Cornelia I. Toelgyes
4 settembre 2023
Il sentimento anti-francese non si placa in Niger dopo il colpo di Stato del 26 luglio scorso. Una base militare nigerina che ospita anche truppe francesi nei pressi della capitale di Niamey è stata nuovamente teatro di manifestazioni sabato scorso.
Anche a Quallam, nella regione di Tillaberi, zona delle 3 frontiere (Mali, Niger, Burkina Faso), dove i terroristi sono particolarmente attivi, la gente è scesa nelle strade, visto che anche qui sono presenti militari francesi (per lo più legionari), che svolgevano attività anti terroriste insieme ai loro colleghi nigerini.
Altri soldati d’oltralpe si trovano a Ayorou, a pochi chilometri dal confine con il Mali. Sia a Niamey che a Quallam la gente ha urlato: “Soldati francesi, non abbiamo più bisogno di voi”.
I militari francesi, che collaboravano in stretto contatto con quelli nigerini prima del golpe, ora hanno cessato qualsiasi attività in attesa di una nuova collocazione. Nella regione saheliana l’unica destinazione ancora possibile è il Ciad, in quanto, dietro richiesta del governo di Bamako, i soldati di Parigi dell’Operazione Barkhane, hanno lasciato il Mali nel 2022, dopo l’arrivo dei mercenari russi del gruppo Wagner e anche la giunta militare al potere in Burkina Faso ha annunciato la fine dell’Operazione Sabre all’inizio di quest’anno.
Le tensioni tra Parigi e Niamey si sono deteriorate ulteriormente da quando Emmanuel Macron, capo di Stato francese, ha denunciato pubblicamente di non riconoscere il regime putschista che ha spodestato Mohamed Bazoum, eletto democraticamente nel 2021. poco più di un mese fa.
Sta di fatto che il governo francese ha insistito che il proprio ambasciatore, Sylvain Itte, accreditato a Niamey, restasse nel Paese, malgrado la minaccia dei golpisti di procedere alla sua espulsione, perché dichiarato persona non grata. Ma in base all’articolo 22 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, i locali delle ambasciate sono inviolabili e gli agenti dello Stato in cui si trovano “non possono entrarvi se non con il consenso del capo della missione”.
Intanto si sono affievolite le pressioni di ECOWAS (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale) per un intervento militare immediato in Niger. Bola Tinubu, presidente della Nigeria a capo dell’Organizzazione regionale, giovedì, in occasione di un incontro con leader religiosi islamisti ha precisato che nessuno è interessato a una guerra. Ha poi ricordato che al proprio Paese furono concessi 9 mesi di transizione nel 1990.
ECOWAS ha però smentito categoricamente di aver proposto ai golpisti un calendario riguardante la transizione. Anzi, in un comunicato ha precisato: “Chiediamo il ritorno immediato dell’ordine costituzionale e la liberazione del presidente Bazoum”.
La popolazione è la più colpita dalle sanzioni internazionali. Secondo la Banca Mondiale, nel Paese, uno tra i meno sviluppati al mondo, oltre il 40 per cento della popolazione vive in condizioni di estrema povertà. Questo fatto però non ha impedito alla giunta militare, capeggiata da Abdourahmane Tchiani, di vietare alle istituzioni internazionali, comprese quelle delle Nazioni Unite e alle ONG, incluse quelle nigerine, qualsiasi attività nelle zone dove sono in atto operazioni militari. Cioè, nei fatti, ovunque. L’annuncio di Niamey sta creando grande preoccupazione per quanto concerne la distribuzione alla gente degli aiuti.
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha ai golpisti chiesto la creazione di un corridoio umanitario per alleviare la pressione sui centri di transito in Niger, dove sono intrappolati migliaia di migranti. “Per il momento non abbiamo la possibilità di organizzare voli charter e, di conseguenza, le persone rimarranno lì per settimane, se non mesi”, ha dichiarato Christopher Gascon, direttore regionale dell’OIM.
Finora non è chiaro quali siano le zone dove sono in atto operazioni militari. Sta di fatto che, malgrado la giunta avesse dichiarato di aver preso il potere anche per questioni di sicurezza, gli attacchi dei jihadisti si sono moltiplicati. Basti pensare che nella zona del tre frontiere ad agosto sono stati ammazzati civili e militari in ben 9 aggressioni.
Ma il problema della nuova giunta militare non sono solamente i jihadesti del Sahel. Devono confrontarsi anche con i Boko Haram e i loro cugini di ISWAP (acronimo per Provincia dell’Africa occidentale dello Stato islamico, ndr), molto attivi non solamente in Nigeria, ma anche nel bacino del lago Ciad, situato nella parte centro-settentrionale dell’Africa sui confini di Nigeria, Niger, Ciad e Camerun e nei Paesi limitrofi.
Dal 2014 ad oggi le persone in fuga dai sanguinari terroristi Boko Haram – sempre molto attivi nel nord-est della Nigeria e nei Paesi confinanti – cercano rifugio e protezione nell’area del lago Ciad..
In Niger è particolarmente colpita anche la zona di Diffa e per contrastare i gruppi ribelli, nel 2015 è stata istituita la Multinational Joint Task Force (MNJTF). Ne fanno parte militari delle forze armate di Niamey, Benin, Camerun, Ciad e Nigeria. La base centrale della Task Force è nella capitale N’Djamena. Certo non sarà facile una collaborazione tra le varie truppe, in particolare con quelle inviate dagli Stati membri di ECOWAS, come, appunto, Niger e Benin.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
Twitter: @cotoelgyes
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