Cornelia I. Toelgyes
10 settembre 2023
I terroristi del Sahel si stanno scatenando. Secondo un funzionario della sicurezza di Bamako, si tratta di un “offensiva generale”.
Il bilancio di questa settimana è davvero pesante, gran parte degli attacchi sono stati rivendicati da Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani (JNIM), fondato nel marzo 2017, guidato da Iyad Ag-Ghali, vecchia figura indipendentista touareg, diventato capo jihadista e fondatore di Ansar Dine, in italiano: ausiliari della religione (islamica). Il “consorzio” comprende diverse sigle, oltre a Ansar Dine, Katiba Macina, sono presenti anche AQMI (al Qaeda nel Magreb Islamico), Al-Mourabitoun.
Mercoledì scorso JNIM ha ammesso un’operazione contro i mercenari del gruppo Wagner a Ségou, nel centro del Paese. Si mormora che ci siano stati anche morti tra i contractor russi, ma ovviamente finora non è stata rilasciata nessuna conferma ufficiale. Attualmente in Mali ci sono 1.600 mercenari, ma la loro presenza continua essere negata da Bamako, nonostante le conferme di numerosi funzionari russi, nonché dallo stesso Evgeny Prigozhin, fondatore e ex capo di Wagner, poco prima di morire in un incidente aereo alla fine di agosto.
Mentre il giorno seguente i sanguinari terroristi hanno preso di mira il “Timbuctù”, un battello per il trasporto di passeggeri sul fiume Niger. Il natante, di proprietà della società pubblica Comanav, è stato centrato da ben tre razzi. La vile aggressione è avvenuta nell’area di Gourma-Rharous, tra Timbuctù e Gao. “La nave può trasportare fino a 300 passeggeri”, ha confidato un funzionario della compagnia di navigazione ai reporter del luogo, ma non ha voluto precisare quante persone ci fossero bordo al momento dell’attacco.
Lo stesso giorno il gruppo terrorista ha assalito un distaccamento dell’esercito maliano (FAMA) a Bamba, nella regione di Gao, nel nord del Mali.
Durante gli attacchi di giovedì sono morti almeno 49 civili e 15 militari, ma il bilancio è ancora provvisorio. Il presidente del governo di transizione, Assimi Goïta, ha indetto un lutto nazionale di 3 giorni.
GNIM ha rivendicato il massacro di Bamba sulla piattaforma di propaganda Al-Zallaqa. Lo ha riferito SITE, sito statunitense, specializzato nel monitoraggio dei gruppi radicali. In un comunicato rilasciato dal governo di Bamako, le autorità affermano che anche l’aggressione al battello è opera del JNIM. Hanno inoltre precisato che grazie al pronto intervento dell’esercito sono stati neutralizzati 50 terroristi.
E venerdì un nuovo assalto. Stavolta all’aeroporto di Gao. In un breve messaggio sui social network, l’esercito maliano lo ha descritto come un “attacco kamikaze molto complesso”, ma non ha fornito alcun dettaglio sulle vittime.
Fonti indipendenti hanno raccontato che nei vari attacchi perpetrati dai terroristi in questi giorni, le vittime sarebbero almeno un centinaio e decine di persone risulterebbero ancora disperse. Molti feriti sono stati trasportati all’ospedale di Gao. La società civile si è subito mobilitata e ha fatto un appello urgente per la donazione di sangue.
Infine la città di Timbuctù, è sotto assedio del JNIM dall’inizio di agosto, ma le autorità maliane continuano a negarlo.
Da ben 30 giorni per i camion provenienti dall’Algeria e dalla Mauritania è impossibile l’ingresso in città e così i prezzi sono aumentati a dismisura. Scarseggiano olio, patate, semola, zucchero e soprattutto il carburante. La Perla del Sahel è stata oggetto di diversi attacchi e, secondo fonti OCHA (Ufficio degli Affari Umanitari delle Nazioni Unite), più di 30.000 residenti avrebbero abbandonato le proprie case.
Il comandante militare della zona, Mamadou Souleymane Koné, ha cercato di rassicurare la popolazione, denunciando che si tratta solamente di una campagna mediatica.
