Cornelia I. Toelgyes
7 agosto 2023
La notte scorsa, poche ore prima della scadenza dell’ultimatum posto dall’ECOWAS (la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale conosciuta anche con l’acronimo francese CEDEAO) al Niger, la giunta militare golpista ha chiuso lo spazio aereo. Ha voluto così prevenire la minaccia di un intervento militare.
In queste ore tutti gli occhi sono puntati sulla prossima mossa dei leader del blocco regionale nei confronti del regime di Niamey.
L’organizzazione ha minacciato di intervenire militarmente nel caso non sia liberato e reintegrato il presidente Mohamde Bazoum, eletto democraticamente nel 2021 e ostaggio dei golpisti dal 26 luglio scorso.
Il 30 luglio l’ECOWAS aveva dato alla giunta putschista, al potere dal 26 luglio scorso, sette giorni di tempo, pena l’uso della “forza”. Il ministero degli Esteri francese ha dichiarato di “sostenere con fermezza e determinazione gli sforzi dell’ECOWAS per sconfiggere questo tentativo di colpo di Stato”.
Qua e là sono state tenute sporadiche piccole manifestazioni per le strade di Niamey in favore alla giunta militare, Conseil National pour la Sauvegarde de la Patrie (CNSP) (Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Nazione), capeggiata dall’ex capo della guardia presidenziale, Abdourahamane Tchiani, che ha dichiarato di non voler cedere alle pressioni esterne per ritirarsi dopo la presa di potere del 26 luglio scorso. Insomma, nessun segno di opposizione evidente da parte della popolazione.
Allo Stade Général Seyni Kountché, il più grande stadio di tutto il Paese, nel pomeriggio di ieri si sono riuniti invece quasi 30.000 sostenitori dei golpisti. Il raduno è stato organizzato da diverse associazioni della società civile e allo stadio erano presenti anche alcuni membri del CNSP.
Mentre sabato sera un centinaio di persone ha partecipato a un sit-in nei pressi di una base aerea di Niamey, suonando le vuvuzela (trombette di plastica) e intonando melodie militari. I manifestanti si sono impegnati a opporre resistenza non violenta a sostegno della nuova amministrazione guidata dall’esercito.
Finora tutto tace ancora da parte dell’ECOWAS dopo giorni di intensi contatti diplomatici su più fronti. sono stati attivati diversi canali. Il presidente di transizione del Ciad, Mahamat Déby Itno, si è recato a Niamey domenica scorsa e questa settimana una delegazione dell’organizzazione ha trascorso alcune ore nella capitale, ma senza aver potuto incontrare il generale Tchiani, capo della giunta, e tantomeno il presidente Bazoum, ostaggio dei putschisti.
In previsione di un potenziale intervento militare, i capi di Stato maggiore dei Paesi membri del blocco regionale, ad eccezione di Mali, Guinea e Burkina Faso, Paesi guidati da giunte militari golpiste, hanno messo a punto una strategia di intervento ad Abuja. Venerdì sera hanno poi annunciato di aver definito i dettagli della missione, di aver individuato le risorse e di essere pronti a partire se i leader dell’ECOWAS daranno il via libera.
Anche se l’Algeria, Paese confinante con il Niger, ha condannato il golpe militare, il presidente, Abdelmadjid Tebboune, ha detto di essere assolutamente contrario a un intervento militare nel Paese. Secondo Algeri, “il ritorno all’ordine costituzionale deve assolutamente essere raggiunto con mezzi pacifici, per evitare ulteriore instabilità in Niger e nell’intera regione. A questo punto va ricordato che Algeri continua a espellere migranti subsahariani senza documenti verso il Niger, in base a un accordo siglato nel 2014 tra i due Paesi. Ovviamente, con un eventuale intervento militare tali espulsioni, che si susseguono con un ritmo di almeno un convoglio alla settimana, potrebbero essere soggetti a una sospensione.
L’attuale presidente di ECOWAS, il capo di Stato della Nigeria, Bola Tinubu, proprio per tentare di salvare il salvabile, ha inviato settimana scorsa una delegazione a Niamey, capeggiata da Abdulsalami Abubakar, leader militare nigeriano che nel 1999 ha consegnato il potere ai civili. Doveva avviare negoziati con i golpisti. Ma Tchiani si è rifiutato di ricevere i mediatori.
Militari delle forze armate di Niamey fanno parte insieme a quelli di Benin, Camerun, Ciad e Nigeria della Multinational Joint Task Force (MNJTF), costituita per contrastare i terroristi Boko Haram e i loro cugini di ISWAP (acronimo per Provincia dell’Africa occidentale dello Stato islamico, ndr), gruppi attivi non solo in Nigeria, ma anche nei Paesi confinanti e particolarmente sulle sponde del lago Ciad. Con MNJTF combattono fianco a fianco, per poi trovarsi gli uni di fronte all’altro con le truppe dell’ECOWAS.
E proprio parlamentari e politici del Paese più popoloso dell’Africa hanno espresso perplessità e preoccupazione su un eventuale intervento militare in Niger.
Intanto la giunta militare nigerina si è rivolta qualche giorno fa ai mercenari della società russa Wagner. I primi contatti sono stati presi in Mali in occasione della recente visita del generale Salifou Mody, componente del CNSP. Durante il suo breve soggiorno, Mody ha incontrato il presidente di transizione di Bamako, Assimi Goïta. Il contatto tra un esponente dei mercenari di Wagner, molto attivo in Mali e il generale nigerino è stato confermato a AP da Wassim Nasr, giornalista e ricercatore presso il Centro Soufan.
Quello in Niger è settimo colpo di Stato in soli tre anni in Africa occidentale e centrale. Ovviamente quest’ultimo ha particolarmente scosso la regione occidentale del Sahel, tra le più povere del mondo e che ha un’importanza strategica per Russia, Cina e ovviamente l’Occidente, anche a causa dei ricchi giacimenti di uranio e petrolio del Niger.
Pare che la società francese Orano (ex Areva) continui, almeno per ora, l’attività di estrazione dell’uranio nel nord del Niger. E anche le autorità di Benin hanno dichiarato qualche giorno fa che l’oleodotto Zidane-Cotonou, opera finanziata e realizzata da Pechino tramite la West African Oil Pipeline Company-Bénin (WAPCO-BENIN), filiale del gruppo cinese China National Petroleum Company (CNPC), non è soggetto alle sanzioni imposte a Niamey dall’ECOWAS.
Intanto gli Stati Uniti hanno sospeso i programmi di aiuto al governo del Niger, mentre, come ha sottolineato il segretario del Dipartimento di Stato di Washington, Antony Blinken, “continueremo a fornire aiuti umanitari “essenziali” nel Paese.
E solo pochi giorni dopo il golpe, il ministro degli Affari esteri francese, Catherine Colonna, ha annunciato “la sospensione immediata di tutte le operazioni di aiuto allo sviluppo e di sostegno al bilancio”. Secondo quanto si legge nel sito di Agence française de développement (AFD), nel 2021 Parigi ha stanziato 97 milioni di euro.
Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
Twitter: @cotoelgyes
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