Cornelia I. Toelgyes
12 aprile 2024
Vladimir Putin ha mantenuto le sue promesse. Verso fine marzo, durante un lungo colloquio telefonico con il suo omologo nigerino, Abdourahamane Tchiani, a capo della giunta militare di transizione e di fatto presidente del Niger, i due si erano accordati in dettaglio sulla cooperazione in svariati campi, compresa quella miliare.
Detto e fatto, due giorni fa sono atterrati all’aeroporto di Niamey con un enorme Ilyushin bianco e rosso, bandiera russa, un centinaio di militari. Non è chiaro se si tratta di soldati della Difesa di Mosca o di mercenari dell’Africa corps (corpo militare che ha sostituito Wagner).
Ovviamente l’arrivo dei primi uomini di Putin è stato ben documentato, filmato, fotografato dai media russi e un reporter ha commentato il “grande evento” con queste parole: “Questo significa che la Russia torna in Africa”. Omettendo però che gli uomini di Mosca sono presenti da tempo in diversi Paesi del continente: dalla Libia al Sudan, in Mali, Bukina Faso, in Centrafrica e via dicendo, in cambio del controllo di miniere e altro.
Se le agenzie moscovite hanno praticamente ripreso in diretta atterraggio dell’Ilyushin Il-76, Niamey non ha avuto tanta fretta. L’emittente di Stato nigerino ha comunicato l’arrivo dei russi solamente 24 ore dopo. In tale occasione sono stati ripresi dalla TV nazionale due uomini in uniforme provenienti dalla Russia, il viso protetto da un fazzoletto per non poter essere identificati. Uno di loro ha dichiarato di trovarsi nel Paese per sviluppare la cooperazione militare tra il Niger e la Russia e “per addestrare l’esercito e aiutarlo a utilizzare l’equipaggiamento militare appena arrivato”.
Non è stato rivelato alcun dettaglio per quanto riguarda le attrezzature, a parte la fornitura e l’installazione di un sistema antiaereo di ultima generazione.
Nessuna sorpresa per l’arrivo a Niamey degli uomini inviati da Putin: i governi putschisti di Mali e Burkina Faso, con i quali il Niger ha formato l’Alleanza degli Stati del Sahel (AES), hanno rafforzato da tempo la cooperazione con la Federazione russa e i tre Stati sono da tempo zona privilegiata per la penetrazione di Mosca in Africa.
I tre Paesi del Sahel subiscono da anni continui attacchi da parte dei jihadisti e i tre golpisti avevano promesso che sotto il loro regime la situazione sarebbe migliorata. Finora le incursioni dei terroristi non sono cessate e sono soprattutto i civili a pagarne il prezzo più alto. A causa della crescente insicurezza sono chiuse oltre 2.000 scuole e, secondo l’UNICEF, milioni di piccoli soffrono anche di malnutrizione grave. In alcune zone è estremamente difficile far arrivare convogli con aiuti umanitari. A gennaio OCHA (Ufficio della Nazioni Unite per gli Affari Umanitari) ha fatto sapere che nel Sahel centrale una persona su cinque (circa 17 milioni) necessita di assistenza umanitaria.
Qualche mese fa i tre Paesi dell’AES hanno abbandonato ECOWAS (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale). Il Niger, prima di accogliere i russi, ha rotto anche con i suoi partner occidentali. Dapprima con la Francia, che ha dovuto riportare a casa i suoi soldati e anche l’ambasciatore di Parigi è stato dichiarato persona non grata.
Poi è stata la volta degli Stati Uniti. Il 16 marzo la giunta di Niamey ha annunciato che la presenza degli americani è illegale , mettendo fine “con effetto immediato” all’accordo di cooperazione militare firmato con Washington nel 2012. Ora gli USA devono chiudere la base di Agadez, dove stazionano droni e 1.100 militari, principalmente per missioni di intelligence e sorveglianza.
A novembre, Niamey ha posto fine anche alla sua principale cooperazione con l’Unione Europea (UE), abrogando la legge del 2015 sul traffico di migranti. Allora l’UE aveva adottato provvedimenti per assistere e sostenere le autorità nigerine, sia quelle del governo centrale che quelle locali, per sviluppare politiche, tecniche e procedure per gestire e combattere il traffico dell’immigrazione irregolare.
Al momento nel Paese si trovano ancora un centinaio di soldati tedeschi, con il compito di addestrare le forze speciali. Anche circa 300 militari italiani sono ancora nell’ex colonia francese, nell’ambito della Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (MISIN).
Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Vuoi contattare Africa ExPress? Manda un messaggio WhatsApp con il tuo nome e la tua regione (o Paese) di residenza al numero +39 345 211 73 43 e ti richiameremo. Specifica se vuoi essere iscritto alla Mailing List di Africa Express per ricevere gratuitamente via whatsapp le news del nostro quotidiano online.
Dalla Nostra Corrispondente di Moda Luisa Espanet Novembre 2024 In genere succede il contrario, sono…
Dal Nostro Corrispondente di Cose Militari Antonio Mazzeo 20 novembre 2024 Nuovo affare miliardario della…
Speciale per Africa ExPress Costantino Muscau 19 novembre 2024 "Un diplomatico francese sta rubando i…
Speciale Per Africa ExPress Eugenia Montse* 18 novembre 2024 Cosa sapeva degli attacchi del 7…
Speciale per Africa ExPress Cornelia I. Toelgyes 18 novembre 2024 Un tribunale di Pretoria ha…
Speciale per Africa ExPress Sandro Pintus 17 novembre 2024 Continua in Mozambico il braccio di…
View Comments
Xchè,cosa hanno fatto gli occidentale li?!!!tranne derubare e finanziare i gihadisti,e affamare il popolo africano,e adesso mostrate i vostri preoccupazioni x i russi?!!! ipocrisia e crimine contro i popoli poveri che dovevano essere ricchi ma grazie alla democrazia vostra e la vostra pace con gli bombardamenti contro gli innocenti,bastardi assassini
La retorica aticolonialista non funziona più. Gli africani si devono svegliare e prendersi le loro responsabilità !
Se le cose non funzionano è colpa di chi governa.... basta cercare colpe esterne.
Adesso ci sono i militari, bene. Avete deciso di far entrare quei macellai della wagner (avete visto cosa hanno fatto in Siria i Russi o fate finta?).
I russi sono lì è per sfruttare le risorse come e più di chi c'era prima... non cambierà nulla in questo senso.
Ci vogliono forze democratiche che non cadano preda della facile corruzione.