Costantino Muscau
29 agosto 2023
Le prime gare le ha vinte correndo scalza. Con la gravidanza ha messo su 19 chili. Pochi mesi dopo il parto ha ripreso a correre e a vincere. E non si è più fermata. Che donna.
Più che una donna, un mito; più che un’atleta, un’icona del Kenya, consacrata anche ufficialmente dal presidente Ruto l’inverno scorso. Ecco perché c’è chi ha detto che il più grande uomo del Kenya ai Mondiali di Atletica leggera conclusisi domenica a Budapest, è stato una…. donna: Faith Kipyegon, 29 anni, nata a Ndabibit, vicino a Keringet, (circa 230 km da Nairobi), nella regione di Nakuru. In 4 giorni sulle rive del Danubio è stata semplicemente mostruosa: il 22 agosto ha centrato il terzo mondiale di fila nei 1500 metri. Il 26 agosto ha dominato i 5 mila, la prima donna a realizzare questa doppietta.
È stato il coronamento una stagione da sogno. Il 2 giugno a Firenze aveva stabilito il record mondiale sui 1500, una settimana dopo a Parigi si era ripetuta sui 5 mila. E il 24 luglio aveva segnato il nuovo primato planetario sul miglio nel principato di Monaco. Terzo record in 2 mesi.
Nel 2016 alle Olimpiadi di Rio de Janeiro si era cinta d’oro sui 1500, poi si era ritirata dallo sport per far nascere, nel 2018, la bambina Alyn. Però nel 2020 era riemersa alle Olimpiadi di Tokio per fregiarsi ancora dell’oro. Come fa il Danubio che sprofonda alle Porte di Ferro per ricomparire maestoso, inarrestabile.
Grazie alle sue due medaglie d’oro conquistate ora nel “Centro nazionale di Atletica leggera” sulla sponda orientale proprio del Danubio, Faith ha salvato dal naufragio lo sport del suo Paese.
Gli atleti maschi di Nairobi, infatti, hanno clamorosamente deluso in tante gare, dagli 800, ai 1500, ai 10 mila metri e alle maratone. Parziale consolazione da un’altra esponente del sesso cosiddetto debole, Mary Moraa, 23 anni. In una delle ultimissime gare del campionato mondiale, gli 800 metri, domenica sera, la Moraa ha surclassato la superfavorita, statunitense Athing Mu, 21 anni, e ha dato la terza medaglia d’oro al suo Paese.
Una gran bella soddisfazione per la Moraa, che ha avuto un’infanzia molto difficile: rimasta orfana di entrambi i genitori a due anni, è stata allevata dai nonni a Kisii, città nella zona sudoccidentale al centro del circuito turistico che include le celebri mete del Masai Mara e del Ruma National Park.
La brillante attività sportiva ha consentito alla giovane mezzofondista di proseguire gli studi con una borsa di studio. Il successo negli 800 metri ha fatto sì che (sia pure all’ultimo momento) il Kenya superasse la “concorrente” Etiopia nel conteggio delle medaglie d’oro: tre a due.
Sarebbero potute essere quattro le medaglie più pregiate dopo i 3 mila siepi donne. Questa corsa, infatti, sempre nella tarda serata di domenica, ha visto il seguente ordine di arrivo: prima Winfred Yavi, 24 anni, (Bahrein), 2ª Beatrice Chepkoech, 32, (Kenya), 3ª Faith Cherotich, 19, (Kenya)! Poteva essere un en plein nero, rosso e verde, in quanto la Yavi è nata in Kenya ed è cittadina della nazione mediorientale dal 2016.
Complessivamente, comunque, grazie alle sue donne il Kenya salva la faccia ed è primo nel medagliere dei Paesi africani. Terzo è l’Uganda, ormai entrato nell’Olimpo dei grandi: due primi posti sui 10 mila metri con Joshua Cheptegei, 26 anni, e sulla maratona con Victor Kiplangat, appena 23enne.
Distintivo pregiato anche per il Marocco: il suo fuoriclasse, Soufiane El Bakkali, 27 anni, ha dominato per la seconda volta consecutiva i 3 mila siepi uomini. È, per lui, la quarta medaglia di fila: nel 2017 argento a Londra, bronzo a Doha nel 2019, oro a Eugene (Oregon, Usa) nel 2022.
Anche in questa specialità, il Kenya maschile, un tempo inarrestabile, ha fallito: Abraham Kibiwot, 27 anni, si è dovuto accontentare del bronzo. Sconfortante anche la conclusione degli 800 metri: la vittoria è sfuggita al giovanissimo ex pastorello Emmanuel Wanyonyi, 19 anni, che lasciò le scuole (in terza elementare) per rientrarvi sette anni dopo. È stato bruciato sul traguardo da Marco Arop, 24, canadese di Khartoum! Anche su questa distanza il Kenya spadroneggiava. Non per niente il record mondiale maschile e femminile appartengono a due kenyani: David Rudisha e Pamela Jelimo.
Insomma, dalle parti di Nairobi ai mondiali di Budapest è suonato un campanello d’allarme. Per fortuna keep Faith, abbi fede, si dice riferendosi al nome della Kipyegon e alla sua determinazione. “La mia esperienza dice che la maternità non deve essere la fine, ma un nuovo inizio. La maternità mia ha reso più forte, è questo il messaggio che lancio alle donne del Kenya”, è solita ripetere la campionessa.
Da Budapest viene anche un altro esempio di coraggio. Nell’Ungheria di Viktor Orban, che – come comunica “Vie di Fuga-Osservatorio permanente sui rifugiati – nel 2022 ha concesso asilo a 30 rifugiati e si sono presentati anche sei atleti in rappresentanza dei rifugiati. L’ultimo a scendere in pista è stato, domenica mattina, Omar Hassan, classe 1990, esordiente nella maratona, fuggito dall’Etiopia nel 2014. Si è classificato al 41° posto su 60 arrivati, a circa 9 minuti dal vincitore Victor Kiplangat.
Costantino Muscau
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