MALI

Mali: Wagner issa la propria bandiera a Kidal, subito rimossa dai militari maliani

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
28 novembre 2023

La presenza dei paramilitari del gruppo Wagner in Mali è nota a tutti e ora nemmeno le autorità di Bamako possono continuare a negarla. Gli stessi mercenari non operano più nell’ombra. Anzi. Dopo pochi giorni dalla riconquista di Kidal, rimasta per settimane sotto il controllo dei ribelli di prevalenza tuareg, CSP (Cadre Stratégique Permanent), i soldati di ventura di Mosca hanno issato la loro bandiera il 21 novembre sul forte di Kidal. Simbolo che ovviamente non è piaciuto per nulla al governo militare di transizione e meno ancora alle forze armate.

Bandiera di Wagner sul forte di Kidal, Mali

La bandiera dei contractor russi è sparita dopo un paio d’ore e Bamako ha affermato, a torto, che si era trattato di una fake news. Peccato solo che foto e filmati con il simbolo dei mercenari mentre sventolava sul forte di Kidal, hanno fatto il giro dei social network mercoledì scorso. Il video è apparso per la prima volta sul canale Telegram del gruppo Wagner il 21 novembre alle ore 17.00 con il commento: “La bandiera del PMC Wagner sventola con orgoglio al centro di Kidal”.

Mali, Kidal: bandiera maliana a sinistra, a destra quella di Wagner, poi tolta da FAMa

Bandiera issata come segno di vittoria dopo la riconquista della città il 14 novembre 2023 da parte delle forze armate maliane (FAMa), supportate dai mercenari. E, va aggiunto, che anche Ouagadougou e Niamey hanno dato una mano a Bamako in questa operazione. Il Niger ha dato in prestito al governo di transizione militare guidato da Assimi Goïta, un aereo cargo e, forse anche un caccia. Per quest’ultimo il condizionale è d’obbligo perché non tutte le fonti concordano sull’utilizzo di questo velivolo da guerra nigerino.

Mentre Ougadougou ha messo a disposizione del Paese amico almeno un drone armato, le autorità di Burkina Faso e Niger hanno inviato ufficiali in supporto delle forze armate maliane a Gao. Queste informazioni sono trapelate dalle forze di sicurezza di Bamako e dai ribelli del CSP, nonché da diversi osservatori che seguono da vicino le attività militari nei Paesi del Sahel.

Anche se i tre governi non hanno dato conferme in tal senso, l’operazione è in assoluta linea con la Charte du Liptako-Gurma (prende il nome delle aree nella cosiddetta regione delle tre frontiere: Mali, Burkina Faso, Niger), siglata dalle autorità dei tre Paesi pochi mesi fa. Si tratta di un’alleanza degli Stati del Sahel con lo scopo di creare un sistema di difesa collettivo e di assistenza reciproca.

Sta di fatto che solamente tre governi si sono complimentati con il Mali per la riconquista di Kidal: il Burkina Faso, il Niger e, ovviamente la Russia.

I ribelli dell’Azawad, firmatari dell’accordo di Pace e di riconciliazione del 2015, non intendono mollare, anche se per il momento si sono ritirati nelle zone montagnose della regione.

Da quando hanno preso il potere i golpisti nel 2020, il monitoraggio dell’accordo di pace è praticamente stato bloccato. Il ritiro dell’operazione francese Barkhane e la partenza dei caschi blu di MINUSMA (missione di pace delle Nazioni Unite in Mali), hanno risvegliato le ostilità.

Una volta ripreso il controllo della città, le forze armate maliane e Wagner stanno occupando gli accessi strategici di Kidal e hanno decretato un coprifuoco notturno. E’ vietato circolare a alta velocità nei pressi di check point e tutti i residenti devono aver a portata di mano i loro documenti di identificazione, anzi devono togliersi anche il turbante in caso di controllo. Nessun civile è autorizzato a indossare abbigliamento del tipo militare, e vige l’obbligo di consegnare armi e divise alle autorità.

