Cornelia I. Toelgyes
14 gennaio 2024
Il presidente uscente, Félix Tshisekedi, ha vinto le elezioni presidenziali del 20 dicembre 2023 con oltre il 73 per cento delle preferenze. La Corte costituzionale della Repubblica Democratica del Congo ha confermato martedì scorso i risultati già annunciati dalla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) il 31 dicembre. Nessuna sorpresa dunque. Tshisekedi, salito al potere nel 2019, resterà alla guida del Paese per un altro quinquennio.
Il più alto organo di garanzia della Costituzione ha respinto una richiesta di annullamento della tornata elettorale.
Il 20 dicembre è stato organizzato un quadruplo scrutinio – presidenziale, legislativo, provinciale e locale – che si è prolungato di almeno un giorno a causa dei ritardi dovuti a numerosi problemi logistici. Oltre 40 milioni di elettori sono stati chiamati alle urne, su una popolazione totale di circa 100 milioni di abitanti.
Intanto la CENI ha reso noto ieri notte, con diversi giorni di ritardo, anche i risultati provvisori delle legislative. Il partito di Tshisekedi, Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UPDS) ha ottenuto 66 seggi su 500, che, insieme a quelli riportati dai partiti alleati, gli permetterebbero di mantenere la coalizione al potere e di nominare il nuovo governo. Alle scorse elezioni l’UPDS si era fermato alla soglia di 38 rappresentanti all’Assemblea nazionale.
Sempre in base ai risultati provvisori, anche i partiti guidati da alcuni alleati di Félix Tshisekedi hanno ottenuto diversi seggi.
Nessun seggio, invece, per il raggruppamento politico all’opposizione, Alliance des Congolais pour la Refondation de la Nation (ACRN) di Denis Mukwege, medico insignito del Premio Nobel per la Pace nel 2018. ACRN non ha raggiunto la soglia dell’1 per cento richiesto.
Ensemble pour la République,partito del 58enne ricco uomo d’affari Moïse Katumbi, rappresenta il primo partito all’opposizione. Katumbi, ha la madre congolese, mentre il padre, Nissim Soriano, era un ebreo italo-greco di Cefalonia (lui usa il cognome della madre, Virginia Katumbi), non ha rilasciato commenti finora.
Sta di fatto che partiti all’opposizione e osservatori indipendenti avevano denunciato disorganizzazione e mancanza di trasparenza durante la tornata elettorale.
E, dopo 25 anni di presenza in Congo-K, MONUSCO (la Missione di Pace delle Nazioni Unite nella ex colonia belga) sta iniziando a preparare i bagagli. Dovrà lasciare il Paese entro dicembre 2024, come è stato confermato proprio ieri dalle autorità di Kinshasa e dai caschi blu.
Il contingente internazionale, dispiegato nella provincia del Sud-Kivu partirà entro la fine di aprile. Dal 1° maggio in questa zona la protezione dei civili sarà affidata esclusivamente alle forze armate congolesi (FARDC). Dopo il Sud Kivu, i caschi blu lasceranno il Nord-Kivu e infine l’Ituri, tutte province nell’est del Paese, che da decenni sono sconvolte da continui attacchi di gruppi armati. I civili sono sempre i primi a subire le conseguenze delle violazioni, degli attacchi, delle violenze. Basti pensare che gli sfollati sono ormai quasi 7 milioni.
I militari congolesi, in particolare la guardia repubblicana, sono stati addestrati da contractor israeliani, richiamati però in patria subito dopo il 7 ottobre 2023.
Gli istruttori israeliani, per lo più assunti da società di contractor, facevano parte di un accordo di cooperazione in materia di sicurezza firmato nel 2019 tra Israele e la RDC, in base al quale lo Stato ebraico si è offerta di addestrare ed equipaggiare l’esercito congolese per combattere le Allied Democratic Forces (ADF), un’organizzazione islamista ugandese, presente anche nel Congo-K dal 1995, legata allo stato islamico.
Nel settembre 2023, a margine dell’Assemblea generale dell’ONU a New York, Tshisekedi, presidente del Congo-K, ha incontrato Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano. In tale occasione il leader di Kinshasa ha promesso al capo del governo israeliano che avrebbe spostato la sua ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme.
Anche l’ex presidente Jospeh Kabila, al potere dal 2001 al 2019, aveva chiesto l’intervento di ex funzionari del Mossad. Lo aveva rivelato nel 2019 una giornalista del programma investigativo israeliano Uvda. Kabila avrebbe assoldato personale specializzato dalla compagnia privata di intelligence israeliana Black Cube già nel 2015 per spiare i suoi oppositori.
Cornelia I. Toelgyes
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