La mobilitazione dell’esercito ha rassicurato alcuni abitanti di Timbuctù, ma anche preoccupato altri: molte famiglie, in particolare arabe e tuareg, hanno preferito lasciare la città: sarebbero fuggite per la minaccia jihadista, ma anche per paura di rappresaglie da parte dei soldati maliani e dei loro ausiliari russi di Wagner. Timore accentuato qualche settimana fa con l’arrivo delle forze armate maliane e di Wagner nel campo militare di Ber, a circa 60 chilometri da Timbuctù.
La missione delle Nazioni Unite (Minusma), cacciata dalla giunta al potere, ha appena lasciato due basi vicino a Timbuctù: Ber e Goundam che sono state consegnate alle autorità maliane come previsto dal protocollo.
Ma ciò ha dato anche origine a nuovi combattimenti con i jihadisti, che si sono estesi anche nel vicino Niger e in Burkina Faso. La situazione è preoccupante- Dalle minacce, i jahadisti del JNIM sono passato ai fatti e con lo smantellamento delle basi di MINUSMA, il cui mandato prevedeva anche la protezione dei civili, la popolazione è disperata.
I gruppi a maggioranza tuareg hanno siglato un accordo di pace con lo Stato maliano nel 2015. Il Coordinamento dei movimenti dell’Azawad (CMA), firmatario del trattato, non ha nascosto il suo disappunto per la sistemazione dell’esercito e dei suoi alleati della Wagner nelle basi lasciate da MINUSMA.
Funzionari dell’ONU hanno spiegato che anche gli altri campi militari occupati dai caschi blu in Mali saranno consegnate alle autorità maliane entro latine dell’anno. Saranno loro a deciderne la destinazione se quindi concederle o meno all’esercito insieme ai contractor di Mosca.
Anche in Burkina Faso non mancano le incursioni dei jihadisti. Qualche giorno fa nelle vicinanze del campo di Ouahigouya, capoluogo della provincia di Yatenga, nel nord del Paese, i terroristi hanno massacrato 17 soldati e 36 volontari per la difesa della patria (VDP).
Finora la carneficina non è stata rivendicata, ma secondo Ouagadougou, sarebbero state ammazzate alcune decine di terroristi sin fuga. Le ricerche degli altri sarebbero ancora in corso.
Mentre solo pochi giorni prima dell’attacco, le forze armate burkinabé avevano annunciato di aver ucciso in diverse province, tra il 7 agosto e il 1° settembre, ben 65 miliziani: “Grazie a tale operazione, molti sfollati sono potuti ritornare nei loro villaggi”, aveva specificato lo Stato maggiore dell’esercito.
E all’inizio del mese il presidente della giunta militare al potere, Ibrahim Traoré, ha ricevuto una delegazione russa, capeggiata dal viceministro alla Difesa, Younous-Bek Evkourov. Al colloqui era presente anche il suo omologo burkinabé, Kassoum Coulibaly.
Cooperazione militare, tecnica, economica e nucleare sono stati al centro dei dialoghi tra le parti. Il capo della delegazione russa ha inoltre rassicurato a Ouagadougou il sostegno del suo Paese in campo militare.
Cornelia I. Toelgyes
Corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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La moschea ritratta nella foto non è a Timbuctù ma è a Djenne. Ed è un icona del Mali per cui non saperlo è come non sapere che la Tour Eiffel è a Parigi e non a Nantes. La cosa da già all'articolo un non so che di ridicolo. Ma il vero ridicolo è dimenticare di precisare che, come scrisse Repubblica in un momento di rara lucidità, "Ag Ghali sa bene chi reclutare fra i touareg arruolati nell'esercito di Gheddafi e sbandati dopo la sconfitta del colonnello. Sono addestrati, sono armati, ci sono i soldi di Al Qaeda e del narcotraffico". Includendo questa piccola precisazione il concetto di fondo sostenuto dall'articolo non regge più e anzi si ribalta. Non era la Francia, con la sua presenza miiitare, a garantire un minimo di sicurezza in Mali ma è stata la Francia, con il suo interventismo in Libia, a destabilizzare non solo il Mali ma l'intero Sahel.