Non sono poche le persone incarcerate negli ultimi giorni. Si tratta di insegnanti in pensione, commercianti e altri civili fermati dai soldati e dai mercenari perché sospetti di avere legami con il ribelli o di essere in possesso di informazioni utili. Altri arresti sono stati effettuati anche nell’area di Timbuctù, a Tehardje, vicino a Ber.

Continuano anche senza sosta i saccheggi nelle case dei ribelli, delle loro famiglie e anche in quelle di comuni cittadini, iniziati non appena FAMa e Wagner sono arrivati in città.

E venerdì scorso sono riapparsi anche i terroristi. Miliziani di JNIM (Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani), leagati a al Qaeda, hanno attaccato due basi militari di FAMa, a Niafunké et Goundam, nella regione di Timbuctù.

Durante l’aggressione a Niafunké sono morti parecchi soldati e l’assalto è stato rivendicato sabato da JNIM. In un comunicato il gruppo sostiene di esseri impossessato anche di armi pesanti, equipaggiamento militare e 5 autovetture e di aver lanciato granate sulla base di Goundam.

In un brevissimo messaggio le forze armate maliane hanno confermato che nelle due basi sono state lanciate bombe a mano ma di aver respinto l’assalto e messo in fuga i terroristi, senza dare ulteriori dettagli.

E infine una notizia che ha rallegrato il mondo intero. Domenica mattina, 26 novembre, è stato liberato il religioso tedesco Hans-Joachim Lohre, della congregazione dei Missionari d’Africa (o padri bianchi, come vengono chiamati più familiarmente), rapito il 20 novembre 2022 a Bamako. Per poco più di un anno è stato ostaggio dei miliziani di JNIM. Finora non sono stati resi noti dettagli sulla sua liberazione. Bocche cucite a Bamako e Berlino. Ma secondo Serge Daniel, noto giornalista, collaboratore di molte testate e sempre ben informato sui fatti del Sahel, sarebbe stato pagato un riscatto per la liberazione del padre.

Mentre tutto tace per quanto riguarda i tre italiani sequestrati in Mali il 19 maggio dello scorso anno. Rocco Antonio Langone, la moglie Maria Donata Caivano, il 43enne Giovanni, figlio della coppia e un cittadino togolese, autista della famiglia, sono stati prelevati da uomini armati dalla loro casa vicino a Koutiala (regione di Sikasso) nel sud del Mali. Serge Daniel, contattato ieri telefonicamente dalla redazione di Africa ExPress, ha confermato che fino ad oggi sono emersi ulteriori dettagli sul rapimento dei nostri connazionali.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Photocredi: RFI

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Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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  • Questo articolo vorrebbe dimostrare un assioma ben preciso. Secondo questo assioma il nuovo governo del Mali cacciando i francesi ha permesso a Wagner di dilagare in Mali contro i bravi e idealisti ribelli dell'Azawad (MNLA) e allo stesso tempo ha favorito le azioni violente dei gruppi fondamentalisti come lo JNIM. Insomma un vero disastro. Questo racconto puerile regge a patto che si tengano ben distinti MNLA e JNIM. Cosa che l'autrice tenta di fare riservando all'MNLA termini come "ribelli" e alllo JNIM termini come "terroristi". Naturalmente la realtà non è questa. Già nel 2012 i "ribelli" dell'MNLA e i "terroristi" di Ansar Dine si fusero insieme creando il Consiglio di transizione dello Stato islamico Azawad. Nel 2017 uno dei fondatori dell'MNLA, Iyad ag Ghali, è stato la figura chiave per la nascita proprio del citato Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (JNIM), un'organizzazione fedele ad al Qaeda e ai talebani dell'Afghanistan, nella quale sono confluite tre preesistenti formazioni terroristiche del Mali, e che nello stesso anno si è resa protagonista di più di 50 attentati. Come si vede, sfumando i contorni netti delineati nell'articolo (contorni netti che in realtà non sono mai esistiti), l'assiome potrebbe benissimo ribaltarsi e diventare "il nuovo governo del Mali, cacciando i francesi ed affidandosi a Wagner è finalmente riuscito ad ottenere qualche successo contro la piaga del terrorismo islamico".

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