Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
8 Maggio 2024
Nell’Italia del XIII secolo è ambientata la guerra fra modenesi e bolognesi per una secchia rapita. Nel nord Africa odierno succede che una squadra marocchina e una algerina arrivino ai ferri corti per una maglietta calcistica.
In realtà, senza toccare le vette tragicomiche narrate dal poeta Tassoni nel poema di liceale memoria, il conflitto pallonaro magrebino nasconde una tensione diplomatica abbastanza seria. Partiamo dalla fine di aprile, stadio municipale di Berkane, città di 110 mila abitanti del Marocco nordorientale, celebre anche per i suoi agrumeti.
I giocatori della società calcistica della massima serie, “RS (Renaissance sportive) Berkane”, esultano. Hanno vinto senza aver tirato un solo calcio al pallone e vanno dritti a disputare la finale, il 12 maggio prossimo, della Coppa della Confederazione africana, una competizione annuale per squadre di club organizzata dalla CAF (Confederazione africana di football).
Questo perché i loro avversari, gli algerini dell’USM Alger, (Unione Sportiva della Medina di Algeri), detentori della Coppa, si sono rifiutati di giocare la semifinale. E quindi la CAF, che ha sede al Cairo, ha assegnato alla “Rs Berkane” la vittoria a tavolino per 3-0.
A che cosa è legato questo gran rifiuto algerino? Al fatto che sulla casacca degli atleti marocchini compariva anche il Sahara occidentale.
È noto che da decenni questa estesa ex colonia spagnola è al centro di una controversia tra il Regno del Marocco e il Fronte Polisario.
Essa è controllata per quasi l’80 per cento dal Marocco, ma rivendicata dagli indipendentisti del Polisario, appoggiati dall’Algeria. E non solo: anche l’Iran, la Corea del Nord, la Siria e altri Paesi sostengono la richiesta di autonomia, mentre Stati Uniti, Israele, Spagna, Francia, Arabia Saudita, Emirati Arabi e molte altre nazioni riconoscono la sovranità marocchina. Nel 2021 l’Algeria è arrivata a rompere le relazioni diplomatiche col suo grande rivale regionale.
Il conflitto, ora, dal terreno diplomatico si è trasferito sul campo da gioco. Il 21 aprile, domenica, ad Algeri si era svolta la prima parte di questa commedia poco comica e abbastanza seria, in occasione della partita di andata: i giocatori di casa non avevano voluto accettare il confronto pedatorio con marocchini. Sono stati, quindi, puniti con il 3-0. Il 28 aprile nell’incontro di ritorno a Berkane, stessa scena. E il 3 maggio identico verdetto della Caf (sempre 3-0).
Alla vigilia della (non) disfida del 21 aprile, per la verità, c’era stato un prologo controverso. Due giorni prima, infatti, nell’aeroporto Houari Boumediene, i doganieri algerini avevano sequestrato le magliette arancione dei calciatori del “Berkane”, appena sbarcati dal volo che li aveva portati da Oujda.
Solita motivazione: il Paese del re Mohammed VI era effigiato nella sua completezza, ovvero con il Sahara. I marocchini avevano protestato per quello che consideravano un abuso. Il presidente della Federazione di calcio algerina, Wafi Sadi, ha cercato una mediazione dichiarandosi disposto a fornire “nuovi indumenti e di alta qualità”, purchè privi della carta geografica del loro Paese! Niente da fare: i berkanesi si erano rifiutati di modificare la loro divisa. Quando si dice attaccamento alla maglia…E i loro rivali rossoneri hanno proseguito nella loro protesta proprio contro quell’attaccamento. Una questione di bandiera.
La CAF, oltretutto, aveva ribadito che il “RS Berkane” indossava quella maglietta fin dall’inizio del torneo.
Conclusione: il “Berkane” in finale, il 12 maggio, affronterà il club egiziano “Zamalek” nella partita d’andata. Proprio quegli avversari da cui sono stati battuti nel 2019 (ma si sono rifatti conquistando il trofeo nel 2020 e 2022). Il match di ritorno è previsto al Cairo, il 19 maggio, una settimana dopo.
Salvo imprevisti: L’USM Alger ha fatto ricorso in appello davanti al Tribunale amministrativo dello sport. Il primo ricorso è stato rigettato e ora pare addirittura che rischi ulteriori sanzioni.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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