Cornelia I. Toelgyes
26 dicembre 2023
Dopo gli ultimi attacchi perpetrati dalle Rapid Support Forces (RSF), capitanate da Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemetti, nello stato di Gezira, a sud della capitale Khartoum, gli sfollati in Sudan sono ora ben oltre 7,1 milione. Tra questi, oltre 1,4 milioni hanno cercato rifugio nei Paesi confinanti (Centrafrica, Sud Sudan, Egitto, Etiopia, Ciad).
Attualmente l’ex protettorato anglo-egiziano vanta il triste primato mondiale come Paese con il maggior numero di persone che hanno dovuto lasciare le proprie case dall’inizio del conflitto, iniziato il 15 aprile scorso tra le RFS e le forze armate sudanesi (SAF), guidate dal generale Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, presidente del Consiglio Sovrano e di fatto capo dello Stato.
Tra gli sfollati, almeno 3 milioni sono minori. Gran parte delle scuole in tutto il Paese sono chiuse perché distrutte o per motivi di sicurezza. E, secondo le Nazioni Unite, 19 milioni di bambini sono privi di istruzione. Oltre 18,1 milioni di persone si trovano in grave insicurezza alimentare.
A metà dicembre le RSF hanno preso il controllo di Wad Madani, capoluogo di Gezira e solo due giorni dopo hanno conquistato anche la città di Al Hasaheisa. Wad Madani è lo snodo principale per l’accoglienza degli sfollati in fuga dai combattimenti a Khartum ed ora le persone già duramente provate dal conflitto, sono costrette a scappare nuovamente dalla furia di nuove violenze. E proprio a causa delle aggressioni, il PAM (Programma Alimentare Mondiale o, in inglese World Food Programme) ha interrotto momentaneamente la sua attività nel capoluogo di Gezira. “Tutti vogliono fuggire. Gli agricoltori non hanno più accesso alle loro fattorie”, ha spiegato Karim Abdelmoneim, responsabile delle operazioni di emergenza di PAM nel Paese.
Secondo gli analisti, il controllo dello stato di Gezira, che si trova a sud della capitale Khartum, consentirà alle RSF di avanzare verso gli stati controllati dall’esercito nell’est, nel centro e nel sud-est del Paese.
Finora tutte le trattative per arrivare a un cessate il fuoco sono fallite. Ma forse ora si sta aprendo uno spiraglio. Secondo quanto riportato in un articolo del giornale panarabo asharq.com, al-Burhan avrebbe ricevuto una lettera ufficiale da IGAD (Autorità intergovernativa per lo sviluppo, un’organizzazione internazionale politico-commerciale formata dai Paesi del Corno d’Africa), che lo invita a incontrare Hemetti a Gibuti il prossimo 28 dicembre.
Anche Sudan Tribune ha parlato di un possibile storico incontro tra i due antagonisti sudanesi. Al-Burhan avrebbe annunciato possibili negoziati agli ufficiali dell’esercito nella regione militare del Mar Rosso. Tuttavia, il presidente ha sottolineato la sua indisponibilità a firmare un accordo di pace che comporti umiliazioni o oltraggio nei confronti del popolo e delle forze armate. Ha inoltre evidenziato che i negoziati dovranno concentrarsi su punti specifici, ponendo l’accento sul raggiungimento di un cessate il fuoco e sul ritiro delle RSF dalle aree residenziali, in linea con l’accordo di Gedda.
Da fonti non ufficiali sia eritree che sudanesi, ma affidabili, secondo quanto scrive sul suo account X Mohamed Kheir Omer, ricercatore con base in Norvegia, il regime di Asmara starebbe addestrando alcune centinaia di giovani sudanesi reclutati nella parte orientale dell’ex protettorato anglo-egiziano, per combattere le RSF.
A settembre al Burhan aveva incontrato il suo omologo eritreo, Isaias Aferworki, ad Asmara. Allora i due presidenti avevano discusso delle relazioni bilateri e del conflitto in atto, nessun altro dettaglio era stato reso noto.
Già lo scorso giugno SAF aveva fatto un appello ai giovani di arruolarsi. Coloro che avevano risposto alla chiamata, sono poi stati addestrati a Wad Madani. A settembre più o meno cinquecento ragazzi sono poi stati mandati al fronte per combattere contro i paramilitari delle RSF. Molti sono stati uccisi o feriti nel giro di poche settimane. SAF utilizza i giovani con scarso addestramento come soldati semplici per contrastare il nemico. Recentemente ne sono stati reclutati altri, in particolare nel River Nile state, specie da quando gli uomini di Hemetti hanno conquistato anche Wad Madani.
Le nuove reclute hanno poi confessato a al Jazeera di aver risposto all’appello perché sono stanchi della prepotenza dei paramilitari, che invadono le loro città, bruciano e saccheggiano le case e violentano le donne. “Ho imbracciato le armi per difendere me stesso, il mio gruppo etnico e la mia patria”, ha detto Yaser, 21 anni, di Shendi, una città del River Nile, dove, secondo quanto riferito, migliaia di persone avrebbero deciso di arruolarsi.
Poco prima di Natale alcuni membri del Congresso degli Stati Uniti hanno inviato una lettera al ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, Sheikh Abdullah bin Zayed Al Nahyan, chiedendo al governo di Abu Dhabi di non interferire ulteriormente nel guerra in Sudan. Abu Dhabi fornisce aiuti, anche armi e altro materiale bellico alle RSF. Va ricordato che i paramilitari di Hemetti hanno combattuto per anni assieme agli Emirati contro gli houthi in Yemen, accanto alla colazione guidata dall’Arabia Saudita.
E mentre gli EAU forniscono armi, che costringono la gente alla fuga, la scorsa settimana Abu Dhabi ha inviato in Sud Sudan un aereo cargo con 100 tonnellate di cibo destinato ai profughi sudanesi.
Cornelia I. Toelgyes
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Foto Credit: RFI
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