Speciale per Africa ExPress
Alessandra Fava
11 maggio 2024
Il Porto di Genova è sempre stato il regno del più forte. In passato chi faceva lo smargiasso otteneva di più, chi stringeva alleanze sbagliate spesso veniva tradito dai suoi presunti amici e gli spariva la concessione sulle aree demaniali o falliva miseramente. Si sono succeduti tanti imprenditori, molti hanno preso la strada per altri porti italiani minori.
Non che il porto di Genova sia così stretto: tra le banchine prima della Lanterna, quelle del cosidetto porto di Sampierdarena e poi il porto container di Voltri, per non contare le banchine di Fincantieri utilizzate e quelle praticamente inutilizzate della vecchia acciaieria di Cornigliano parliamo di oltre 7 milioni di metri quadri e oltre 22 chilometri di banchine. Ma di fatto ogni metro quadro è stato oggetto di battaglie, liti, sgambetti degli imprenditori e l’Autorità portuale di mezzo, a volte nemica, a volte amica.
AfricaExpress si è occupata a varie riprese del porto di Genova sopratutto in merito al traffico di armi dirette verso le guerre di mezzo pianeta, comprese quelle africane. I commerci sono stati spesso stoppati dalle proteste dei lavoratori portuali e di associazioni genovesi pacifiste e i carichi di carri armati e altro materiale bellico.
Stretta tra la terra e il mare, Genova vive ancora del suo porto e il suo porto fa gola. I presidenti dell’Autorità portuale nel sontuoso palazzo di San Giorgio a ridosso dell’area del Porto antico ristrutturata da Renzo Piano, sono sempre stati piazzati da qualcuno, prima erano legati a qualche partito. Ora il gioco si è fatto più sottile e il past presidente ora indagato Paolo Emilio Signorini sfoderava Banca d’Italia nel suo curriculum e amicizie a destra.
Chi ha cercato di riportare un po’ di logica e di giustizia in passato l’ha pagata cara. Un presidente integerrimo Giovanni Novi, broker marittimo di scuola londinese, aveva deciso di verificare la reddititività delle aree nei tempi in cui un armatore spiaggiava navi piena di rifiuti tossici e radioattivi sulla costa italiana e nel fondo del mare, protetto dai servizi segreti. Va a vedere che magari chi ha più molo lo sfrutta di meno e bisogna rivedere le concessioni di qualcuno. I terminalisti hanno subito levato gli scudi, Novi è finito indagato per un finanziamento alla Compagnia unica dei camalli, è stato prosciolto dopo anni ma intanto aveva dato le dimissioni e si era tolto dai piedi. Problema risolto.
Quello che sta emergendo dalle carte dell’inchiesta che ha portato il presidente della Regione Giovanni Toti ai domiciliari e l’ex presidente dell’Autorità Paolo Emilio Signorini, oggi AD di Iren (la società di servizi elettrici teleriscaldamento e altro, ndr), ai domiciliari, per un totale di 40 misure, però è diverso dal passato. Dalla giungla in cui regna il più forte, siamo passati al pagamento cash di mazzette al movimento politico di Giovanni Toti, presidente in carica della Regione Liguria e alle accuse di voto di scambio con la mafia in cambio di case popolari in occasione delle elezioni 2020. Che sembra una cosa ben diversa.
Qualcuno in Bankitalia deve avere visto eccessivi versamenti diretti a Cambiamo, il movimento politico di Toti, e fatto una bella denuncia che i magistrati non hanno potuto ignorare visto che intanto hanno ascolto per un paio di anni i discorsi del presidente e degli altri nelle intercettazioni.
Intanto qualcuno ha lucrato una concessione trentennale, mica male per un ultra ottantenne. Signorini infatti ha favorito in ogni modo un terminalista, Aldo Spinelli, facendogli anche occupare coi suoi container aree non destinate a lui, o meglio che non gli erano state date in concessione e infatti sono indagati anche alcuni dipendenti dell’Autorità.
Spinelli è un deus ex machina da tempo. Nato poverissimo, nella profonda Valpolcevera, ha iniziato la sua carriera coi camion e il trasporto di terra, è riusciuto a fare affari vendendo la collina degli Erzelli a monte dell’areoporto e intanto è approdato al porto di Genova come terminalista, boicottando in ogni modo l’eventuale utilizzo della ferrovia portuale (per altro minata anche dal fatto che la società del ferro portuale è anche diversa da quella nazionale). Insomma è uno che sa navigare. Paga i suoi dipendenti cash per gli straordinari quando c’è da svuotare una nave ed è abituato a usare i suoi soldi per comprarsi favori e amicizie ed è famoso per le sue giocate nei casinò di mezzo mondo.
Ma anche qui nell’inchiesta c’è dell’altro. Perchè una sessantina di notti nell’hotel più lussuoso di Montecarlo annesso al casinò per il presidente dell’Autorità portuale, sfociati nel voto di una concessione trentennale (30 anni) non sembrano una cosa normale. Naturalmente c’è il trash della vita quotidiana con borsette, gioielli, massaggi, estetica per lei. Fiches al casinò, spiagge private, cocktail e massaggi in camera per lui (sempre Signorini). La summa del lusso pacchiano del Principato, come se lo immagina chi non può permetterselo. Ma Spinelli pagava tutto. Anche le fiches che poi Signorini si rintascava senza giocarle.
Di mezzo però ci sono anche le riparazioni navali che dal Porto antico di Piano vanno verso Levante fino alla vecchia Fiera. Sono centinaia di imprese schiacciate anche qui in poca terra e di mezzo lo Yacht Club, la Lega Navale e un paio di circoli di pesca e cannottaggio che non se ne vogliono andare, anche se qui dovrebbe nascere il Bluprint, su disegno di Renzo Piano alla città. Tra queste la più grande è la Amico&Co che secondo i magistrati genovesi e spezzini avrebbe pagato 30 mila euro al movimento di Toti in cambio di una concessione fino al 2060.
La potente macchina comunicativa della Regione con trasferte di famiglie intere insieme al Presidente anche in Estremo Oriente a spese del contribuente e in parte di un imprenditore, senza il presidente indagato e le sue dichiarazioni non sa che fare. “Domani, il Presidente interim con delega all’agricoltura e al marketing territoriale (nome omesso ndr.) parteciperà etc etc”, si legge oggi. I comunicati si sono fatti decisamente più stringati.
Alessandra Fava
alessandrafava2015@libero.it
(1 – continua)
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