Elena Gazzano
Città del Capo, 29 maggio 2024
Nella fredda e austera aula della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, il mondo ha assistito a una battaglia combattuta non con armi, ma con parole, accuse e rabbia. La Repubblica del Sudafrica, con determinazione feroce, ha portato Israele davanti alla giustizia internazionale. Il palcoscenico? Le accuse di genocidio nella martoriata Striscia di Gaza. Si tratta di un’accusa pesante come una condanna a morte, un’accusa che grida vendetta e reclama giustizia.
Il Sudafrica, rappresentato dall’ambasciatore di Pretoria accredito nei Paesi Bassi, Vusimuzi Madnsel, ha avanzato la richiesta di urgenti misure provvisorie per fermare ciò che viene descritto come una campagna di sterminio orrenda. Secondo le loro testimonianze, l’offensiva militare israeliana non è solo una guerra, ma una serie di atti deliberati volti a cancellare un popolo intero. E’ una scena del crimine.
Il Sudafrica si è presentato con prove documentate e immagini sconvolgenti: sfollamenti di massa, distruzione di ospedali, abitazioni ridotte in macerie. Tutto questo, a suo giudizio, costituisce il macabro mosaico di un genocidio.
Inoltre le dichiarazioni di alti funzionari dello Stato ebraico, riportate in dettaglio, sono state usate per dimostrare l’intento genocida. “Documenti e video di parlamentari e leader militari israeliani mostrano incitamenti alla distruzione del popolo palestinese, con la società civile israeliana che supporta apertamente queste azioni. Israele continua a mostrare disprezzo per la vita palestinese, operando con impunità”.
Parole che evocano fantasmi del passato. L’esempio terribile del Ruanda risuona, richiamando l’attenzione del mondo su questa crisi.
Dall’altra parte, Israele risponde con la forza di chi è assai convinto nella propria causa. In una sala gremita di tensione palpabile, i suoi rappresentanti hanno difeso le azioni del loro Paese come necessarie e giustificate in una lotta senza quartiere contro Hamas, descritta come un’organizzazione terroristica che non risparmia nemmeno i propri civili per raggiungere i suoi scopi. Ogni bomba, ogni raid, dicono, è una risposta disperata per proteggere i loro cittadini. “Non abbiamo scelto questa guerra – affermano – ma la combattiamo per sopravvivere.”
E non mancano di sottolineare i loro sforzi umanitari. Israele descrive un quadro di campi medici allestiti, passaggi terrestri aperti per il transito degli aiuti, e la fornitura costante di beni di prima necessità. “Siamo un popolo in guerra – sostengono – ma non abbiamo mai dimenticato la nostra umanità.” Le loro parole sono calcolate e precise, volte a controbilanciare le accuse di genocidio con un’immagine di soldati con una mano sul grilletto e l’altra che porge aiuti.
Le parole dei giudici arrivano pesanti. Hanno riconosciuto che la situazione nella Striscia di Gaza è peggiorata drasticamente. La distruzione è ovunque. La sofferenza, sottolineano, è ovunque. Ogni edificio crollato, ogni vita spezzata, ogni lacrima versata parla di una crisi che il mondo non può più ignorare.
In una decisione cruciale, la Corte Internazionale di Giustizia ha riaffermato le misure provvisorie precedentemente indicate e ne ha introdotte ulteriori per interrompere la crisi umanitaria. Alcune includono la sospensione dell’offensiva militare israeliana nel Governatorato di Rafah, la garanzia di assistenza umanitaria e la protezione dell’accesso ai corpi investigativi delle Nazioni Unite nella Striscia di Gaza. E’ stato chiesto a Israele di presentare un rapporto sulle misure adottate per conformarsi all’ordine della Corte entro un mese. I giudici hanno sottolineato che queste misure provvisorie hanno effetto giuridico vincolante e hanno evidenziato l’importanza di un’azione immediata per affrontare la crisi umanitaria e prevenire ulteriori violazioni del diritto internazionale.
La verità è una bestia difficile da domare. In questo conflitto, è sepolta sotto strati di propaganda, dolore e morte. Ma non si può smettere di cercarla. Le testimonianze di entrambe le parti dipingono un quadro complesso e doloroso. Il Sudafrica accusa, Israele si difende, e nel mezzo ci sono i civili, intrappolati in un incubo senza fine. Occorre scavare oltre la superficie, ascoltare le storie di chi è intrappolato tra la vita e la morte, e portare alla luce la cruda realtà.
Israele e Sudafrica si affrontano in una guerra di testimonianze e immagini scioccanti. Entrambi sono determinati a far prevalere la propria verità. Ma al centro di questo scontro titanico, che si scorda di dimenticare chi soffre davvero: i civili intrappolati in un inferno quotidiano.
La decisione della Corte Internazionale di Giustizia non porrà fine alla sofferenza, ma rappresenta un passo cruciale verso la responsabilizzazione e la protezione dei diritti umani.
In questo crocevia di dolore e speranza, la Corte Internazionale di Giustizia è chiamata, sotto gli occhi del mondo che guarda, a prendere decisioni che riecheggeranno nei libri di storia.
Elena Gazzano
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