Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
16 luglio 2024
La settimana scorsa, nel tribunale di Shanzu a Mombasa, è iniziato il processo al predicatore-profeta Paul Mackenzie Nthenge. Il profeta è capo della Good News International Church (Chiesa Internazionale della Buona Novella), soprannominata la “Setta della Fame”.
È ritenuto responsabile della morte di 448 persone seppellite in fosse comuni nella foresta di Shakahola, vicino a Malindi, sulla costa del Kenya. Tra i cadaveri sono stati identificati 131 bambini dei 184 scomparsi.
Il “massacro di Shakahola”, è venuto alla luce nell’aprile scorso, lasciando sotto shock l’intero Paese. Dopo la macabra scoperta il presidente keniota, William Ruto, si è scagliato contro “le congregazioni che usano la religione per ideologie inaccettabili”, paragonandole al terrorismo.
Il pubblico ministero ha subito chiarito che la chiesa della Buona Novella è “un’organizzazione criminale che ha commesso atti violenti in nome di un’ideologia”.
La morte delle 448 persone, adepti della setta è avvenuta per fame. Mackenzie incoraggiava i fedeli a morire “per incontrare Gesù”. Chi cercava di scappare veniva ucciso a bastonate.
Le udienze del processo si tengono a porte chiuse con 90 testimoni, dodici dei quali – anche nove bambini – sono sotto protezione. Mackenzie e i coimputati sono accusati di 13 atti di terrorismo per il loro coinvolgimento nella morte di 448 persone, i cui corpi sono stati riesumati dalla foresta di Shakahola.
Secondo l’accusa saranno presentate prove dirette e indiziarie, ma anche con numerose prove reali e documentali, comprese quelle elettroniche e altre forme oltre che digitali. “Le prove riveleranno una struttura gerarchica, con Mackenzie e Smart Mwakalama al comando che supervisionavano le operazioni”, ha detto Peter Kiprop, vicedirettore della Procura.
Di diverso avviso la difesa che ha respinto la accuse. Paul Mackenzie e i suoi coimputati stavano semplicemente esercitando i loro diritti fondamentali e si appella alle libertà di religione, espressione e associazione garantite dalla Costituzione keniota.
Il 10 luglio c’è stata la testimonianza di Lewis Thoya Sira, medico e fratello di Paul Mackenzie. Dopo aver saputo della morte dei suoi due nipoti deceduti per fame, si sarebbe recato sul posto, a Shakahola, con una TV locale e un suo cugino. Anche un bambino di 8 anni ha rilasciato una testimonianza in cui denuncia che all’età di 7 anni i suoi genitori hanno smesso di nutrirlo “perché quello era l’unico modo per andare in paradiso e incontrare Gesù”.
Il predicatore, insieme ai coimputati, è accusato anche di omicidio, omicidio colposo e crudeltà su minori da altri tre tribunali del Paese. Le cose si complicano parecchio per Paul Mackenzie Nthenge.
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
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