Vale la pena leggere alcuni passaggi della loro denuncia: “Il New York Times ha incaricato i giornalisti che coprono la guerra di Israele sulla Striscia di Gaza di limitare l’uso dei termini genocidio e pulizia etnica e di evitare di usare la frase territorio occupato quando si descrive la terra palestinese. […] Il memorandum istruisce anche i giornalisti a non usare la parola Palestina tranne in casi molto rari e a evitare la formula campi profughi per descrivere le aree di Gaza storicamente abitate da palestinesi sfollati espulsi da altre parti della Palestina durante le precedenti guerre israelo-arabe. […]
“Mentre il documento è presentato come uno schema per mantenere principi giornalistici obiettivi nel riferire sulla guerra di Gaza, diversi membri dello staff del Times hanno detto a The Intercept che alcuni dei suoi contenuti mostrano prove della deferenza del giornale per le narrazioni israeliane. […] Distribuita per la prima volta ai giornalisti del Times a novembre, la guida – che ha raccolto e ampliato le direttive del passato sul conflitto israelo-palestinese – è stata regolarmente aggiornata nei mesi successivi […]”.
“Fornire indicazioni come questa per garantire accuratezza, coerenza e sfumature nel modo in cui copriamo le notizie è una pratica standard”, ha detto Charlie Stadtlander, un portavoce del Times. “Vogliamo garantire che le nostre scelte linguistiche siano sensibili, attuali e chiare per il nostro pubblico”.
A gennaio, The Intercept ha pubblicato un’analisi della copertura del New York Times, del Washington Post e del Los Angeles Times della guerra dal 7 ottobre al 24 novembre, prima che fosse pubblicata la nuova guida. “L’analisi ha mostrato che i giornali riservavano termini come massacro e orribile quasi esclusivamente per i civili israeliani uccisi dai palestinesi, non per i civili palestinesi uccisi negli attacchi israeliani. La parola macello – ricorda Intercept – era stato usato 22 volte per raccontare quello che era stato compiuto da Hamas, ma solo una volta per descrivere i 15 mila palestinesi uccisi fino ad allora negli attacchi israeliani”.
“Nei casi di descrizione del territorio occupato e dello status dei rifugiati a Gaza – insiste Intercept, – le linee guida del Times sono in contrasto con le norme stabilite dalle Nazioni Unite e dal diritto internazionale umanitario. Sul termine Palestina – un nome ampiamente usato sia per il territorio che per lo Stato riconosciuto dalle Nazioni Unite – la nota del Times contiene istruzioni: “Non usare in date, testo o titoli, tranne in casi molto rari come quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha elevato la Palestina a uno Stato osservatore non membro o riferimenti alla Palestina storica”.
Linee guide chiaramente in linea con la politica e, direi, l’ideologia di Benjamin Netanyahu e della maggioranza dei ministri che fanno parte della coalizione di governo.
Eric Salerno
eric2sal@yahoo.com
X: @africexp