Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
13 febbraio 2024
La Costa d’Avorio impazza di gioia, il Kenya è impietrito dal dolore.
Sarà indimenticabile per lo sport africano, la notte della domenica 12 febbraio. Ad Abidjan più che la nazionale di calcio è scesa in campo un’intera nazione per conquistare la terza Coppa d’Africa.
A Nairobi tutto il Paese si è stretto intorno alle bare di uno dei suoi più grandi campioni dell’Atletica e del suo allenatore. Se la vita è fatta di coincidenze, come ha scritto Josè Saramago, alcune sono crudeli, beffarde.
Nelle stesse ore in cui gli Elefanti ivoriani si apprestavano ad alzare al cielo, nello stadio Olympique Alassane Ouattara di Abidjan, la Coppa dorata, da un burrone nel cuore del Kenya salivano al cielo le anime di Kelvin Kiptum, 24 anni, recordman mondiale della maratona, e del suo allenatore ruandese, Garvais Hakizimana, 36 anni, ex atleta.
Mentre i calciatori e il popolo ivoriano si lanciavano in festeggiamenti sfrenati per la vittoria (2-1) sulla Nigeria, nel cuore del Kenya si consumava una tragedia che lasciava basito il mondo dell’atletica e non solo.
Una vittoria e una sciagura che hanno dell’incredibile. Anche se la fine del maratoneta si tinge di giallo: suo papà ha chiesto al governo di indagare sullo schianto fatale.
La Costa d’Avorio aveva rischiato l‘eliminazione dalla 37 Coppa delle Nazioni d’Africa nella fase a gironi, dopo l’umiliante sconfitta per 4-0 contro la Guinea Equatoriale. Era stato mandato via l’allenatore francese Jean-Louis Gasset, 70 anni, sostituito subito dal vice Emerse Fae, 40 anni, che ha rivitalizzato l’équipe portandola al trionfo.
La nazionale, infatti, recuperata come migliore terza, da quel momento ha infilato quattro vittorie prodigiose. Agli ottavi di finale ha battuto il Senegal ai rigori, passando il turno e rimontando sul Mali; poi in semifinale ha piegato la Repubblica Democratica del Congo per arrivare allo scontro conclusivo di domenica sera contro la Nigeria.
Un trionfo, tanto più dolce per una nazione che ha ballato fino all’alba di lunedì, dopo essere stata dilaniata da una guerra civile di cinque anni fino al 2007.
Non solo: la squadra è stata trascinata dal centravanti Sebastian Haller, 29 anni, che ha deciso il match segnando il gol della vittoria a 10 minuti dal termine. “Se stiamo vivendo una bella favola e siamo sopravvissuti a un miracolo, come ha dichiarato il trainer Fae – l’ incarnazione di questo miracolo è Haller”.
Nell’estate 2022, appena ingaggiato dal Borussia Dortmund, in Germania, Haller aveva visto in pericolo la sua carriera e la sua vita. Era stato colpito da un tumore maligno ai testicoli e si era sottoposto a due interventi chirurgici e a quattro cicli di chemioterapia. Solo nel gennaio di un anno fa aveva ripreso a giocare. Ora Haller può dire “grazie alla vita che gli ha dato tanto” e la possibilità di conquistare il terzo titolo continentale al suo Paese. Altrettanto non può dire Kelvin Kiptum, morto al culmine della sua fulminante carriera.
“Kelvin era il nostro futuro”, lo ha pianto il presidente della Repubblica keniota, William Ruto. In verità, Kelvin era anche il presente: alla sua età era l’unica persona nella storia dell’atletica ad aver corso la maratona in meno di due ore e un minuto (2h 00’ 35” a Chicago, 8 ottobre 2023) e ad aver vinto tre delle sette maratone più veloci della storia.
Anche la sua fine inaspettata e tragica è carica di maledette coincidenze. Kelvin è morto vicino a casa. Il papà è stato tra i primi ad accorrere su posto della disgrazia.
