Sandro Pintus
16 giugno 2024
Parte dei 18 milioni di euro di finanziamenti dell’Unione Europea stanziati per la conservazione della natura in Tanzania sono stati cancellati.
La Commissione europea ha deciso di tagliare i fondi al Paese dell’Africa orientale perché non rispetta i diritti umani come previsto dal progetto “NaturAfrica”. Tutto l’importo stanziato verrà devoluto al solo Kenya, anch’esso parte del progetto.
In un comunicato, Survival International – organizzazione che difende i diritti dei popoli indigeni – accusa il governo tanzaniano di violenze contro la popolazione Masai.
“I Masai sono vittime di violenti sfratti. Vengono espulsi dalle loro terre ancestrali per far spazio al turismo della conservazione e alla caccia ai trofei”, accusa Survival. “L’intero modello di conservazione in atto nell’Africa orientale si basa sul furto brutale delle terre indigene – spiega Caroline Pearce, Direttrice generale di Survival International -. Creano aree protette come parchi nazionali e zone di caccia ai trofei con la complicità di WWF e Frankfurt Zoological Society (FZS”).
Gli sfratti dalle terre ancestrali e la distruzione delle case e delle cose continuano ad esserci nonostante, secondo ripetute sentenze giudiziarie, siano illegali. Violenze non condannate nemmeno da FZS e WWF che vantano una lunga storia di collaborazione con il governo tanzaniano nel campo della “conservazione. Invece, alcuni di questi sfratti, serviranno alla creazione di nuove aree di caccia ai trofei per la famiglia reale di Dubai.
Negli ultimi decenni la popolazione Masai è raddoppiata: oggi o membri di questa popolazione di origine nilotica, sono 200 mila. Di questi, circa 70 mila sono in pericolo di sfratto. Espulsi dal Parco del Serengeti, sono finiti nell’area di Ngorongoro e ora vengono espulsi anche da lì.
Ora i Masai sono preoccupati anche dalle parole pronunciate dalla presidente Samia Suluhu Hassan. Durante uno dei primi discorsi del suo insediamento, nel 2021, ha dichiarato: ”…Avevamo concordato che le persone e la fauna selvatica potessero convivere, ma ora il numero delle persone sta superando quello della fauna selvatica”.
Parole che hanno allarmato il popolo Masai perché, dagli sfratti forzati di cui sono vittime, credono che si stesse riferendo a loro.
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
X (ex Twitter): @sand_pin
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Però per chi conosce un po' l'Africa avendoci vissuto e lavorato, dovrebbe sapere che animali selvatici fuori dai Parchi (che funzionano bene sono pochi per motivi di corruzione, l'esempio del Kafue in Zambia è lampante: il prima e il dopo della gestione African Parks lo testimonia) non ce ne sono (con quache eccezione forse in Botswana e Namibia). Perché il boom demografico ha aumentato la pressione demografica all'inverosimile e il degrado ambientale è ovunque e influenza in primis la vita delle persone. Quella della popolazione è una variabile che non si prende mai in considerazione e invece è la base per capire la pressione antropica di un territorio (vedi Equazione di Gregory Bateson). In Tanzania, ad esempio, nel 1960 c'erano 10 milioni, ora ce ne sono 65,5 e secondo l'ultimo World Population Prospects delle Nazioni Unite, secondo lo scenario "Medium Variant", fra 26 anni la popolazione sarà 129 milioni di abitanti (più che raddoppiata!), ma nel 2100 sarà pari a 244 milioni di persone. Ma esistono altri scenari, ad esempio quello "No Change", prevede per il 2100 577 milioni di persone, quello "Constant-Fertility" invece 654 milioni di persone. Ma la superficie è sempre la stessa di quando nel 1960 vivevano 10 milioni di persone. Oggi quel numero è aumentato di 6 volte, entro 26 anni aumenterà più di 12 volte e c'è il rischio che in 75 anni aumenti di 65 volte. O si implementano strategie di conservazione che limitino l'impatto umano o non ci saranno più animali e ambiente nel giro di qualche anno e sarà una tragedia per tutti. E chiaro che va salvaguardata l'identità culturale dei Masai, ma questo può passare solamente dalla conservazione della natura.