Cornelia I. Toelgyes
2 ottobre 2023
Il Nicaragua è ormai sulla bocca di molti giovani africani che hanno deciso di lasciare il proprio Paese. Sì, il piccolo Stato dell’America centrale è diventato il nuovo trampolino di lancio per entrare negli Stati Uniti, il sogno di tanti.
Molti mauritani, ma anche senegalesi, maliani, somali e giovani di altre nazionalità africane hanno scoperto tramite i social media questa nuova rotta verso il Paese dello zio Sam. Un modo per bypassare il pericolosissimo Darien Gap, una foresta pluviale montagnosa tra la Colombia e il Panama. Molti muoiono durante questa lunga marcia, che dura almeno sei giorni.
Ma anche i viaggi via mare, attraverso l’Atlantico verso la Spagna o la traversata del Mediterraneo centrale sono sempre più pericolosi. Sono in molti, anzi moltissimi a morire nelle acque o essere respinti dalla guardia costiera libica. Basti pensare che nei primi sei mesi di quest’anno sono annegate o date per disperse almeno 1.300 persone nel tentativo di raggiungere le nostre coste.
Il terribile naufragio del 3 ottobre 2013, durante il quale morirono 368 migranti, è ancora vivo nella memoria di molti. Allora la maggior parte dei politici europei aveva dichiarato: “Non succederà mai più”. Subito dopo il governo Letta lanciava l’operazione “Mare Nostrum”, bloccata dopo un solo anno – nell’ottobre 2014 – perché troppo onerosa.
Sta di fatto che recentemente sono arrivati parecchi migranti a Tijuana, città messicana settentrionale, al confine con gli Stati Uniti, e a Oaxaca, nel meridione del Paese. Hanno spiegato di essere arrivati in Messico via il Nicaragua, che concede visti a basso costo per gli africani.
Infatti, anche OIM (Organizzazione Internazionale per i Migranti) ha riferito a Reuters, che quest’anno il trend della rotta verso gli States è cambiato. Tra gennaio e luglio 2023, solamente 4.100 africani hanno attraversato il Darien Gap, ben il 65 per cento in meno rispetto all’anno scorso. Mentre nei primi sette mesi di quest’anno, 19.412 sono passati per l’Hounduras, Paese confinante con il Nicaragua, vale a dire il 553 per cento in più del 2022.
Il viaggio verso gli USA è complesso e costoso. I giovani che possono permettersi questa rotta provengono da famiglie agiate, oppure hanno parenti che vivono già negli Stati Uniti, disposti a finanziarli.
Uno studente senegalese ha raccontato che il prezzo si aggira attorno a 8.000 euro e il tragitto è il seguente: Dakar – Casablanca – Madrid – Salvador – Nicaragua.
Hamidou, un organizzatore di questi viaggi, residente negli Stati Uniti e che i candidati alla migrazione chiamano “businessman”, si occupa dell’acquisto dei biglietti, facilita le operazioni all’aeroporto di partenza per evitare che i suoi clienti siano costretti a lasciare “laute mance” a poliziotti corrotti. In seguito istruisce i ragazzi anche sull’itinerario da seguire durante le varie tappe. Inoltre, ad ogni nuova trasferta invia loro un po’ di cash – denaro versato dai migranti sul suo conto in precedenza – per evitare che vengano derubati strada facendo.
Una volta atterrati in Nicaragua, i giovani continuano il pellegrinaggio in pullman o vetture collettive. Grazie a una rete di contrabbandieri e guide locali, i migranti generalmente riescono a attraversare senza problemi l’Honduras e il Guatemala per arrivare infine in Messico.
Una volta entrati clandestinamente negli USA, molti si consegnano poi spontaneamente alla polizia di frontiera per depositare una richiesta di asilo – 1.176 senegalesi hanno inoltrato domanda nel 2022 secondo l’UNHCR -. Una volta depositata la domanda, generalmente vengono poi trattenuti per qualche giorno nei campi di detenzione americani, ma poi, per la maggior parte dei migranti inizia una corsa contro il tempo per regolarizzare la propria situazione e per ottenere un permesso di lavoro. I più fortunati sono coloro che hanno familiari negli States. Gli altri, invece, a quel punto incontrano spesso grandi difficoltà, ma ovviamente ciò non viene mai menzionato sugli account dei social network dei trafficanti che pubblicizzano i viaggi della speranza.
Le motivazioni che spingono gli africani a lasciare le proprie radici sono sempre le stesse: “Scappiamo dall’insicurezza, dalle violenze, vogliamo una vita tranquilla, un futuro”, dichiarano i più.
I giovani senegalesi, per esempio, sono preoccupati per l’instabilità politica che sta attraversando il loro Paese. “Parecchi studenti del collegio di Bakel, nell’est del Senegal, dove insegno, sono partiti in questi ultimi mesi” – ha precisato un professore ai reporter di Le Monde.
Mentre una ragazza della Mauritania ha spiegato che i genitori hanno venduto parte della loro mandria per finanziare il suo viaggio. Molti di coloro partiti dall’aeroporto di Nouakchott hanno affermato di essere in fuga dall’insicurezza economica e dalle violenze di Stato nei confronti della popolazione nera del Paese.
La società mauritana è ancora suddivisa in caste. I “mauri” bianchi o “beydens”, di origini arabe-berbere, costituiscono la classe dominante, mentre gli haratines e gli afro-mauritani appartengono alla classe inferiore e non hanno quasi mai potuto occupare posti di prestigio nella società. E, non va dimenticato, che anche se la schiavitù è stata ufficialmente abolita nel 1981, di fatto esiste ancora. La ex colonia francese è stato l’ultimo Paese a cancellare tale asservimento.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@gotmail.it
Twitter: @cotoelgyes
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