Federica Iezzi
20 Marzo 2024
Il messaggio del Sudafrica è stato inequivocabile: coloro che hanno la doppia cittadinanza sudafricana-israeliana e che attualmente combattono nelle Forze di Difesa Israeliane, contro la Palestina, saranno perseguiti e arrestati e avranno l’immediata revoca della cittadinanza sudafricana.
A scandirlo a chiare lettere è stata Naledi Pandor, ministro delle relazioni internazionali e della cooperazione in Sudafrica, dal 2019, e membro del Parlamento per l’African National Congress, dal 1994, in uno dei meeting del partito politico a Pretoria. [https://www.youtube.com/watch?v=87fyilgnwng]
Continua ad approfondirsi dunque la spaccatura tra le due nazioni, iniziata con il procedimento avviato dal Sudafrica contro lo Stato di Israele, presso la Corte Internazionale di Giustizia, per atti di genocidio contro i palestinesi della Striscia di Gaza, e proseguita con la completa sospensione dei rapporti diplomatici bilaterali.
Già lo scorso dicembre, il ministero degli Esteri sudafricano aveva avvertito i suoi cittadini, residenti permanenti in Israele, che se, senza permesso di Pretoria, si fossero uniti all’esercito israeliano per combattere sulla Striscia di Gaza o nei Territori Palestinesi Occupati, avrebbero potuto essere perseguiti. Lo stretto monitoraggio di questi cittadini, da parte delle autorità sudafricane, si motiva nel fatto che l’arruolamento nelle Forze di Difesa Israeliane può potenzialmente contribuire alla violazione del Diritto Internazionale Umanitario e alla commissione di ulteriori crimini di guerra, rendendoli quindi esplicitamente perseguibili in Sudafrica.
La legge sulla cittadinanza sudafricana (Act 88/1995) prevede che chiunque la abbia ottenuta per naturalizzazione, se dovesse esercitare la propria attività sotto la bandiera di un altro Paese in una guerra che il Sudafrica non sostiene, gli verrà revocata la nazionalità.
E’ evidente che la storia tra Sudafrica e Palestina non inizia lo scorso 7 ottobre. Per anni il governo sudafricano ha paragonato le politiche di Israele, contro i palestinesi a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, al trattamento riservato ai non-bianchi in Sudafrica, durante l’era dell’apartheid, quando erano in vigore segregazione razziale forzata e oppressione.
Ma a quando risale il legame di Pretoria con il popolo palestinese? Il Sudafrica aveva espresso solidarietà alla Palestina già negli anni ’50 e ’60, così come avevano scelto molte nazioni africane, colonie europee fino all’inizio degli anni ’60. L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina ha collaborato con numerosi movimenti rivoluzionari africani, nel sostegno reciproco alla lotta anticoloniale.
La narrativa palestinese, con repressione, crudeltà, brutalità della polizia israeliana, restrizioni ai movimenti, arresti, detenzioni arbitrarie, coloni illegali, evoca esperienze della storia di discriminazione e oppressione del Sudafrica.
Il regime di apartheid in Sudafrica, guidato dal Partito Nazionale, aveva uno stretto rapporto con Tel Aviv. Negli anni ’70, il governo israeliano, guidato dal primo ministro Yitzhak Rabin, strinse forti legami con il regime nazionalista di estrema destra sudafricano. L’allora ministro della difesa israeliano, Shimon Peres, ha avuto un ruolo determinante nella creazione di un’alleanza che ha contribuito a mantenere a galla l’apartheid.
Vale fortemente la pena ricordare che alla lotta del Sudafrica contro l’apartheid, hanno attivamente partecipato migliaia di ebrei, sopravvissuti all’olocausto o discendenti delle vittime dell’olocausto.
La voce di Cyril Ramaphosa, presidente sudafricano, sigilla in Parlamento il sostegno alla lotta del popolo palestinese “Non è semplicemente un prodotto della storia. È un rifiuto di accettare che a un popolo venga continuamente negato il diritto all’autodeterminazione, in violazione del diritto internazionale”.
E il popolo sudafricano risponde attivamente con decine di movimenti internazionali per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni, che mirano ad aumentare la pressione economica e politica su Israele, con l’obiettivo di porre fine all’occupazione della Palestina.
Federica Iezzi
federicaiezzi@hotmail.it
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Sicuramente Lei come cardiochirurgo è meglio che come giornalista. Il Sudafrica attuale dopo 40 anni dì governo ANC e del partito comunista Sudafricano è accusato di xenofobia, stragi come quella di Johannesburg del 2019, e violenze con stupri ai danni degli immigrati africani, quindi sarebbe meglio che gli attuali sudafricani avessero il senso della vergogna e sì guardassero in casa, e che Lei dopo aver riportato correttamente quanto riguarda Israele avrebbe dovuto a mio avviso parlare del vergognoso comportamento degli eredi di Mandela
non capisco cosa c'entra questo con la decisione del Sudafrica dei loro connazionali che combattono in Israele. Per altro sulla xenofobia in Israele abbiamo fatto diversi articoli. Perché non li va a leggere?