ETIOPIA

Etiopia: in Tigray si continua a morire di fame, conflitti e rischio default devastano il Paese

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
15 dicembre 2023

In Etiopia si muore di fame. Poco più di un anno fa è terminata ufficialmente la guerra in Tigray con la firma di un accordo a Pretoria tra il governo di Addis Abeba e i combattenti della regione settentrionale, al confine con l’Eritrea.

Etiopi, Tigray: la disperazione, la fame in Tigray uccide ancora

A tutt’oggi la situazione umanitaria è gravissima. Dopo essere stata flagellata da un’invasione di locuste, siccità e da un terribile sanguinario conflitto, costata la vita a oltre 600.000 persone, anche ora, che gli scontri sono terminati, la gente continua a morire di fame.

Durante la guerra gran parte degli aiuti umanitari sono stati bloccati. La scorsa primavera PAM (Programma Alimentare Mondiale, altrimenti chiamato World Food Programme) e USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale) avevano fermato la distribuzione per irregolarità nell’erogazione di cibo, furti e quant’altro. In quel periodo per la fame sono morte centinaia di persone. Ora la fornitura è stata ripristinata, ma secondo PAM nel solo Tigray oltre un milione di abitanti necessita urgentemente di supporto alimentare. Recentemente in alcuni distretti sono morte 187 persone perchè non avevano nulla da mangiare.

Un anziano del distretto di  Atsibi, nell’est del Tigray, ha raccontato ai reporter della Deutche Welle, il network televisivo tedesco, che l’inverno scorso è piovuto solo due volte. “Tutto ciò che abbiamo seminato non ha prodotto nessun raccolto. Non abbiamo nemmeno più la forza di spostarci per chiedere un po’ di cibo. Se non arrivano gli aiuti umanitari, moriremo. Sembriamo degli uccellini, giriamo nei campi vicino casa in cerca di un granello di grano”, ha poi aggiunto il vecchietto quasi rassegnato al proprio destino.

In gran parte del distretto di Atsibi i bambini nascono sottopeso perché le madri sono affette da malnutrizione.

Secondo l’ultimo rapporto di PAM, in Etiopia, il secondo Paese più popoloso dell’Africa, oltre 20 milioni di persone necessitano di aiuti umanitari, 7,4 milioni tra donne e bambini sono malnutriti.

Anche se finora non si parla ancora di una vera e propria carestia, ci sono però le premesse che presto possa arrivare in diverse regioni del Paese.

In altre zone anche i conflitti ancora in atto contribuiscono alla grave insicurezza alimentare. Nella regione Amhara le forze armate etiopiche (ENDF) continuano ad usare droni – materiale bellico arrivato dagli Emirati Arabi Uniti come durante la guerra in Tigray –  per colpire i combattenti di FANO  (gruppo giovanile armato Amhara), che all’inizio del conflitto nella regione settentrionale avevano combattuto accanto ai militari governativi. I giovani sono stati addestrati dall’esercito eritreo. Il governo di Addis Abeba vorrebbe integrare i combattenti FANO nelle strutture di sicurezza governative. I militanti si sono però opposti a tale decisione, perché ritengono che possa ridurre l’autonomia della regione e renderla più vulnerabile a eventuali attacchi. Dall’inizio del mese durante le aggressioni con i droni sono morte almeno 20 persone, tra loro anche civili.

Conflitto nella regione Amhara, Etiopia

A metà novembre rappresentanti di OLA (Oromo Liberation Army), classificati come terroristi (nel 2018 si è separato da Oromo Liberation Front nel 2018, che ha rinunciato alla lotta armata dopo l’arrivo al potere di Abiy Ahmed, primo ministro, di etnia oromo) e del governo di Addis Abeba si sono incontrati in Tanzania per colloqui di pace, volti per mettere un punto finale a decenni di lotta. Negli ultimi anni, proprio a causa di questo conflitto, sono morte centinaia di persone, e decine di migliaia sono fuggite dalle loro case. Ma anche dopo la fine dei colloqui, archiviati anche stavolta senza aver raggiunto l’obiettivo, la Commissione Etiopica per i Diritti Umani (EHRC) ha denunciato che non sono cessati gli attacchi sistemaci perpetrati da OLA.

L’Oromia è la regione più grande dell’Etiopia e circonda la capitale Addis Abeba. Gli oromo sono il gruppo etnico più numeroso.

Stimato a poche migliaia di uomini nel 2018, il numero dei miliziani di OLA è cresciuto notevolmente negli ultimi anni, anche se gli osservatori ritengono che non sia sufficientemente organizzato e armato per rappresentare una vera minaccia per il governo federale etiopico.

A fine novembre sono state uccise 45 persone da uomini armati in due diversi attacchi nelle aree di Arsi e Kellem Wollega. OLA nega però qualsiasi coinvolgimento.

E proprio qualche giorno fa è stato arrestato Taye Dendea, ex ministro delegato per la Pace, con l’accusa di collaborare con OLA. In passato Taye è stato un fervente sostenitore di Abiy, ma ultimamente ha espresso critiche sulle violenze nell’Oromia e soprattutto per quanto concerne la politica economica del governo.

Abiy Ahmed, primo ministro dell’Etiopia e vincitore del Premio Nobel per la Pace 2019

Certo, la politica economica presenta qualche falla. Il Paese è a rischio insolvenza, visto che l’8 dicembre scorso il governo ha annunciato di non essere in grado di soddisfare il pagamento  di una cedola sul suo unico Eurobond da 1 miliardo di dollari in scadenza l’11 dicembre. ll mancato pagamento delle cedole avvicinerebbe l’Etiopia al default, che diverrebbe ufficiale una volta trascorso un periodo di tolleranza di due settimane.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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Fotocredit: DW

 

Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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