Afghanistan due anni dopo: devastata la vita delle donne

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Speciale per Africa ExPress
Federica Iezzi
19 agosto 2023

Due anni dopo la conquista dell’Afghanistan, attraverso più di 50 editti, ordini e restrizioni, i talebani hanno sistematicamente imposto una serie di politiche di disuguaglianza, meticolosamente costruite, che continuano ad avere un impatto devastante su ogni parte della vita di una donna.

Una classe di ragazzine in una scuola in Afghanistan

Prima sono arrivate le limitazioni all’istruzione e al diritto al lavoro, poi l’applicazione di rigidi codici di abbigliamento, le imposizioni sulla libertà di movimento senza un tutore di sesso maschile (mahram) e l’accesso ai luoghi pubblici.

A nulla sono serviti i due decenni di guerra. Quando le forze statunitensi e della NATO si sono ritirate dal Paese, due anni fa, è iniziata una lenta e misera involuzione.

E di fatto i talebani, ancora oggi, non affrontano alcuna opposizione significativa che possa rovesciarli. Hanno evitato le divisioni interne. Hanno tenuto a galla un’economia in difficoltà, anche se la comunità internazionale nega il riconoscimento formale. Hanno migliorato la sicurezza interna attraverso la repressione di gruppi armati dissidenti.

Una raffica di migliaia di denunce sulla condizione femminile in Afghanistan ha straripato nell’opinione pubblica. Governi stranieri, gruppi per i diritti umani, organismi globali, agenzie umanitarie hanno condannato le restrizioni. Le Nazioni Unite hanno affermato che rappresentavano un grave ostacolo al riconoscimento internazionale dei talebani come governo legittimo dell’Afghanistan. Niente si è tramutato in concretezza.

Anzi, la Banca Mondiale ha recentemente dichiarato che la valuta locale, l’afghani, ha guadagnato valore rispetto alle principali valute. I clienti possono dunque prelevare più denaro dai depositi individuali e tale riscossione delle entrate viene descritta come sana.

Anche se i talebani sono ufficialmente isolati sulla scena globale, sembrano avere interazioni e legami sufficienti con i Paesi della regione, tra cui Cina, Kazakistan, Russia e Pakistan che si stanno avvicinando lentamente alla normalizzazione, premendo per la fine delle sanzioni. Il gioco si chiude con l’interesse globale, che ben presto si trasforma in cooperazione con i talebani, in materia di narcotraffico, rifugiati e antiterrorismo.

In breve la comunità internazionale, come le Organizzazioni Non Governative presenti in loco, si sono allineate alle regole dei talebani.

Le donne hanno risposto alle restrizioni marciando per le strade delle città afghane, chiedendo il diritto al lavoro e allo studio. Sono state violentemente fermate dal governo talebano.

Donne afghane protestano davanti al ministero del la promozione della virtù e la repressione del vizio

Le restrizioni sono state introdotte in modo incrementale. Nel dicembre 2021, il Ministero per la promozione della Virtù e la prevenzione del Vizio ha ordinato alle donne, che avrebbero percorso distanze superiori a 72 km, di essere accompagnate da un parente stretto di sesso maschile.

Mentre le donne cominciavano a scomparire dalla vita pubblica, esattamente un anno dopo, il Ministero dell’Istruzione ha ordinato anche a tutte le università pubbliche e private di sospendere l’istruzione femminile. E solo pochi giorni dopo, il Ministero dell’Economia ha revocato i permessi di lavoro delle donne dipendenti di Organizzazioni Non Governative locali e internazionali.

La realtà è che a dominare il secondo anno di governo dei talebani c’è la crudele esclusione delle donne afghane da parchi, palestre, piscine, università e posti di lavoro, magari semplicemente perché non indossano l’hijab adeguato.

Federica Iezzi
federicaiezzi@hotmail.it
Twitter @federicaiezzi
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA

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