Alessandra Fava
30 gennaio 2024
“Nove Paesi hanno sospeso temporaneamente i loro contributi a UNRWA. Questa decisione mette a rischio l’attività umanitaria nella regione e specialmente nella Striscia di Gaza”, anzi dalla fine di febbraio le attività potrebbero essere sospese. Così il commissario generale UNRWA (United Nation Relief and Work Agency for Palestinian Refugees in the Near East), Philippe Lazzarini ha lanciato una richiesta di donazioni da chiunque, compresi i privati, dopo che alcuni tra i principali contribuenti del badget hanno deciso di sospendere gli aiuti in seguito alla denuncia da parte dello Stato di Israele della partecipazione di alcuni dipendenti UNRWA all’attacco di Hamas del 7 ottobre in Israele che ha causato 1,200 morti.
https://www.unrwa.org/newsroom/official-statements/unrwa%E2%80%99s-lifesaving-aid-may-end-due-funding-suspension
Il taglio dei fonti mette a rischio gli aiuti alimentari che eventualmente devono arrivare a Gaza ora, ma anche la sopravvivenza di molte famiglie palestinesi considerando anche che secondo il report del 2022 su 28.044 dipendenti 27.852 sono rifugiati palestinesi.
Il commissario spiega che per ora le accuse mosse sono contro “un gruppo ristretto dello staff”, dodici persone, di cui uno deceduto e due ancora da identificare. UNRWA ha subito interrotto il contratto dei nove identificati e chiesto un’inchiesta indipendente nel segno della trasparenza. Il dipartimento si occupa a Gaza di 2 milioni di persone in grave deperimento, vicini alla morte per fame e dà cure a 1 milione di sfrattati con 13 mila operatori, di cui 3 mila costituiscono lo staff centrale nella Striscia.
E’ sospetta la tempistica dell’accusa all’UNRWA che sui giornali israeliani circolava almeno da un mese e mezzo, come fonte militare. Infatti le accuse più dettagliate di Israele sono state diffuse il 27 gennaio, il giorno dopo la storica decisione della Corte Internazionale di Giustizia, che chiede misure effettive e immediate da parte del governo Netanyhau per fornire e far passare aiuti alla popolazione civile di Gaza al fine di “evitare atti di genocidio” e include anche di bloccare manifestazioni che incitano all’odio etnico, proprio come la convention dell’estrema destra che si è tenuta domenica scorsa a Gerusalemme, dove mille persone (tra cui moltissimi coloni, 11 ministri e 15 membri della Knesset) hanno sostenuto il diritto a rioccupare di Gaza e a lo sgombero di tutti i gazawi verso paesi in grado di accoglierli.
Resa nota la decisione della Corte, il giorno dopo Israele ha dato fuoco alle polveri mediatiche diffondendo l’accusa a dodici impiegati dell’UNRWA che avrebbero preso parte all’attacco del 7 ottobre, anche se poi da inchieste successive emerge che solo due di loro sarebbero entrati effettivamente in Israele il 7, mentre un altro avrebbe ricevuto alcuni messaggi a proposito di missili da lanciare.
Sette di loro erano insegnanti nelle scuole e altri due personale di appoggio. Con prove dunque tutte da verificare (infatti si invoca un’indagine appropriata), UNRWA ha deciso di procedere subito al licenziamento, ma nove Paesi tra cui gli Stati uniti, Giappone, Austria, Germania e l’Italia hanno bloccato i fondi. Spagna e Unione Europea hanno invece deciso di non procedere al blocco.
Il relatore per il diritto di accesso al cibo delle Nazioni Unite, Michael Fakri, ha detto che la fame a Gaza è un fatto accertato e ha definito la decisione sulla sospensione dei fondi “una punizione collettiva inflitta a 2 milioni e 200 mila palestinesi”.
Per altro è un giallo come Israele non si sapesse della partecipazione alle attività di Hamas da parte di alcuni, visto che “UNRWA – scrive ancora Lazzarini – ha sempre comunicato la lista dello staff ai Paesi ospitanti, incluso Israele. L’Agenzia non ha mai ricevuto segnalazioni su specifici membri dello staff”.
