo finale è rendere quei luoghi non più abitabili. L’altro scopo è impedire agli uomini di Hezbollah di trovare riparo e nascondersi tra gli alberi sfuggendo agli attacchi aerei e ai droni, e quindi sferrare attacchi e imboscate contro l’esercito israeliano. I proiettili che rilasciano fosforo bianco causano gravi ustioni, danni indescrivibili ai polmoni e agli organi interni.
Il fosforo contamina anche l’aria e le fonti d’acqua, potenzialmente sul lungo periodo provoca cancro alla pelle, alla vescica e malattie respiratorie. Il segretario generale di Croce Rossa Libano a Beirut, Georges Kettaneh, conferma che la Croce Rossa è intervenuta nelle aree più colpite di BintJbeil, Marjayoun e Nabatjafornendo con medicine, assistenza medica, rifugi di emergenza per la popolazione sfollata, oltre a ben dodici sale operatorie in località prossime alle aree bombardate.
“Decine di migliaia di persone sono state sradicate dalle loro case – racconta -. Scuole e tutte le attività pubbliche sono sospese, ospedali compresi. Oltre alle vittime civili, immagini satellitari mostrano una devastazione dei campi e danni irreparabili alle colture. I contadini e gli agricoltori, base portante dell’economia, sono i più colpiti: fuggendo hanno perso la loro fonte di reddito e quando torneranno dovranno affrontare la realtà della distruzione totale dei loro beni”.
E poi le infrastrutture. “Direttamente collegati agli attacchi – spiega Georges Kettaneh – sono i danni alle strade e agli edifici, che assommano ad almeno quattrocento unità. La distruzione delle arterie ostacola i trasporti e l’accesso ai servizi con la conseguenza evidente che ai danni materiali si aggiungono quelli economici. Questo allungherà i tempi della ricostruzione e il rientro della popolazione di anni”. Che è esattamente quello che vuole Israele.
Giovanni Verga
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