Cornelia I. Toelgyes
5 ottobre 2023
Il medico congolese, Denis Mukwege, premio Nobel per la Pace 2018, si è candidato alle presidenziali, che si terranno il prossimo dicembre.
Mukwege non è ovviamente il solo in lizza per la corsa alla poltrona più ambita. La lista è già lunga e fino alla fine di questa settimana CENI (Commissione elettorale Nazionale Indipendente) accetta i dossier di altri possibili aspiranti alla presidenza. Il capo di Stato uscente, Félix Tshisekedi, è tra questi, e, già nel 2020, aveva annunciato che si sarebbe ricandidato alla prossima tornata elettorale. Nel lungo elenco troviamo anche Martin Fayulu e Moïse Katumbi, oppositori al regime, due nomi forti, che daranno certamente del filo da torcere a tutti, soprattutto a Tshisekedi.
E’ ancora presto, eppure nel Paese ci si interroga già sulle possibili alleanze e sui raggruppamenti che potrebbero emergere da qui alle elezioni. Attualmente Tshisekedi è in tour nel Katanga, feudo del suo rivale Katumbi.
Il ginecologo congolese, conosciuto nel mondo intero per aver curato e essersi occupate delle donne vittime di stupri nel suo Paese, ora vuole anche “prendersi cura” del proprio Paese, che, secondo lui, è diventato la “vergogna del continente”.
Solo fino a qualche mese fa il 68enne ginecologo non ha mostrato molto interesse per la vita politica, ha sempre rifiutato di candidarsi, perché temeva che il nuovo percorso potesse portarlo a un impasse, un vicolo cieco senza via d’uscita. In fine ci ha ripensato, e lunedì a Kinshasa ha detto ai suoi sostenitori: “Sono pronto. Sono il vostro candidato. “Il nostro Paese è lo zimbello del mondo, guidato da una classe dirigente corrotta e minacciato dalla balcanizzazione”, ha dichiarato Mukwege. Con queste parole ha manifestato apertamente di essere un oppositore del presidente uscente, suo rivale in questa prossima tornata elettorale.
Dopo la visita del Santo Padre a gennaio, il Congo-K è sparito dalle prime pagine dei media internazionali. Eppure gli attacchi continuano senza sosta, la gente muore ed è costretta a fuggire dalle proprie case per timore di essere ammazzata dai gruppi armati sempre, presenti nell’est del Paese. La situazione umanitaria è drammatica. Nelle province di Ituri, Nord-Kivu e Sud Kivu ci sono attualmente oltre 6 milioni di sfollati. Le violenze sessuali sulle donne sono all’ordine del giorno, un’arma da guerra antica quanto il mondo.
Ma sono sempre i bambini a pagare il prezzo più alto nei conflitti. Nei giorni scorsi UNICEF ha annunciato che nella Repubblica Democratica del Congo l’aumento dei casi di omicidio, mutilazione e rapimento di bimbi, dovuto all’intensificarsi delle violenze, gli sfollamenti di massa e la presenza dei gruppi armati vicino alle comunità, è davvero allarmante.
Sheema Sen Gupta, direttrice della Protezione dell’infanzia dell’UNICEF, ha raccontato in un comunicato: “Ho incontrato bimbi che sono sopravvissuti agli orrori del reclutamento forzato da parte di gruppi armati. Altri sono passati attraverso il trauma indescrivibile della violenza sessuale, atrocità che nessuno dovrebbe subire, tanto meno i minori”.
Nei primi sei mesi di quest’anno i bambini soldato sono aumentati del 45 per cento rispetto all’anno precedente, alcuni di loro sono addirittura al di sotto dei 5 anni. Mentre omicidi e mutilazioni sono cresciuti del 32 per cento.
Intanto MONUSCO (missione di pace dell’ONU presente in Congo-K dal 1999) sta preparando i bagagli. La partenza dei caschi blu è stata sollecitata lo scorso settembre da Tshisekedi, durante il suo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. “In quasi 25 anni, MONUSCO, con i suoi 15mila uomini, non è riuscita a far fronte ai ribelli e ai gruppi armati che stanno dilaniando il nostro Paese e tantomeno a proteggere la popolazione civile.
Il Consiglio di sicurezza ha preso atto della rinnovata richiesta del leader congolese ma ha riserve su una partenza accelerata dei caschi blu. Teme infatti che la popolazione possa essere troppo esposta alle violenze. Secondo i primi accordi, MONUSCO avrebbe dovuto lasciare il Congo-K per la fine del 2024, ora le autorità congolesi chiedono che il corpo di pace lasci il Paese già quest’anno.
Nell’est della ex colonia belga sono presenti forze armate di diverse nazionalità per dare la caccia ai molti gruppi armati presenti in quell’angolo di mondo. Oltre a quelle congolesi (FARDC), da oltre due anni ci sono anche militari di Kampala per contrastare il gruppo terrorista ADF (Allied Democratic Forces, un’organizzazione islamista ugandese, presente anche nel Congo-K dal 1995).
Alla fine di agosto 2022 sono arrivate anche le truppe burundesi nell’ambito di EAC (East African Community, che comprende Kenya, Tanzania, Uganda, Burundi, Ruanda, Sudan del Sud e Repubblica Democratica del Congo). Da tempo i militari di Gitega sono stati raggiunti da altri soldati provenienti da alcuni Paesi membri di EAC. Il mandato di EACRF (East African Community Regional Force), è stato rinnovato proprio i primi di settembre per altri tre mesi. Scadrà dunque poco prima delle elezioni.
Cornelia I. Toelgyes
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