UNRWA è stata creata dalle Nazioni Unite nel 1949 per assistere i profughi palestinesi cacciati dalle zone della costa verso l’interno e di quelli sfollati da altre aree nelle guerre successive. UNRWA si occupa solo di palestinesi registrati come profughi e dei loro discendenti. Oggi gli assistiti sono 5 milioni e novecentomila persone, divisi in 58 campi: sono 19 i campi delle aree di Gerusalemme Est e nei Territori occupati (per il diritto internazionale attribuiti all’Autorità palestinese ma sempre più occupati da insediamenti non riconosciuti), erano 8 nella Striscia di Gaza dove è in corso la guerra da inizio ottobre; sono dieci in Giordania, dodici in Libano e la Siria ne ha 12 di cui tre campi non ufficiali.
Tutti i cosiddetti campi profughi sono diventati delle città, con strade strette, immobili di diversi piani che man mano sono stati costruiti in aree ridotte. In molti di questi centri, tra cui Shabra e Shatila in Libano, abita un numero più ridotto di palestinesi della Nakba (l’esodo forzato di 700mila palestinesi dai territori occupati nel corso della prima guerra arabo-israeliana del ‘48) e sono subentrati stranieri africani e asiatici, ovviamente non più assistiti da URWA.
L’agenzia dell’ONU si occupa di microprogetti, microfinanziamenti oltre a programmi educativi e sanitari. Ad esempio gestisce 706 scuole con oltre 543 mila studenti.
Dal report del 2021 che è di oltre 200 pagine apprendiamo in una nota che
“i donatori tradizionali includono Australia, Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Finlandia, Germania, Irlanda, Italia, Giappone, Giordania, Libano, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, l’Autorità palestinesi, la Spagna, Svezia, Svizzera, Siria, Turchia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione europea. Tra i partner regionali ci sono Egitto, il Fondo per lo sviluppo del Kuwait, Oman, Qatar, Islamic Development Bank, e la Fondazione Khalifa Bin Zayed. Tra i donatori più recenti ci sono Azerbaijan, Brasile, Brunei, Bulgaria, Cile, Cina, Cipro, la repubblica ceca, Estonia, Grecia, la Santa Sede, Islanda, India, Indonesia, Kazakhstan, Latvia, Liechenstein, Malesia, Maldive, Malta, Messico, Monaco, Nuova Zelanda, Pakistan, Filippine, Polonia, Portogallo, Romania, Russia, Slovacchia, Slovenia, Corea del Sud, Tailandia e Uzbekistan.
I fondi totali si aggirano su 1.19 miliardi, di cui 1.7 derivante dai donatori (report 2022). Le donazioni principali arrivano da Stati Uniti con quasi 344 milioni di dollari, dalla Germania 202,1; dall’Unione europea 114,2; dalla Svezia 61. L’Italia versava 18 milioni (dati Urwa del 2022).
https://www.unrwa.org/sites/default/files/content/resources/2021_aor_eng_-_sept_20-2022_1.pdf
UNRWA come OCHA e altre agenzie delle Nazioni Unite impegnate a monitorare la situazione mediorientale, ha sempre denunciato le sofferenze delle guerre a Gaza e gli effetti devastanti sulla popolazione civile di questa in corso con report puntuali. Il 25 gennaio scriveva “gli attacchi persistenti sui luoghi abitati da civili a Khan Yunis sono inaccettabili e devono fermarsi subito. La gente viene ferita e uccisa. Mentre gli scontri si intensificano in prossimità di ospedali e aree di rifugio degli sfollati, la gente è circondata e vengono impedite le operazioni per salvare delle vite. Il centro UNRWA ieri è stato colpito da due missili e ha preso fuoco”.
Lazzarini ha ricordato come fa da ottobre che “le misure di protezione della popolazione civile, la protezione degli ospedali, delle cliniche, del personale medico e delle Nazioni Unite sono specialmente sancite dall diritto internazionale”.
Alessandra Fava
alessandrafava2023@proton.me
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