Alessandra Fava
7 febbraio 2024
A Gaza si continua a morire sotto i bombardamenti. Anche tra il 2 e il 5 febbraio i morti sono stati 234, per una cifra complessiva da inizio della guerra di 27.365, di cui 12 mila bambini e 8.190 donne. Secondo un dispaccio del governo della Striscia quindi di Hamas, la cifra, compresi i dispersi, arriva a 34.238. I giornalisti morti sono 122, tutti stringer o reporter palestinesi della Striscia. L’accesso dei media internazionali continua ad essere vietato per ragioni di sicurezza da parte di Israele oppure i giornalisti entrano solo embedded con le truppe israliane per vedere fortini e i tunnel scoperti. Sabato scorso il quotidiano francese Liberation ha dedicato un articolo ai reporter di guerra autocotoni, quindi giornalisti e insieme vittime, con un titolo in prima pagina “La morte ad occhi chiusi”.
La Croce rossa internazionale ha espresso il suo shock per l’uccisione di altri sei suoi volontari, tre il 31 gennaio ammazzati dall’esercito israeliano, vicino alla porta di entrata dell’ospedale di Al-Amal. Secondo la Croce Rossa di Gaza sono stati uccisi anche tre volontari ospedalieri il 2 febbraio. Nuovamente è stato ricordato come il personale sanitario sia tutelato dal diritto internazionale in tempo di guerra. Inoltre ci sono due altri volontari dispersi mentre prestavano soccorso ad una bambina gravemente ferita.
Continua per altro la distruzione di infrastrutture, abitazioni e case e interi quartieri. Tra fine gennaio e primi di febbraio sono stati tirati giù diversi edifici di Khan Younis con le ruspe e le bombe. Secondo un report di Unosat (United Nation Satellite Center) https://unosat.org/products/3793 che utilizza immagini satellitari comparando foto ricavate tra maggio/novembre 2023 con altre dei primi di gennaio 2024, a Gaza sarebbe stato distrutto il 30 per cento degli edifici, per un totale di quasi 70 mila costruzioni e almeno 93 mila abitazioni. Ma dalle immagini si vede come siano scomparsi i terreni agricoli a suon di bombe e buldozer eliminando qualsiasi vegetale commestibile.
Secondo i dati forniti dall’esercito israeliano sono morti a Gaza 223 soldati ma gli scontri tra Hamas e Israele continuano in diverse aree della Striscia, a nord e a sud e anche il governo è costretto ad ammettere che Hamas non ha perso vigore.
Gli sfollati hanno raggiunto secondo UNRWA, l’Agenzia dei rifugiati palestinesi, un milione e 700 mila persone, ormai per lo più accampati alla belle e meglio in tendopoli o sotto qualche struttura pericolante. Unicef calcola che ci sono almeno 17 mila bambini orfani o che hanno perso i contatti con loro famiiari e che quasi tutti (almeno un milione e duecentomila bambini) avrebbero bisogno di cure psicologiche per superare i traumi degli scontri e le morti di parenti.
800 diplomatici europei e statunitensi hanno firmato un appello ai loro governi che contiene una critica molto marcata all’operato dell’amministrazione Nethanyau e chiedono un intervento decisivo ai propri leader per fermare la strage di civili e la morte per fame ormai fattiva a Gaza. Come gli Usa anche Canada e UE stanno studiando l’ipotesi di imporre sanzioni sui coloni che assaltano palestinesi nei Territori occupati. La misura impedirebbe ad associazioni e imprese legate a coloni condannati di accedere a fonti e donazioni dall’estero. Al momento sono 4 i coloni messi all’indice dagli Stati Uniti.
I giornali israeliani ormai parlano apertamente della lotta tra l’estrema destra e i familiari degli ostaggi: i primi determinati a continuare la guerra a Gaza ad ogni costo fino a una rioccupazione di tutta la Striscia da parte dei coloni supportati dall’esercito e i secondi che chiedono la trattativa, la fine delle ostilità e la liberazione dei 130 ostaggi ancora nei tunnel. Il progetto esplicitato dal ministro delle finanze Bezalel Smotrich nella conferenza di dieci giorni fa nella quale si sono riuniti i suprematisti a Gerusalemme è un’occupazione permanente della Striscia con l’imposizione delle manu militari.
Si calcola che la rioccupazione costerebbe alle casse statali 16 miliardi di dollari all’anno. Smotrich come Ben-Gvir calcolano che Netanyahu non ha intenzione di indire nuove elezioni e che l’appoggio dell’estrema destra sovranista per ora gli viene comoda per sventare il rischio di finire a processo per le sue numerose cause pendenti per corruzione e altri reati.
Secondo Wall Street Journal, ripreso da Haaretz (4 febbraio), le spaccature interne ad Hamas impedirebbero di arrivare a un accordo per la liberazione degli ostaggi: i capi esterni a Gaza come Ismail Haniyeh che vive a Doha in Qatar e Khaled Mashal chiedono un cessate il fuoco definitivo, mentre quelli di Gaza come Yahya Sinwar (ammesso che sia ancora a Gaza) si accontentano di un blocco delle ostilità per sei settimane. Comunque le risposte da Gaza arrivano anche attraverso canali multipli e quindi le trattative sono complesse perché tutti cercano di non far individuare i luoghi dove sono nascosti. Si continua a parlare della liberazione di Marwan Barghouti storico leader dell’ANP, insieme a migliaia di altri prigionieri arrestati in parte durante la presente guerra, ma non ci sono riscontri.
Quel che è certo è che i paesi arabi sunniti stanno facendo pressioni perché la guerra finisca prima dell’inizio del Ramadam (9 marzo). Secondo un mediatore di Ramallah, citato sempre da Haaretz, Hamas vuole il cessate il fuoco come prima cosa e Israele vuole il rilascio degli ostaggi come prima cosa, quindi ci saranno diverse fasi della negoziazione e degli eventi a seguire. Il governo israeliano chiede il rilascio di tutti gli ostaggi insieme, compresi i militari.
Alessandra Fava
alessandrafava2023@proton.me
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