ERITREA

I tentacoli del regime di Asmara arrivano in Israele: battaglia urbana tra agenti del regime e rifugiati

Speciale per Africa ExPress
Martin Plaut*
Londra, 6 settembre 2023

L’articolo originale in inglese si legge qui

Sabato si è verificata una rivolta su larga scala in Israele tra gruppi che si sono attaccati a vicenda con pali, mattoni e qualsiasi altra cosa su cui potessero mettere le mani. Gli scontri nelle strade di Tel Aviv hanno portato almeno 160 feriti, di cui otto sono in gravi condizioni. Feriti anche una cinquantina di agenti di polizia, la maggior parte dei quali ha riportato contusioni e altre lesioni causate dal lancio di pietre.

Tel Aviv: scontri tra eritrei pro regime e oppositori

Questa volta gli scontri non hanno avuto nulla a che fare con i problemi perenni del Paese con la popolazione palestinese o con gli Stati arabi confinanti. La violenza si è scatenata tra gruppi di rifugiati eritrei fuggiti in Israele. Tuttavia, le differenze all’interno della comunità di esuli eritrei sono così profonde che si sono attaccarti a vicenda, persino con armi da fuoco.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha reagito chiedendo l’immediata espulsione degli eritrei coinvolti nei violenti scontri. Ma ha poi precisato:

“Oggi, nella speciale squadra ministeriale che ho istituito, abbiamo cercato di prendere nell’immediato diverse misure, tra queste la deportazione di 1.000 sostenitori del regime che hanno partecipato a questi disordini. E’ ovvio che questi non hanno diritto allo status di rifugiato. Sostengono il regime. Se sostengono così tanto la dittatura eritrea, farebbero bene a tornare nel loro Paese d’origine”.

Ed è proprio questo il motivo della protesta. Il Primo Ministro ha ragione nel sottolineare che una delle fazioni è costituita da sostenitori del governo eritreo, che evidentemente non ha alcun motivo reale per chiedere asilo in Israele.

Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano

La rivolta di Tel Aviv è stata un evento pre-pianificato tra i sostenitori del governo eritreo e i loro oppositori della comunità eritrea in esilio.

Profonde divisioni nella diaspora

Gli eritrei che sostengono il governo del presidente Isaias Afwerki – tra i più spietati dittatori al mondo – hanno organizzato per tutta l’estate una serie di cosiddetti “festival” in Europa e in Nord Africa. Questi eventi vengono letteralmente orchestrati dalle ambasciate eritree in collaborazione con i sostenitori locali dell’unico partito legale dell’Eritrea, il Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia (PFDJ).

Apparentemente i “festival” riuniscono i membri della comunità locale per ballare, cantare e mangiare cibo eritreo. Ma sono molto più che eventi culturali. Si tengono dal 1974, e hanno avuto inizio a Bologna. Come ha detto un blogger eritreo: “A tutti gli effetti, Bologna era la seconda città dell’Eritrea”.

C’erano partite di calcio con squadre che rappresentavano i tanti Paesi nei quali vivevano gli esuli: Italia, Germania e Svezia, oppure le città in cui risiedevano, come Milano, Firenze e Bologna.

Allora agli eritrei piaceva il festival di Bologna, ma sin dall’inizio le celebrazioni avevano un altro scopo. Era state concepito per legare la comunità degli esuli al partito al potere – un processo che si è cementato dopo l’indipendenza dell’Eritrea nel 1993. Con la lealtà è arrivato un secondo obiettivo: raccogliere fondi per la lotta di liberazione dall’Etiopia e, una volta raggiunta, per pagare i programmi governativi avviati dal dittatote Isaias.

A tal fine, il presidente ha inviato i suoi ministri e funzionari più anziani per intervenire durante gli eventi.

Nel 2014, in occasione del quarantesimo anniversario del primo festival di Bologna, il PFDJ ha organizzato una festa di tre giorni in città. Sono state invitate figure chiave del regime eritreo, tra cui Yemane Gebreab, direttore politico della dittatura, Yemane Gebremeskel, direttore dell’Ufficio del Presidente e Osman Saleh.

