Africa ExPress
23 settembre 2023
In seguito alla forte recrudescenza delle violenze in diverse zone del Mali, le celebrazioni ufficiali per il 63° anniversario dell’indipendenza sono state ridotte al minimo in tutto il territorio nazionale.
A Bamako, il capo della giunta, Assimi Goïta, a margine di una parata militare, ha assicurato che lo Stato riprenderà il totale controllo di tutti i territori, senza però precisare entro quanto tempo.
Intanto questa mattina si è schiantato un aereo Illouchine 76, numero di registrazione TZ98, durante la fase di atterraggio all’aeroporto di Gao. Il mezzo trasportava attrezzature e uomini. Finora non si sa se si ci sono stati morti o feriti. Secondo quanto riferito da testimoni oculari, sono state udite diverse esplosioni provenienti dal serbatoio del carburante. Le indagini sono tutt’ora in corso, ma secondo alcune indiscrezioni non confermate, l’aeromobile sarebbe stato gestito dai paramilitari russi di Wagner.
Nel frattempo nel nord della ex colonia francese l’insicurezza peggiora di giorno in giorno: Timbuctù, il gioiello del Sahel (iscritta nel 1988 nella lista dell’UNESCO dei patrimoni dell’umanità), è sotto assedio di JNIM (Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani) dall’inizio di agosto. Da allora è sottoposta a un blocco totale, che impedisce alle decine di migliaia di abitanti di lasciare la città o di ricevere rifornimenti dall’esterno.
E giovedì, secondo quanto riferito dal governatore Bakoun Kanté, cinque persone sono morte mentre la città veniva colpita da diverse granate, lanciate dai terroristi. Altri 20 residenti sarebbero rimasti feriti, ha confidato ai reporter di Le Monde un operatore sanitario che vuol restare anonimo.
Il raggruppamento JNIM è stato fondato nel marzo 2017, guidato da Iyad Ag-Ghali, vecchia figura indipendentista touareg, diventato capo jihadista e fondatore di Ansar Dine, in italiano: ausiliari della religione (islamica). Il “consorzio” comprende diverse sigle, oltre a Ansar Dine, Katiba Macina, sono presenti anche AQMI (al Qaeda nel Magreb Islamico), Al-Mourabitoun.
Da qualche settimana si è riaperto anche un altro conflitto nel nord del Mali tra l’esercito dei golpisti di Bamako e i ribelli dell’Azawad, firmatari dell’accordo di Pace e di riconciliazione del 2015. Accordo più che mai traballante. Anzi, alcuni esperti, come Serge Daniel, giornalista e una delle voci più autorevoli dell’Africa sub sahariana, ritengono che l’accordo sia ormai praticamente nullo.
Il cessate il fuoco accordato anni fa malgrado la sfiducia reciproca, è stato seriamente compromesso nelle ultime settimane, facendo temere una diffusa ripresa degli scontri.
Basti pensare che una settimana fa i combattenti del CMA (acronimo francese per Coordination des mouvements de l’Azawad, raggruppamento dei principali gruppi ribelli che hanno firmato l’accordo di Algeri, ndr), lo scorso 17 settembre hanno mostrato i muscoli, occupando per breve tempo la base delle forze maliane (FAMa) di Léré, a sud-est di Timbuctù, al confine con la Mauritania.
“Hanno colto di sorpresa i soldati di FAMa e li hanno scacciati, sequestrando armi e attrezzature militari, prima di ritirarsi in buon ordine”, ha riferito un dignitario di un altro gruppo ribelle.
Durante i combattimenti, la CMA ha anche rivendicato l’abbattimento di un caccia Albatros L-39, uno degli aerei forniti a Bamako da Mosca all’inizio dell’anno.
Solo qualche giorno prima, i ribelli hanno attaccato un altro campo dell’esercito maliano a Bourem, città strategica per i belligeranti. Infatti si trova su un asse trasversale est-ovest che collega Timbuctù a Gao e all’incrocio delle vie d’accesso che portano a Kidal, santuario dei ribelli tuareg. Nel 2012 i militanti avevano proclamato l’indipendenza dell’Azawad nel nord del Mali. A metà agosto nella stessa zona si sono verificati combattimenti per il controllo della base di Ber.
Da quando hanno preso il potere i golpisti nel 2020, il monitoraggio dell’accordo di pace è praticamente stato bloccato . Il ritiro dell’operazione francese Barkhane e l’imminente partenza dei caschi blu di MINUSMA (missione di pace delle Nazioni Unite in Mali), hanno risvegliato le ostilità. E, secondo quanto riferito dal rappresentante speciale dell’ONU in Mali, El Ghassim Wane, durante il Consiglio di Sicurezza del 28 agosto scorso, le posizioni dei firmatari dell’accordo di Algeri sull’occupazione delle basi liberati da MINUSMA sono in forte contrasto.
Le autorità di Bamako riprenderanno tutti i campi di MINUSMA una volta evacuati ma “La CMA si oppone al dispiegamento dell’esercito nelle aree sotto il loro controllo”, ha aggiunto infine l’alto diplomatico dell’ONU, preoccupato per “la grave mancanza di fiducia tra le parti”.
“La giunta militare ci tratta come terroristi e ha messo alla porta la comunità internazionale (Barkhane nel 2022, con l’arrivo dei mercenari di Wagner e i caschi blu ora, ndr) e rifiuta qualsiasi mediazione da parte degli stranieri. Non c’è più alcun dialogo con Bamako, dunque siamo costretti ad andare in guerra”, ha precisato un membro della CMA.
“Il CMA, pur di proteggere Kidal, sarebbe anche disposto a unire le proprie forze con i terroristi del JNIM”, ha denunciato un leader tuareg, pur sperando ancora in una ripresa del dialogo con Bamako.
Va però però ricordato che nel 2012 i movimenti indipendentisti tuareg e arabi sono stati completamente sopraffatti dai gruppi jihadisti, che ancora oggi sono i più attivi in tutta la zona.
Una settimana fa i leader delle giunte golpiste di Bamako, Niamey e Ouagadougou hanno siglato un accordo militare, Charte du Liptako-Gourma (prende il nome delle aree nella cosiddetta regione delle tre frontiere: Mali, Burkina Faso, Niger). Si tratta di un’alleanza degli Stati del Sahel con lo scopo di creare un sistema di difesa collettivo e di assistenza reciproca.
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