Elena Gazzano
Città del Capo, 8 luglio 2024
Gli italiani, giovani e vecchi, sono imbalsamati in un vortice di apatia e superficialità. Invece dall’altra parte del mondo, in Sudafrica, un gruppo di liceali appartenenti all’organizzazione Youth for 4Al-Quds القدس (Giovani per Gerusalemme) offre una lezione di vita. Questi ragazzi, con la loro forza e determinazione, hanno organizzato un evento di protesta e sensibilizzazione sul conflitto israelo-palestinese.
Un conflitto che molti di noi, comodamente seduti nei nostri salotti, preferiscono ignorare. Perché? Perché è complicato, scomodo, lontano. Ma loro, i giovani sudafricani, hanno deciso di affrontarlo a viso aperto, di guardare negli occhi l’ingiustizia che si sta consumando in Medio Oriente e dire basta.
Questi liceali sudafricani si muovono secondo un principio fondamentale: la solidarietà non è un’opzione, ma un dovere. Vedono nei palestinesi la stessa sofferenza che i loro nonni e genitori hanno vissuto sotto l’apartheid, e per loro, l’evento che hanno organizzato è una missione di giustizia. Alla manifestazione sportiva di solidarietà hanno partecipato 14 squadre di calcio, 14 squadre di ciclismo e 4 di netball; il ricavato, gestito dall’organizzazione Youth 4Al-Quds, è stato destinato all’acquisto di cibo che partirà poi per Palestina.
La disinformazione, purtroppo, circola indisturbata tra i giovani italiani. Oggi l’informazione è a portata di clic, eppure troppo spesso si resta intrappolati in un torpore di superficialità e ignavia. Le conversazioni si limitano a gossip, mode passeggere e frivolezze, mentre questioni vitali di attualità vengono ignorate. Forse sarebbe bene capire che si deve essere informati, essere coinvolti e attivi, perché ciò che accade nel mondo riguarda tutti.
i giovani sudafricani hanno cercato di capire la storia del conflitto israelo-palestinese. Una storia lunga e complessa, che affonda le sue radici nel movimento sionista e nella resistenza locale. Un conflitto che è molto più di una semplice disputa territoriale: è una lotta per l’identità, la giustizia e la dignità.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’ONU propose la creazione di due Stati, uno ebraico e uno arabo. Ma questo piano non fu ben accettato. La guerra del 1948 portò alla nascita di Israele e alla Nakba, la “catastrofe” per i palestinesi, con centinaia di migliaia di rifugiati costretti a lasciare le loro case. Da allora, Israele ha continuato a espandersi, costruendo insediamenti illegali e negando i diritti fondamentali ai palestinesi.
Successivamente gli accordi di Oslo del 1993 promettevano una soluzione ai due Stati, ma questi non sono mai stati pienamente implementati. E così, la situazione è rimasta tesa, con esplosioni di violenza ciclica. L’ultima crisi è scoppiata il 7 ottobre 2023, quando Hamas ha lanciato un attacco contro Israele, scatenando una risposta militare massiccia. Questa crisi che tutti i giorni peggiora, non è stata l’inizio della guerra ma l’ultima goccia di una catastrofe che dura da anni.
Hamas è considerata un’organizzazione terroristica da molti Paesi occidentali, ma per molti palestinesi rappresenta invece un movimento di resistenza contro l’occupazione israeliana. Questa percezione è stata amplificata dall’inefficienza e dalla corruzione dell’Autorità Palestinese. Nonostante gli sforzi della comunità internazionale per contrastarla con sanzioni e azioni militari, Hamas continua a rappresentare una sfida significativa.
In Israele il concetto di supremazia ebraica è fondamentale, essendo uno Stato fondato per garantire la maggioranza demografica e privilegi agli ebrei. Questa politica ha portato a discriminazioni sistematiche contro i cittadini arabi di Israele e a una negazione dei diritti fondamentali ai palestinesi nei territori occupati. La soluzione dei due Stati sembra sempre più illusoria, dato l’incremento continuo degli insediamenti israeliani nelle zone palestinesi.
L’esperienza del Sudafrica offre una lezione importante: il cambiamento è stato possibile grazie alla resistenza interna e alla pressione internazionale, inclusa l’adozione di sanzioni economiche. Un cambiamento simile in Israele potrebbe richiedere una mobilitazione globale, ma prima di tutto è necessaria una maggiore consapevolezza tra i cittadini.
La questione israelo-palestinese non è solo un problema lontano; è una realtà che ci coinvolge tutti. In un mondo interconnesso, la giustizia per uno equivale alla giustizia per tutti. È arrivato il momento di risvegliarsi dal letargo della disinformazione.
Elena Gazzano
elenagazzano6@gmail.com
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