Cornelia I. Toelgyes
13 agosto 2023
Gli orrori che si consumano quotidianamente in Sudan sono indescrivibili: violenze sessuali che stanno crescendo a dismisura in tutto il Paese e in Darfur si stanno riaprendo vecchie tensioni etniche che, come hanno riferito al Consiglio di Sicurezza alcuni funzionari delle Nazioni Unite, “potrebbero inghiottire il Paese”.
Si stima che dall’inizio del conflitto, scoppiato il 15 aprile scorso tra i due generali, Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, capo delle forze armate (SAF) e presidente del Sudan e Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemetti, leader delle Rapid Support Forces (RSF), siano morte almeno 3.900 persone, gli sfollati sono oltre 3 milioni, mentre un altro milione ha cercato protezione nei Paesi limitrofi. Il numero dei civili deceduti durante i bombardamenti o il fuoco incrociato durante i combattimenti sul campo sono in forte crescita, altrettanto aumentano morti e feriti da parte delle fazioni in conflitto.
Venerdì scorso i governativi hanno intensificato gli attacchi contro le postazioni dei paramilitari nella regione di Khartoum, in particolare a Omdourman, città gemella di Khartoum sull’altra sponda del Nilo.
Ma non basta la guerra, o ci si mette pure la stagione delle piogge e forti precipitazioni che si sono abbattute la scorsa settimana in alcune zone nel nord del Paese hanno costretto almeno 500 famiglie a fuggire per cercare riparo altrove. Già da mesi – la stagione delle piogge inizia a giugno in Sudan – medici e ONG hanno lanciato l’allarme che forti precipitazioni, causate anche dal cambiamento climatico, potrebbero trasformarsi in un vero disastro per altri milioni di persone.
Secondo quanto riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in alcune zone, praticamente impossibili da raggiungere per le squadre di soccorso a causa della guerra in atto, sono già stati segnalati focolai di colera e morbillo.
L’Oms ha poi precisato che quasi l’80 per cento degli ospedali dell’ex protettorato anglo-egiziano sono chiusi a causa del conflitto in atto e le poche strutture sanitarie ancora operanti, sono sovente sotto tiro e faticano a fornire assistenza.
Gli operatori umanitari lamentano problemi di sicurezza, ostacoli burocratici e attacchi mirati che impediscono loro di fornire l’assistenza tanto necessaria alla popolazione in ginocchio.
La guerra dura ormai da quattro mesi. Ovviamente nessuno aveva previsto che lo scontro tra i due generali sarebbe durato tanto a lungo. Anzi, al-Burhan per primo era convinto che il tutto si sarebbe risolto nel giro di due settimane, perché convinto di conoscere a fondo le capacità di intervento dei paramilitari, mentre il suo ex vice, Hemetti, ora il suo acerrimo nemico, ha giurato che le RSF sarebbero uscite vincitori da questo sanguinario conflitto.
Ma le RSF si sono resi conto da subito che la guerra sarebbe stata più lunga del previsto e hanno immediatamente messo sotto stretta sorveglianza i punti d’ingresso della capitale e le linee di rifornimento, ha spiegato a VOA un’ex ufficiale sudanese che ha preferito mantenere l’anonimato per ragioni di sicurezza.
Ora le SAF cercano di mantenere le basi chiave di Khartoum e continuano a lanciare raid aerei sulla capitale e le città limitrofe, ma in base a alcuni analisti militari, i governativi non hanno la forza della fanteria della RSF, che è “essenziale data la natura urbana della guerra”.
Se da un lato i sanguinari paramilitari stanno rafforzando le loro posizioni sul campo di battaglia, sono sempre più odiati dalla popolazione a causa di continui abusi e violenze. E L’Osservatorio dei conflitti in Sudan, sostenuto dagli Stati Uniti, in un rapporto del 2 agosto scorso ha rilevato che in Darfur le RSF di Hemetti e le “forze allineate” (le milizie arabe ndr) hanno distrutto almeno 27 città.
Mentre il 4 agosto, Gran Bretagna, Norvegia e Stati Uniti hanno condannato “le segnalazioni di uccisioni su base etnica e di diffuse violenze sessuali” nel Darfur da parte dell’RSF e delle milizie alleate.
Anche oggi, secondo quanto riferito da alcuni testimoni, sono divampati nuovi scontri a Nyala e in altre zone del Darfur meridionale. Durante i combattimenti sono stati danneggiati corrente elettrica, tubature dell’acqua e reti di telecomunicazione. Nella giornata di ieri sono stati uccisi otto civili, secondo quanto riportato dall’Associazione degli Avvocati del Darfur.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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