In Sudan il conflitto continua la sua folle corsa: oltre la metà della popolazione soffre la fame

In un quartiere di Omdurman, città gemella di Khartoum sull'altra sponda del Nilo, non è rimasto nessuno per dare una degna sepoltura ai morti.

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
19 luglio 2024

“Le Agenzie delle Nazioni Unite e le ONG devono tornare tutte sul campo, la popolazione sudanese ha bisogno di noi”, è l’appello lanciato qualche giorno fa tramite AFP da Christos Christou, presidente internazionale di Medici Senza Frontiere (MSF). Gran parte delle operazioni umanitarie sono state interrotte e molte ONG, in attesa di nuovi sviluppi, si sono ritirate a Port Sudan, che dista un migliaio di chilometri da Khartoum.

Sudan: sfollati e rifugiati in continuo aumento

L’ex protettorato anglo-egiziano è entrato nel 16esimo mese di guerra e la fame attanaglia gran parte della popolazione. Il rapporto dell’ONU di fine giugno precisa che 25,6 milioni di sudanesi – poco più della metà della popolazione – è colpita da insicurezza alimentare acuta. I morti sono ben oltre 16 mila, cifra certamente sottostimata. Secondo gli ultimi dati, più di 11 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni tra questi circa 2 milioni hanno cercato rifugio nei Paesi limitrofi.

Tra i morti e feriti ci sono anche operatori umanitari, medici e paramedici. Nelle ultime due settimane nello stato di Sennar, dove si sono intensificati i combattimenti, sono stati uccisi due volontari di Red Crescent Society (SRCS). La Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa ha sottolineato che proteggere coloro che prestano servizio per aiutare gli altri, non è solo un obbligo legale, ma anche morale.

Le due parti in conflitto, Rapid Support Forces, capeggiate da Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemetti, da un lato, e le Forze armate sudanesi (SAF), comandate da Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, presidente del Consiglio Sovrano e di fatto capo dello Stato, dall’altro, hanno devastato quasi tutto il Paese.

Una parte di Omdurman, città gemella di Khartoum, sulla sponda occidentale del Nilo, e un tempo il principale polo commerciale del Sudan, è oggi inabitabile a causa della presenza di cadaveri nelle strade e nelle case. Una crisi sanitaria senza precedenti. Non è rimasto nessuno per dare una degna sepoltura ai morti. Per le strade si aggirano solo roditori e insetti.

Un quartiere di Omdurman, Sudan

Intanto a Ginevra, sotto l’egida delle Nazioni Unite si tenta di trovare una soluzione per quanto riguarda il passaggio dei convogli con aiuti umanitari e la protezione dei civili. E Ramtane Lamamra, inviato del segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, sta tentando di guidare un approccio con rappresentanti delle RSF e dell’esercito sudanese. Si tratta di “discussioni di prossimità”, il che significa che le due parti in conflitto non si incontrano e non negoziano direttamente.

Sin dall’inizio della guerra, sia l’esercito sia le RSF sono stati accusati di aver saccheggiato e ostacolato l’arrivo dei convogli aiuti umanitari, oltre ad aver quasi distrutto un sistema sanitario già fragile.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato un nuovo allarme per quanto riguarda El Fasher, capoluogo del Darfur settentrionale, dove a tutt’oggi sono intrappolate oltre 800mila persone. I convogli con gli aiuti umanitari non possono accedere nella zona a causa degli incessanti combattimenti tra le RSF e l’esercito sudanese. E ora, secondo quanto riportato da un funzionario di PAM (Programma Alimentare Mondiale), l’unica via di rifornimento ancora aperta è stata interrotta a causa delle forti piogge. Mentre Mona Rishmawi, membro della Missione d’inchiesta dell’ONU sul Sudan, ha dichiarato ai reporter di Reuters che i rifugiati arrivati nel vicino Ciad, durante la fuga sono stati costretti a nutrirsi di erba per sopravvivere.

Anche a Sennar, città sul Nilo Blu, nel sud-est del Paese, la situazione è a dir poco catastrofica da quando è sotto assedio dei paramilitari di Hemetti. Le RSF stanno controllando le principali vie d’accesso, impedendo così l’arrivo di beni di prima necessità.

E proprio per l’ormai risaputa presenza di miliziani stranieri tra i paramilitari delle RSF, le autorità dello Stato di Khartoum hanno ordinato a tutti non sudanesi di abbandonare la regione entro le 23.59 del 26 luglio prossimo.

Cornelia Toelgyes
cornelicit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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