Africa ExPress
Gibuti, 24 dicembre 2023
I ribelli houthi (gruppo armato yemenita sostenuto dall’Iran) hanno intensificato gli attacchi alle navi mercantili in transito nel Mar Rosso, uno dei corridoi marittimi più trafficati al mondo. Nell’ultimo mese il gruppo è praticamente riuscito a interrompere il commercio internazionale attraverso il Canale di Suez, la via di navigazione più breve tra Europa e Asia.
E, per motivi di sicurezza, molti armatori hanno deciso di non passare più attraverso questo corso d’acqua artificiale, ma, per collegare l’Europa e l’Oceano Indiano, di circumnavigare l’Africa, passando per il Capo di Buona Speranza in Sudafrica.
Una deviazione di 3.500 chilometri e giorni e giorni di navigazione prolungata rappresentano una sfida logistica non indifferente, soprattutto per quanto riguarda il rifornimento di carburante. Pochi porti africani sono attrezzati per accogliere questi giganti del mare, per non parlare dei problemi burocratici, la congestione e le carenze delle strutture.
Anche il porto di Durban (Sudafrica), uno dei più grandi dell’Africa in termini di volumi di container movimentati, da alcune settimane presenta problemi e ritardi nei rifornimenti dei natanti, perché le attrezzature a disposizione sono carenti e difettose. Le compagnie di navigazione evitano il rifornimento offshore, cioè direttamente da nave a nave, per disaccordi sulla tassazione del carburante con le autorità sudafricane.
Sembra che finora nessuno dei giganti del mare abbia fatto richiesta di fare scalo in uno dei porti sudafricani. Le compagnie marittime cercano di evitare di doversi fermare lungo il percorso. Per ora hanno scelto di rifornire le proprie navi con sufficiente carburante al punto di partenza. E, secondo Alessio Lencioni, esperto di logistica, anche altri grandi porti africani in acque profonde lungo la rotta del Capo, come quello di Mombasa in Kenya e Dar es Salaam in Tanzania, sono troppo poco attrezzati per gestire il traffico previsto nelle prossime due settimane.
Un portavoce di Mærsk, (gruppo danese di logistica integrata dei container e di supply chaine), ha però precisato: “In caso di necessità di rifornimento durante la rotta, si deciderà caso per caso: Walvis Bay (Namibia) o Port Louis (Mauritius) saranno opzioni migliori”.
Le condizioni meteorologiche avverse con onde altissime, comuni nel “Capo delle Tempeste” e nel Canale di Mozambico, soggetto a cicloni, fanno sì che le navi possano consumare il carburante più rapidamente, rendendo cruciali i servizi di rifornimento, hanno affermato le agenzie di navigazione.
Comunque un obbiettivo politico l’azione degli Houthi (e del loro sponsor: l’Iran) l’ha ottenuto: il premier britannico Rishi Sunak legato strettamente agli ambienti finanziari londinesi ha modificato la posizione del suo governo sulla Israeliana-Hamas a Gaza. Il 19 ottobre durante una sua visita a Tel Aviv aveva dichiarato senza possibilità di essere frainteso, in conferenza stampa assieme a Bibi Netanyahu: “”Sono orgoglioso di essere qui con voi nell’ora più buia di Israele. Saremo con voi in solidarietà. Staremo con voi e con il vostro popolo. E vogliamo anche che vinciate”.
Attacchi delle milizie houthi Mar Rosso
9 novembre – Sequestro della Galaxy Leader costrette ad attraccare nel porto di Hodeida
23 novembre -tentativo di sequestro della M/V Central Park
3 dicembre – Lancio di tre missili balistici contro altrettante nevi commerciali
10 -15 dicembre – Missili anti nave lanciati contro 5 cargo in meno di una settimana
fonte US State Department
Ma pochi giorni dopo, il 20 dicembre Sunak cambia poizione assieme ad altri importanti membri del suo partito, il Conservatore, che si aggiungono a quelli del partito laburista nella richiesta di una tregua nella Striscia. Scrive il quotidiano britannico Guardian: “Keir Starmer si è unito a Rishi Sunak nel chiedere un cessate il fuoco sostenibile a Gaza, mentre la retorica politica continua ad allontanarsi dal sostegno incondizionato all’assalto di Israele, in linea con le mosse degli Stati Uniti e di altri Paesi”.
“Alcuni conservatori di alto livello – annota il giornale – sono stati ancora più espliciti. Ben Wallace, ex segretario alla Difesa, ha detto che la “furia omicida” di Israele rischia di fargli perdere il sostegno internazionale e Alicia Kearns, che presiede la commissione Affari esteri dei Comuni, ha affermato di ritenere che Israele abbia violato il diritto umanitario internazionale”.
“Il primo ministro – scrive ancora il quotidiano – ha detto che Israele ha il diritto di difendersi dopo il massacro di civili israeliani da parte di Hamas, ma “deve farlo nel rispetto del diritto umanitario. È chiaro che troppe vite civili sono andate perdute e nessuno vuole che questo conflitto si protragga un giorno in più del necessario”.
Alla domanda del Guardian se il Primo Ministro fosse d’accordo con i commenti di Wallace, espressi in un articolo del Daily Telegraph, il portavoce non ha tuttavia respinto l’opinione dell’ex segretario alla Difesa, aggiungendo “Siamo preoccupati, come abbiamo già detto, che troppi civili vengano uccisi a Gaza e che le loro infrastrutture vitali vengano distrutte”.
E’ bene notare che le dichiarazioni di Sunak sono state rilasciate il giorno dopo che la British Petroleum ha deciso di escludere il Mar Rosso dalle rotte delle sue petroliere, con conseguente importante aggravio dei costi.
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