Cornelia I. Toelgyes
6 novembre 2023
Venerdì scorso ha preso il via l’operazione Springbok, una vasta offensiva delle forze armate congolesi (FARDC) e dei caschi blu della Missione di pace delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO) contro i ribelli M23, che da ottobre hanno intensificato i loro attacchi nel Nord-Kivu, nell’est del Paese.
Come ha riferito il generale Otavio Rodrigues de Miranda Filho, comandante di MONUSCO, le continue aggressioni dei miliziani M23 (che prende il nome da un accordo, firmato dal governo del Congo-K e da un’ex milizia filo-tutsi il 23 marzo 2009), fanno temere potenziali attacchi a Sake e Goma, capoluogo del Nord-Kivu. L’operazione congiunta Springbok è volta a contrastare e fermare l’avanzata dei ribelli.
Secondo diverse fonti autorevoli, l’M23 è sostenuto dal governo ruandese. E a giugno gli esperti dell’ONU hanno presentato al Consiglio di Sicurezza un rapporto finale che documenta il coinvolgimento dell’esercito ruandese nella guerra nel Nord Kivu. Kigali continua a respingere le accuse.
Il comandante dei caschi blu ha specificato: “Per il momento si tratta solo di un approccio difensivo, ma se i ribelli dovessero tentare di attaccare Sake o Goma, cambieremo tattica e adotteremo la linea offensiva”. Infine ha aggiunto: “Il contingente ONU si è unito alle forze armate per proteggere la popolazione civile dai ribelli M23”.
Oltre al nome dell’operazione, non sono stati resi noti dettagli sull’intervento congiunto e, nonostante il lancio di Springbok, MONUSCO inizierà il suo ritiro dal Paese a partire da dicembre, come richiesto della presidenza congolese. I caschi blu, presenti in Congo K dal 1999, sono molto criticati dalla popolazione per non essere riusciti a contrastare gli attacchi perpetrati dai miliziani.
L’est del Congo-K è una zona particolarmente militarizzata, soldati di molte nazionalità ed eserciti sono stati sguinzagliati nel Paese, con il compito di sradicare i gruppi armati presenti sul territorio.
Alla fine di giugno dello scorso anno è nata una nuova forza militare, volta a contrastare i miliziani dei gruppi ribelli M23 e ADF. Il nuovo contingente di EAC (acronimo per Comunità dell’Africa Orientale), è coordinato dal Kenya. Viste le tensioni tra Kigali e Kinshasa le truppe ruandesi non ne fanno parte.
I militari dell’EAC operano in collaborazione con le autorità del Congo-K. Inoltre, cooperano in maniera complementare con le altre missioni internazionali, da quella di MONUSCO, alla Force Intervention Brigade (FIB) della SADC (Southern African Development Community), passando per il contingente UPDF (Uganda People’s Defens Forces), schierato a Beni e Ituri e presente nel Paese dal novembre del 2021.
I soldati ugandesi stanno dando la caccia ai terroristi di ADF (Allied Democratic Forces, un’organizzazione islamista ugandese, presente anche nel Congo-K dal 1995) che recentemente hanno ammazzato brutalmente anche una coppia di turisti in viaggio di nozze – inglese lui, di origine sudafricana lei – e la loro guida locale nel parco nazionale Queen Elizabeth, nell’Uganda occidentale.
I capi di Stato della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (SADC) si sono riuniti sabato scorso a Luanda, in Angola per discutere della grave situazione in Congo-K. Tra i temi discussi durante l’incontro si è parlato anche del dispiegamento di una forza regionale della SADC, per sostituire quella dell’EAC, visto che la loro presenza non è più gradita dalle autorità di Kinshasa.
Alla fine del vertice straordinario di SADC sono trapelati ben pochi dettagli. E’ stato solo evidenziato che Tanzania, Sudafrica e Malawi sono pronti a inviare le proprie truppe. I capi di Stato presenti hanno anche parlato del budget e della tabella di marcia, ma finora non è stato rilasciato nessun comunicato ufficiale a tale proposito.
Joâo Lourenco, capo di Stato dell’Angola e attuale presidente di SADC, lo scorso anno è stato nominato anche mediatore dall’Unione Africana per le tensioni tra Ruanda e Congo-K. Durante il vertice di sabato scorso i suoi colleghi gli hanno chiesto di intensificare gli sforzi per riavvicinare Kigali a Kinshasa.
La situazione umanitaria nell’est del Congo-K è catastrofica, e a causa dell’intensificarsi delle aggressioni e l’escalation delle violenze, molti residenti hanno lasciato e continuano a abbandonare le proprie case. Secondo l’ONU, gli sfollati sono ormai oltre 6,9 milioni, una cifra record, mai registrata in precedenza. La maggior parte di queste persone necessita di assistenza umanitaria. OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) sta cercando di assistere gli sfollati anche se il budget è ridotto all’osso. Finora sui 100 milioni di dollari richiesti, nelle casse dell’organizzazione sono entrati solamente 37 milioni.
Medici Senza Frontiere (MSF) ha lanciato un nuovo allarme poche ore fa: stanno aumentando i casi di colera nei campi per sfollati nel Nord-Kivu. In particolare in quello di Kanyaruchinya, che si trova a nord del capoluogo della provincia, sono stati registrati oltre 200 casi da settembre 2023. I più colpiti sono come sempre i più vulnerabili: donne e bambini.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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