Alessandra Fava
13 febbraio 2024
La guerra sottrae il premier Benjamin Netanyahu ai suoi processi. Gli israeliani li chiamano per numero. Il caso 1.000 aperto nel dicembre del 2016 riguarda i regali fatti da due megamiliardari al premier e alla moglie. Il caso 2.000 riguarda invece delle telefonate col direttore di Yedioth Ahronoth su come indebolire il partito Israel Hayom.
Il caso 4.000 è relativo alle norme favorevoli alla compagnia di telecomunicazioni Bezeq e conseguenti mazzette ricevute da Netanyahu mentre era ministro delle telecomunicazioni (2014-2017).
Morale il premier è accusato di frode in tutti i fascicoli e per il 1.000 e 2.000 anche di aver violato la fiducia in lui riposta e nel caso 4.000 di aver preso delle tangenti.
Relativamente al 4.000 il Tribunale ha appena intimato la chiusura di due testate coinvolte nell’affaire, il sito di notizie Walla e il giornale Yedioth Aharonoth, più una multa di 800 mila shekel (217 mila dollari) nei confronti della società Bezeq.
Tra familiari dei 134 ostaggi e contestatori vari, i presidi sotto le case del premier continuano incessanti. I giornali israeliani da settimane riportano le proteste di piazza che chiedono dimissioni subito del premier, un rimpasto per eliminare i ministri più oltranzisti e un passo indietro come fece Golda Meier dopo la guerra dello Yom Kippur. Nei sondaggi però la linea sembra più cauta, le elezioni subito sarebbero caldeggiate dal 63 per cento degli israeliani, mentre il resto si oppone (su un campione di 500 israeliani intervistati). Sta di fatto che i processi del premier per ora sono accantonati. Finché c’è guerra c’è speranza, ma solo per Netanyahu.
Intanto i media lanciano frecce al premier ma sembrano tutte spuntate. A gennaio Haaretz ha scritto che Bibi tre anni fa aveva promesso un ventennio di pace e non ci sono mai stati tanti israeliani morti; che aveva promesso di fermare i terroristi e ha lasciato che Hamas si armasse fino ai denti; che dal 7 ottobre in poi ha corroso tutti i rapporti instaurati con gli stati arabi ma anche quelli con gli Usa e con l’Europa e che ora promette di salvare gli ostaggi e sconfiggere Hamas, due obiettivi in contemporanea che non sembrano per niente raggiungibili. Quindi la guerra con Hamas continua e non a Rafah che lui minaccia di attaccare, ma a Khan Younis dove gli scontri vanno avanti da settimane (sono morti in questi giorni altri tre soldati).
Quindi la guerra tiee campo e ogni tanto qualche vignetta e qualche fondo rispolvera la memoria delle accuse a Bibi. Tornano particolari come i 200 mila dollari accettati in champagne e sigari per vent’anni e i gioielli per oltre 3 mila dollari ricevuti da Sara, personaggio non molto amato nel suo paese per l’atteggiamento da stella di Hollywood e vari eccessi. Nel dubbio a uno dei due miliardari del caso 1.000 il premier aveva anche garantito l’esenzione dalle tasse visto che tornava ad essere residente in Israele. Intanto Sara, la moglie di Bibi, si è fatta vedere e riprendere qualche giorno fa all’ultima udienza del processo 1.000 nel tribunale di Gerusalemme dove deponeva un ex generale.
Adesso Bibi ha lanciato la sua nuova sfida: radere al suolo Rafah. Così tutti tengono il fiato sospeso per un po’. La guerra continua e il governo anche.
Alessandra Fava
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