Niamey, 4 maggio 2024
Il 16 marzo il governo golpista di Niamey ha chiesto agli Stati Uniti di ritirare le proprie truppe dal Paese africano. Così Washington ha cominciato a sgombrare.
Alcuni militari americani si trovano nella Air Base 101, situata nelle immediate vicinanze dell’aeroporto Diori Hamani di Niamey, dove ieri si sono installati in un hub diverso anche soldati russi, arrivati a metà aprile in Niger. Fino alla loro cacciata, nel campo erano presenti anche le truppe francesi.
A poca distanza, all’interno dell’aerodromo, c’è anche il campo dei soldati italiani, presenti nel Paese nell’ambito della Missione bilaterale di supporto alla Repubblica del Niger (MISIN). Fino alla realizzazione di proprie infrastrutture, inaugurate nel maggio 2023 all’interno dell’aeroporto di Niamey, i nostri militari sono stati ospitati nella Air Base 101.
Anche se separate ci sono truppe italiane, statunitensi e russe. Tutti sotto lo stesso cielo rovente del Sahel.
Il segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, ha minimizzato qualsiasi rischio per le truppe americane o la possibilità che i russi si avvicinino alle attrezzature militari americane.
Il 17 aprile scorso, il vice segretario di Stato americano, Kurt Campbell, e il primo ministro nigerino Ali Mahaman Lamine Zeine si sono incontrati nella capitale americana e, secondo quanto riportato, Washington si è impegnato a iniziare a pianificare un ritiro “ordinato e responsabile” delle proprie truppe dal Paese. Ma, con la mossa dei golpisti di invitare i russi alla Air Base 101, dove si trovano anche i militari USA, sembra che le autorità nigerine vogliano mettere fretta agli americani di lasciare il Paese.
Attualmente il contingente USA presente in Niger conta un migliaio di uomini, alcuni si trovano nella Air Base 101, situata vicino all’aeroporto della capitale, ma la maggior parte delle truppe è dislocata ancora vicino a Agadez, nella Air Base 201, la cui costruzione è costata più di 100 milioni di dollari. La base, che dista quasi 1000 chilometri dalla capitale, è stata progettata per l’utilizzo di voli di sorveglianza con e senza equipaggio e altre operazioni. Ma dal golpe militare dello scorso anno, è praticamente inattiva, la maggior parte dei droni, che un tempo monitoravano le attività jihadiste nei Paesi africani instabili, sono stati messi negli hangar.
Il portavoce del Pentagono, Pat Ryder il 24 aprile ha fatto sapere che sono iniziati i colloqui con le autorità nigerine per il ritiro delle truppe USA. Secondo diversi analisti potrebbero passare diversi mesi prima di consegnare la Air Base 201 alle autorità locali, ci vorrà del tempo per evacuare in sicurezza uomini e attrezzature.
Come i putschisti dei vicini Mali e Burkina Faso, anche il Niger ha cacciato le truppe francesi dopo il golpe.
I tre Paesi si sono ora rivolti alla Russia per ottenerne sostegno: all’inizio del mese Mosca ha confermato l’invio di istruttori, di un sistema di difesa aerea e di altri equipaggiamenti bellici al Niger, nell’ambito di una cooperazione in svariati campi, compresa quella militare. E pochi giorni dopo aver notificato a Washington di smobilitare la base, sono arrivati i soldati russi con il loro equipaggiamento.
La giunta militare di transizione nigerina vede la collaborazione con Mosca come l’inizio di una nuova era e sembra che molti giovani approvino le scelte dei golpisti, anche se la loro vita è diventata più difficile e precaria a causa dei tagli degli aiuti internazionali dopo il golpe dello scorso anno. “I russi stanno consegnando armi ai nostri fratelli in Mali e Burkina Faso, ed è questo che vogliamo: un partner affidabile che ci rispetti!”, sono i commenti di alcuni partecipanti alle manifestazioni anti-francesi dello scorso anno.
In un’intervista rilasciata a al Jazeera, Ibrahim Yahaya, vicedirettore del Progetto Sahel dell’International Crisis Group (una ONG fondata nel 1995, che si occupa di prevenire i conflitti e di definire politiche per costruire un mondo più pacifico), sostiene che le potenze occidentali in un certo senso sono riuscite a intromettersi negli affari locali. “Ma questa giunta vuole mettere fine a tutto questo e vuole affermare la propria sovranità”, ha sottolineato Yahaya.
Fino a meno di un anno fa il Paese era governato da Mohamed Bazoum, un ex insegnante, eletto nel 2021, l’ultimo amico dell’Occidente nel Sahel. Bazoum, è ancora nelle mani dei putschisti in quanto si è sempre rifiutato di presentare le sue dimissioni. L’ex presidente aveva lasciato basi a Francia, Stati Uniti e, in misura minore, a Italia e Germania. La presenza di militari stranieri, volte a frenare il terrorismo dei gruppi jihadisti nella regione del Sahel e per rafforzare l’addestramento delle forze armate nigerine.
Nonostante i suoi sforzi di introdurre riforme, come la promozione dell’istruzione delle ragazze, il regime di Bazoum è stato spesso criticato per corruzione e repressione. Infatti aveva vietato le proteste nel 2022, iniziate per l’aumento del carburante, poi sfociate in un sentimento anti-francese.
Dopo aver mandato via i militari francesi alla fine di dicembre, la giunta al potere ha dichiarato di voler rinegoziare gli accordi militari con i governi le cui forze sono ancora presenti nel Paese.
A dicembre dello scorso anno il ministro della Difesa di Berlino, Boris Pistorius, si è recato a Niamey. Finora non è chiaro se i militari tedeschi (meno di cento), con il compito di addestrare le forze speciali, resteranno in Niger. Durante la visita di Pistorius si è parlato anche dell’eventualità di mantenere la base aerea tedesca a Niamey, inaugurata nel 2018 da Ursula van der Leyen, allora ministro della Difesa di Berlino.
La nostra Missione è presente in Niger con circa 300 militari. All’inizio di marzo Francesco Paolo Figliuolo, Comandante Operativo di Vertice Interforze (COVI) e l’Ambasciatore Riccardo Guariglia sono stati ricevuti dai vertici delle autorità militari di transizione a Niamey. Mentre alla fine dello stesso mese Giovanni Caravelli ,direttore dell’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE), ha incontrato il presidente del regime di transizione, Abdourahmane Tchiani, che ha elogiato l’operato dei nostri soldati nel Paese.
Recentemente il governo italiano ha deliberato il nuovo finanziamento per la missione MISIN (Niger). L’11 aprile il comandante del Comando operativo di vertice interforze (COVI), Francesco Paolo Figliuolo, in audizione davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato ha spiegato che “prosegue l’impegno della Difesa nel Sahel, dove lo sforzo operativo è focalizzato principalmente sul Niger. L’Italia ha una posizione di interlocutore privilegiato nel Paese, che continua ad essere il crocevia di tutti i flussi migratori sia dal Sahel sia dal Corno d’Africa”.
Secondo Figliuolo è di importanza primaria consolidare la presenza italiana con la missione MISIN e ha precisato: “Complessivamente nel Sahel prevediamo di impiegare un contingente massimo di quasi 800 unità, un’unità navale e fino a 6 assetti tra aerei e elicotteri”.
Africa ExPress
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