Scontri tra eritrei rivali

Infuriati per il fatto che la leadership eritrea potesse far sentire la propria presenza in modo così diretto in una città in cui tanti esuli avevano cercato rifugio, i membri dell’opposizione hanno affrontato direttamente gli organizzatori del festival. La risposta è stata violenta: una forza di sicurezza filogovernativa, identificata come “Eriblood“, è stata fotografata con i pugni in aria, mentre picchiava i manifestanti e si lanciava con le auto contro di loro.

Eriblood

Dal 2014 le proteste pro e antigovernative sono cresciute man mano di intensità. Quest’anno si sono registrati scontri in tutto il mondo, dagli Stati Uniti, alla Svezia, alla Svizzera, ai Paesi Bassi, alla Germania, al Regno Unito e, lo scorso fine settimana, anche in Israele.

I gruppi coinvolti sono ora più preparati

Da parte del regime di Asmara, “Eriblood è stato sostituito da due gruppi: Eri-Mekhete e Quarto Fronte, entrambi sostenuti da eritrei che appoggiano il presidente Isaias. “Mekhete” è una parola in tigrino che indica “volontà di reagire contro chiunque ci attacchi”. Il Quarto Fronte è la comunità dei migranti eritrei che dovrebbe raccogliere fondi e screditare l’opposizione.

Prima degli scontri di sabato a Tel Aviv, sui social media sono apparse immagini che mostrano eritrei che giurano la loro fedeltà a Eri-Mekhete e al presidente Isaias.

La sfida è stata raccolta da due movimenti che riuniscono gli oppositori del regime eritreo.

Bright Future (guidato da BeyeneGerezgiher) mobilita gli eritrei che contestano apertamente il regime, pubblicando nomi e recapiti di contatti in tutto il mondo.

La seconda è la Brigata Nehamedu (traducibile approssimativamente come “pronti a combattere e a sacrificarsi”). Si tratta di un gruppo più informale che utilizza i social media per organizzare i propri sostenitori. Si descrive come “una risposta eritrea di protesta alla rinnovata propaganda aggressiva, odiosa e guerrafondaia della PFDJ e agli eventi di raccolta fondi presentati come Festival eritreo“.

Tra questi gruppi di sostegno e di opposizione al governo di Asmara si sono riuniti centinaia di eritrei che sono scesi in piazza a Tel Aviv lo scorso fine settimana. Gli scontri che ne sono seguiti sono stati inevitabili.

Membri di Eri-Mekhete

Prima dell’evento, il movimento democratico eritreo ha scritto alla polizia israeliana, chiedendo di annullare il festival, “per evitare violenze che mettono in pericolo la vita umana”.

L’avvertimento è stato ignorato dalle autorità e l’evento si è svolto con conseguenze prevedibili.

Il governo eritreo, colpito dalla minaccia della propria influenza sulla comunità eritrea in esilio e dalle osservazioni di Netanyahu, ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che gli scontri sono stati “futili atti di sovversione – perpetrati attraverso gruppi manovrati e disonesti”. La dichiarazione ha attribuito la responsabilità degli scontri ad agenzie di intelligence straniere, tra questi il servizio segreto israeliano, il Mossad.

L’accusa di Asmara è poco credibile. La rabbia e le frustrazioni generate nella diaspora eritrea sono sufficienti a tenere in vita queste proteste e contro-dimostrazioni.

Finché il governo eritreo vorrà mantenere i suoi “festival” e i giovani rifugiati saranno determinati a farli cessare, gli scontri sembrano destinati a continuare.

Martin Plaut*
©️RIPRODUZIONE RISERVATA

*Martin Plaut è un giornalista e accademico specializzato in conflitti in Africa, in particolare nel Corno d’Africa. Ha lavorato come giornalista per la  BBC News dal 1984 al 2012 ed è membro di Chatham House. Dal 2019 Plaut è ricercatore senior presso l’Institute of Commonwealth Studies dell’Università di Londra.

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Redazione Africa ExPress

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