Ha dichiarato il comandante della polizia della contea di Elgeyo Marakwet, Peter Mulinge :”Kelvin era al volante della sua Toyota Premio, da Eldoret diretto a Ravine; ha perso il controllo, è uscito di strada, è finito in un burrone prima di schiantarsi contro un grosso albero, dopo un volo di 60 metri. Lui e il suo trainer sono morti sul colpo. Una donna che era con loro, la ventiquattrenne Sharon Kosgei Chepkurui è rimasta ferita”. (Lunedì 12 febbraio è stata dimessa dall’ospedale di Eldoret)
Kelvin, padre di Caleb e Precious, di 7 e 4 anni, era nato e cresciuto nel villaggio di Chepsamo, circa 30 chilometri da Eldoret nella Rift Valley nel Kenya occidentale. E’ il cuore della suggestiva regione forestale d’alta quota rinomata come base di allenamento per i migliori corridori a distanza dal Kenya e da tutto il mondo.
Lì Kelvin aiutava la famiglia a curare le capre fino all’età di 13 anni, quando cominciò a correre. “Lo conoscevo fin da bambino, allevando bestiame a piedi nudi” – aveva ricordato lo scorso anno parlando con La BBC, il suo allenatore, morto con lui, Hakizimana – “Era nel 2009, mi allenavo vicino alla fattoria di suo padre, mi prendeva a calci e lo cacciavo via”. A 18 anni, alla sua prima gara, una vittoriosa mezza maratona, si presentò con un paio di scarpe prese in prestito. Non aveva soldi per comprarsele, neppure usate.
Kelvin si stava preparando per battere il suo record, a Rotterdam, il 14 aprile. Appena la settimana scorsa era stato riconosciuto ufficialmente il primato stabilito a Chicago e 2 mesi fa a Montecarlo era stato votato miglior atleta mondiale del 2023.
Era pronto anche a scendere in pista alle olimpiadi di Parigi la prossima estate. Appuntamenti prestigiosi, ma non aveva calcolato l’appuntamento col destino spietato.
Il giovane atleta è l’ultima stella keniota a morire in circostanze devastanti. David Lelei, medaglia d’argento di All-Africa Games, perse la vita in un incidente d’auto nel 2010 a 38 anni. Il maratoneta Francis Kiplagat, 28 anni, fu tra le cinque persone decedute nel febbraio 2018 in una sciagura avvenuta sulla stessa strada.
Anche Nicholas Bett, oro negli ostacoli di 400 metri ai campionati del mondo 2015 di Pechino, scomparve tragicamente a 26 anni: la su auto finì in un fossato nel 2018 nella contea Nandi (situazione e area parallele a quelle che hanno coinvolto Kiptum). Altri campioni, quali Rudisha, Tanui, Tergat sono miracolosamente sopravvissuti a schianti automobilistici. Tuttavia, come accennato, su questa vicenda aleggia un terribile alone di mistero. Il padre di Kiptum, Samson Cheruyot parlando con Citizen TV, ha invitato il governo a condurre indagini approfondite. Devastato dal dolore, Cheruiyot ha detto che recentemente quattro persone sconosciute hanno visitato la sua fattoria in cerca del figlio. A precisa richiesta di fornire documenti, si sono rifiutate di identificarsi e se ne sono andate.
In attesa dell’inchiesta, se ci sarà, la fine dolorosa e terrificante dell’ex pastorello di capre purtroppo è da inserire anche in un contesto più vasto: l’altissimo numero di incidenti stradali che flagella il Kenya. L’Autorità nazionale del trasporto e della sicurezza (NTSA) stima che ogni anno nel Paese muoiano in auto 3000 persone. Nel 2022 le vittime sono state 4690, 4579 nel 2021 e nei primi 10 mesi del 2023 già 3609. Una strage a cui non si riesce porre rimedio.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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