Cornelia I. Toelgyes
20 aprile 2024
Nella travagliata Repubblica Centrafricana si continua a morire, spesso per il solo fatto di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. La Missione delle Nazioni Unite in Centrafrica (Minusca) ha denunciato mercoledì scorso che nel giro di soli 12 giorni sono state brutalmente ammazzati 30 civili.
La guerra civile è iniziata nel 2013, ma la sua intensità è notevolmente diminuita dopo il 2018, e si è trasformata gradualmente in scontri sparsi e sporadici. Da un lato sono sempre attivi movimenti armati ribelli e dall’altro, l’esercito, insieme ai russi del Gruppo Wagner e alcune milizie di autodifesa che fungono da ausiliari.
MINUSCA, istituita nel 2014 e attualmente presente nel Paese con 14mila uomini, in un comunicato ha condannato fermamente le uccisioni dei civili morti in diversi attacchi, avvenuti tra il 2 e il 14 aprile 2024, in diverse zone del Paese.
All’inizio del mese il quotidiano online centrafricano CNC (Corbeau News Centrafique) aveva denunciato l’assalto e il saccheggio ad un centro di Medici Senza Frontiere (MSF) a Bowaye (nord-ovest della ex colonia francese). Un gruppo di mercenari si trovava in quella zona per catturare un ex deputato di Nana Bakassa, Floran Kema, oggi leader di un nuovo gruppo armato, Front de défense de la liberté (Fronte di Difesa della Libertà). Durante gli scontri tra il gruppo ribelle e i mercenari, un russo è morto, mentre un altro è rimasto gravemente ferito, ma, secondo CNC, sarebbe riuscito a scappare per cercare rinforzi. A tutta risposta, accecati dalla rabbia per la sconfitta subita, sono arrivati altri contractor, in sella a cinque moto e hanno incendiato e vandalizzato parecchie case di Bowaye. La popolazione, disperata, è scappata, nascondendosi nella boscaglia.
MSF ha denunciato il saccheggio del centro solo in questi giorni, sottolineando di non conoscere gli autori del vile gesto e chiedendo a tutte le parti in causa di proteggere i centri sanitari, in quanto non dovrebbero mai essere obiettivo di assalti.
La cooperazione tra Mosca e Bangui inizia alla fine del 2017, con la visita di Faustin Archange Touadéra in Russia, dove aveva incontrato il ministro degli esteri di Putin, Sergueï Lavrov. Da allora i due governi hanno iniziato una stretta collaborazione: Mosca gode di licenze per lo sfruttamento minerario, in cambio mette a disposizione equipaggiamento industriale, materiale per l’agricoltura, mercenari e altro.
Intanto i russi si sono opposti contro l’arrivo dei loro colleghi americani della la società statunitense, Bancroft Global Development, presente anche in Somalia. Le autorità centrafricane avevano preso contatti con la società alla fine dello scorso anno. I paramilitari di Washington dovrebbero addestrare le truppe centrafricane. Al momento tutto tace. Non è chiaro se e quando dovrebbero prendere servizio a Bangui gli uomini di Bancroft.
Sta di fatto che l’eventuale arrivo degli americani ha scatenato la rabbia dei russi, che hanno organizzato manifestazioni e marce sia nella capitale sia a Ndélé, nel Bamingui-Bangoran (parte centrosettentrionale del Paese) contro la società Bancroft.
Recentemente le autorità centrafricane hanno sottoscritto anche accordi con la Serbia. Alla fine di marzo il presidente, Faustin-Archange Touadéra, si è recato in Serbia per una visita di Stato, dove ha incontrato il suo omologo, Aleksandar Vucic, per rafforzare i rapporti bilaterali. In tale occasione sono stati siglati accordi in vari settori (Difesa, estrazione mineraria e quant’altro).
Mentre mercoledì scorso Touadéra è stato ricevuto da Emmanuel Macron a Parigi. Si tratta della seconda visita in sei mesi. Le relazioni dei due governi si erano ridotte ai minimi termini dopo l’avvicinamento di Bangui a Mosca. Ora i due capi di Stato stanno cercando di ricucire i rapporti.
A seguito dell’ incontro del 13 settembre 2023, la Francia e la Repubblica Centrafricana hanno adottato una “tabella di marcia” per stabilire un “partenariato costruttivo” tra i due Paesi.
Comunque in Centrafrica continua la disperazione della gente. Ieri un gravissimo incidente sul fiume M’poko, a sud-est della capitale, ha provocato la morte di oltre 60 persone. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, un natante si è letteralmente spaccato in due poche dopo aver levato l’ancora. La barca, lunga 20 metri e larga 3, trasportava oltre 300 persone, tra queste molte donne e bambini. Un carico eccesivo sarebbe all’origine del naufragio, che si è consumato in una zona dove le acque del fiume sono molto profonde. Oltre ai morti già accertati, molti altri risultano ancora dispersi, decine e decine i feriti. In assenza di mezzi di salvataggio moderni, i naufraghi sono stati soccorsi da semplice piroghe.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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