Cornelia I. Toelgyes
21 novembre 2023
Gli oltre 10mila morti in Sudan non fanno notizia. Questa terribile guerra, segnata da atrocità indescrivibili continua la sua corsa senza sosta. I combattimenti tra le Rapid Support Forces (RFS), capeggiate da Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemetti, e le forze armate sudanesi di Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, presidente del Consiglio Sovrano e di fatto capo di Stato, stanno facendo a pezzi il Paese e costringono i civili a sopravvivere in condizioni invivibili.
Se da un lato le RFS sono sostenute dai mercenari russi dalla società Wagner che li ha anche addestrati e con armi dagli Emirati Arabi Uniti, come è stato ampiamente documentato anche dal New York Times lo scorso settembre, gli ucraini ora stanno fornendo assistenza diretta alle truppe governative.
Già a settembre la CNN aveva dato notizia di trasferimento bellico da Kiev verso l’ex protettorato anglo-egiziano e operazioni effettuate con droni che avrebbero colpito postazioni delle RSF. Ora spuntano anche uomini delle forze speciali ucraine nei pressi di Khartoum.
Il 6 novembre scorso il Kyiv Post, principale quotidiano ucraino in lingua inglese, ha pubblicato un video che riporta scene di attacco in una città indicata dal media come sudanese, senza però specificarne il nome. Il filmato, girato di notte da un drone, dotato di telecamera termica, mostra soldati che indossano occhiali per la visione notturna mentre sparano granate a razzo contro un edificio.
Il giornale ucraino ha poi spiegato che, secondo una fonte del settore sicurezza e difesa del suo Paese, è in corso un’operazione per “ripulire Wagner, i suoi terroristi locali (RSF, ndr) e i servizi speciali della Federazione Russa” nel Paese africano. L’interlocutore dei reporter del Kyiv Post ha poi aggiunto: “Il filmato mostra probabilmente il lavoro delle unità speciali della Direzione principale dell’intelligence del ministero della Difesa ucraino (HUR)”. Rifiutando però di fornire ulteriori dettagli per motivi di sicurezza.
Anche il quotidiano francese, Le Monde, in un suo articolo di pochi giorni fa, ha affermato di aver consultato una fonte ucraina, la quale ha confermato che uomini delle forze speciali di Kiev e membri dell’intelligence militare, si trovano attualmente in modo permanente in Sudan.
Alcuni video, pubblicati su diversi social network già il 6 ottobre scorso, sono stati analizzati dai specialisti di Bellingcat (collettivo investigativo indipendente di ricercatori, investigatori e giornalisti), che sono riusciti a geolocalizzare la posizione di un cecchino sulle montagne di Al-Markhiyat, a ovest di Omdurman. Nella città gemella di Khartoum, sulla altra sponda del Nilo, ha poi avuto luogo l’attacco del 6 novembre scorso ripreso nel filmato, combattimenti feroci riportati anche in un articolo di Africa ExPress del 10 novembre.
L’Ucraina sta tentando di espandere la sua presenza in Africa con l’obiettivo di combattere i paramilitari di Wagner e non solo. Kiev ha digerito male il fatto che solamente 28 governi africani su 54 avevano votato contro l’invasione russa in occasione della risoluzione proposta dalle Nazioni Unite il 2 marzo scorso.
Ma anche le strategie di RSF sono molteplici e visto che le sanzioni internazionali imposte ai vertici dei paramilitari ex janjaweed impediscono ai loro leader di recarsi all’estero, stanno lanciando il fratello minore di Hemetti, al-Gony Hamdan Dagalo, come nuovo “ambasciatore” del gruppo. Tant’è vero che African Intelligence ha riportato in un suo articolo di pochi giorni fa che il fratellino del leader dei tagliagole sudanesi sia stato visto a Roma lo scorso ottobre per una serie di incontri. Top secret sui suoi interlocutori. Finora non è spuntato alcun nome.
Al-Gony, poco conosciuto dai più, è residente a Dubai, è però molto attivo nell’ambito delle RSF: coordina le campagne online dei paramilitari e dirige le proprietà di famiglia in Sudan. Tra queste anche la GSK Advance Co, una holding che almeno fino alla fine del 2020, “ha lavorato con Aviatrade LLC, una società di forniture militari con sede in Russia”, afferma African Itelligence.
Secondo indagini giornalistiche di Africa Express, la società Aviatrend, di proprietà del russo Valery Cherny, è stata accusata di diversi trasferimenti di armi dagli arsenali dell’ex Unione Sovietica, specie quelli ucraini, ai più sanguinari dittatori africani, compreso a suo tempo il liberiano Charles Taylor. L’ Aviatrend è stata coinvolta nel riciclaggio di denaro di Slobodan Milošević.
Qualche anno fa l’Aviatrend ha trasferito 113 tonnellate di proiettili dall’Ucraina alla Costa d’Avorio. I documenti bancari mostrano la traccia del denaro: 1 milione di dollari è stato pagato alla società russa Aviatrend, che ha intermediato l’acquisto di armi e noleggiato l’aereo per la consegna. Un pagamento di 850.000 dollari è stato versato su un conto Aviatrend nella Cipro turca; il resto è stato versato su un altro conto Aviatrend presso la Chase Manhattan Bank di New York. Entrambe le transazioni riportavano il riferimento “Acquisto di materiale tecnico/strumenti di lavorazione del legno”.
Il ruolo svolto da al-Gony Dagalo in GSK è stato rivelato dall’ONG americana C4ADS, che lo descrive come la chiave di volta di una nebulosa rete di aziende specializzate in settori diversi come l’informatica, la logistica e l’agricoltura. GSK Advance LLC è stata sanzionata dal tesoro di Washington lo scorso settembre.
E come non bastassero i morti causati dalla guerra dei due generali, nell’Abeyi sono state ammazzate 32 persone. La regione gode di uno speciale statuto amministrativo e si trova tra il Sudan e il Sudan del Sud. Nella zona, ricca di petrolio e contesa tra i due Stati sin dall’indipendenza del Sud Sudan nel 2011, durante due aggressioni sono stati bruciati vivi nelle loro povere capanne molti bambini e donne. I feriti sono oltre 20, tra questi anche un casco blu della missione FISNUA (Forza di sicurezza provvisoria delle Nazioni Unite per l’Abeyi, ndr), mentre un altro ha riportato lesioni. Secondo alcune fonti, i due attacchi sarebbero stati perpetrati da uomini armati che indossavano divise dei militari sud sudanesi.
Mentre la scorsa settimana il governo di Khartoum ha chiesto ufficialmente di mettere fine alla Missione integrata delle Nazioni Unite per l’assistenza alla transizione in Sudan (UNITAMS), operativa dal 2020. Già a giugno il capo della missione, Volker Perthes, è stato dichiarato persona non grata nel Paese. Oltre al Sudan, anche la Repubblica Democratica del Congo ha preteso che i caschi blu di MONUSCO facciano i bagagli, mentre quelli di MINUSMA (Mali) stanno terminando la chiusura definitiva delle loro basi e dovrebbero lasciare la ex colonia francese entro la fine di dicembre.
Cornelia I. Toelgyes
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