SUDAN

Ucraina ed Emirati intervengono in Sudan e la pace si allontana

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
1° ottobre 2023

La popolazione continua a essere ostaggio dei due generali, Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemetti, leader delle Rapid Support Forces (RSF) e Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, presidente del Consiglio Sovrano e delle forze armate sudanesi. Il conflitto interno è scoppiato il 15 aprile scorso.

I morti non si contano più, uccisi da fame, pallottole e bombe lanciate da aerei e droni. E c’è chi mormora che persino l’Ucraina abbia inviato armi per sostenere al-Burhan.

CNN: droni ucraini in Sudan

La notizia è stata diffusa dalla CNN, citando una fonte militare ucraina, secondo cui i servizi di intelligence di Kiev sarebbero responsabili del trasferimento di materiale bellico. Alcuni attacchi con droni che avrebbero colpito le posizioni del RSF siano stati inviati dal Paese dell’Europa orientale. Il condizionale è d’obbligo, perché nemmeno la CNN è riuscita a verificare in modo indipendenti la notizia. Alcuni filmati, effettuati con un aeromobile senza pilota, ottenuti dall’emittente statunitense mostrano l’intervento ucraino.

Due tipi di droni disponibili in commercio e ampiamente utilizzati dalle forze armate di Kiev contro i russi, sono stati lanciati in almeno otto attacchi in Sudan, con testo ucraino visibile sul controller del mezzo aereo. Gli esperti hanno anche detto che le tattiche – in particolare lo schema dei droni che si dirigono in picchiata direttamente verso l’obiettivo – non è quello generalmente in uso in Sudan e in altri Paesi africani.

Ma perché Kiev interviene nel conflitto sudanese e si concentra sui miliziani RSF? Gli uomini di Hemetti sono stati anche addestrati dai paramilitari di Wagner, che combattono accanto ai soldati di Mosca nella guerra in Ucraina. Ovviamente il governo di Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj non ha rivendicato ufficialmente la responsabilità dell’aggressione. Ma dopo la pubblicazione del rapporto del 20 settembre scorso, Andrii Yusov, rappresentante dell’intelligence della Difesa ucraina, ha dichiarato alla CNN: “Non possiamo né confermare né smentire”.

Anche altri attori stranieri sono coinvolti nell’invio di armi in Sudan. Il New York Times, in un suo articolo del del 29 settembre scorso, afferma che gli Emirati Arabi Uniti stanno fornendo armi e assistenza sanitaria alle RSF da una base in Ciad.

Cargo proveniente dagli Emirati Arabi Uniti

Secondo il NYT, gli EAU con il pretesto di salvare rifugiati, forniscono armi potenti e droni, curano combattenti feriti e trasportano quelli più gravi via aerea in uno dei loro ospedali militari. Tali interventi sono stati confermati al quotidiano statunitense da una dozzina di ex funzionari e altri ancora in servizio degli USA, dell’UE e di diversi Paesi africani.

Gli incessanti voli partiti dagli Emirati Arabi Uniti verso il Ciad sono stati rintracciati anche da Gerjon, air tracker, e condivisi sul suo account X (ex Twitter). Da maggio a settembre sono arrivati ben oltre cento aerei nella piccola base della ex colonia francese.

Il centro operativo degli emiratini è Amdjarass. Da quando è iniziata la guerra in Sudan, l’agenzia di stampa degli EAU, ha pubblicato foto e sostiene di aver curato almeno 6.000 feriti sudanesi in un ospedale da campo. Ma gran parte degli oltre 400.000 profughi sudanesi che cercano protezione in Ciad si trovano a Adre, molto vicino al confine con il Darfur, pochissimi, invece, sarebbero quelli registrati a Amdjarass.

Non è la prima volta che Abu Dhabi interviene in conflitti interni in Africa. Durante la guerra in Tigray aveva fornito droni a Abiy Ahmed, primo ministro etiopico e, contravvenendo a un embargo internazionale sul materiale bellico, aveva armato il controverso generale libico Haftar.

Al-Burhane durante l’assemblea generale dell’ONU a New York

Durante il suo intervento all’assemblea generale dell’ONU a New York, il presidente sudanese al-Burhan ha affermato di essere pronto a incontrare Dagalo, capo delle RFS, che fino all’inizio della guerra era il suo vice. Al-Burhan ha però precisato che la controparte deve assolutamente rispettare la protezione dei civili, impegno preso a Gedda lo scorso maggio.

Formalmente gli Emirati Arabi Uniti stanno lavorando per riportare la pace in Sudan, in quanto fanno parte del gruppo diplomatico che comprende anche Stati Uniti, Gran Bretagna e Arabia Saudita. I quattro stanno cercando di mediare una fine negoziata del conflitto. Ma nel frattempo, le armi emiratine non fanno altro che alimentare il conflitto, seminando morte e disperazione.

Piove sempre sul bagnato. In questi 5 mesi sono già morti oltre 1.200 piccoli sotto i cinque anni. Gran parte di loro sono vittime di malnutrizione grave. Altri, invece, sono stati contagiati dal morbillo, che da quelle parti una malattia letale. In molti campi l’assistenza medica è precaria e i cicli vaccinali sono stati sospesi.

A Gedaref e nelle sue vicinanze si è aggiunto anche il colera, dove sono già morte 16 persone. Si teme che il batterio possa espandersi anche in altre regioni. E per non far mancare nulla alla popolazione tanto provata, il ministero della Sanità di Khartoum ha lanciato anche l’allerta della febbre dengue (malattia virale diffusa da alcuni tipi di zanzare), già registrata in 8 Stati del Sudan.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

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Photocredit: CNN

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Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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