Speciale per Africa ExPress
Federica Iezzi
12 settembre 2023
Secondo l’Istituto Geologico degli Stati Uniti (USGS), le coordinate della scossa che ha devastato il Marocco, la notte di venerdì scorso, cadono su Oukaïmedene, nella provincia di Al Haouz, regione di Marrakech-Safi. Dopo venti minuti un’altra violenta scossa ha investito la città di Taroudant, nella regione di Souss-Massa.
Regno di sci e snowboard, Oukaïmedene è famoso per dar vita a eventi sportivi invernali. Fino allo scorso inverno raccoglieva turisti, sportivi e giornalisti da tutto il mondo. E oggi? “La mia gente ha perso tutto. Ci sono zone dove non si può arrivare perché le strade non esistono più. I morti sono ancora sotto terra”, ci dice Rachida Sabihi.
Mentre si moltiplicano le scosse di assestamento, la gente dorme ancora all’aperto e la notte le temperature scendono sotto i 15°C. Nei villaggi scavati nelle montagne dell’Alto Atlante si costruiscono tende di fortuna, per proteggere gli anziani e i bambini, gli altri restano svegli.
Si sfiorano quasi i 3000 morti e il numero di feriti cresce di ora in ora.
Il Marocco ha annunciato ufficialmente la collaborazione con almeno cinque Paesi: Spagna, Regno Unito, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Ieri sera si è aggiunta l’Algeria, secondo quanto dichiarato dal ministro della giustizia del Marocco Abdellatif Ouahbi.
“A Muhammadiyah non ci sono stati tanti danni, io vivo lì”. Rachida è rappresentante in Marocco dell’Union des Conducteurs Routiers de l’Afrique de l’Ouest (UCRAO). Racconta che in un villaggio nella provincia di Chichaoua, nella regione di Marrakech-Safi, di 300 abitanti ne sono rimasti vivi solo 10. “Abbiamo bisogno di tutto. Vestiti, coperte, cibo, acqua da bere, medicine”, continua Rachida.
Gli ospedali sono presi d’assalto, molti sono stati danneggiati dallo stesso terremoto, e il materiale sanitario non è sufficiente per l’afflusso continuo di feriti “I malati restano negli atri esterni degli ospedali perché tutti hanno paura di nuovi crolli. Anche per religione il popolo marocchino è riservato, così si cerca di mantenere umanità in mezzo al disastro”.
Le ambulanze non sono equipaggiate per raggiungere le aree rurali “Donne incinte sono morte sotto le macerie con alcuni dei bimbi ancora vivi”. Sono queste le parole strazianti, con un filo di voce rotto, di Rachida.
Nelle comunità rurali si vive in case fatte di mattoni di argilla e blocchi di calcestruzzo, molte delle quali non sono più in piedi o non sono più sicure da abitare. I muri caduti hanno esposto le viscere delle case, mentre le macerie scivolano giù dalle colline.
Le Forces Armées Royale del Marocco hanno schierato aerei, elicotteri e droni per la ricerca e il soccorso. I servizi di emergenza hanno mobilitato gli aiuti nelle aree più colpite, ma le strade che conducono alla regione montuosa intorno all’epicentro, restano bloccate dalla permanente caduta di massi.
Non c’è elettricità di sera e il rumore dei generatori satura l’aria, così come il pianto dei bambini sopravvissuti che non hanno più una famiglia.
Federica Iezzi
federicaiezzi@hotmail.it
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