TUNISIA

Tunisia ritira dal confine con la Libia centinaia di migranti deportati da Sfax

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
12 luglio 2023

Il governo di Tunisi ha ritirato dalla frontiera con la Libia, dalla cosiddetta  terra di nessuno, una fascia desertica larga un centinaio di metri che segna il confine tra i due Paesi, i migranti sub sahariani che erano stato lì deportati. I giovani africani neri sono stati distribuiti in diverse città nel sud del Paese.

Tunisia: essere neri non è un crimine

Dopo violenti scontri scoppiati a Sfax, città costiera della Tunisia, tra residenti e giovani subsahariani, che affluiscono sempre più numerosi da tutto il continente per tentare di imbarcarsi verso Lampedusa, gli stranieri sono stati portati via con la forza la scorsa settimana.

Salsabil Chellali, di Human Rights Watch (HRW), direttrice dell’ufficio di Tunisi, responsabile per il nord-Africa e il Medioriente, ha detto ad AP, che tra 500 e 700 persone che si trovavano al confine con la Libia sono state evacuate.

Alcune ONG sono però molto preoccupate per la sorte di decine e decine di altre persone, che sono state trasferite da Sfax in una zona vicina alla frontiera con l’Algeria. La direttrice di HRW ritiene che i migranti sono 150-200. Si teme per la loro vita se i soccorsi dovessero tardare. Alcuni media hanno riportato il ritrovamento di due migranti morti nella zona desertica tra la Tunisia e l’Algeria.

Esauste e disidratate, le persone recuperate dalle autorità tunisine al confine con la Libia, nella zona cuscinetto militarizzata di Ras Jdir, sono state divise in diversi gruppi. Alcune sono state portate a Mednine, in una scuola secondaria sorvegliate dalle forze di sicurezza, mentre altre in un istituto scolastico a Ben Gardane e, come i loro compagni, sono sotto stretta sorveglianza.

I reporter di Al Jazeera, gli unici presenti nella zona tra la frontiera tunisina e libica, hanno potuto documentare le sofferenze dei deportati. Alcuni migranti hanno mostrato profonde ferite, che, secondo il  racconto dei giovani, sarebbero state inflitte dagli agenti di sicurezza della Tunisia. Mentre altri hanno detto di essere stati costretti a bere acqua salata.

Secondo il racconto di un uomo intervistato da HRW, una donna e il suo bambino sarebbero morti durante il parto. La ONG ha anche precisato che sei delle persone espulse sono richiedenti asilo, regolarmente registrati dall’UNHCR.

Il presidente tunisino, Kaïs Saïed, lo scorso febbraio ha definito le persone proveniente da Paesi sub sahariani come “orde di immigrati clandestini, fonte di violenza, crimini e atti inaccettabili”. Parole che hanno avuto un effetto disinibitorio anche su alcuni popolari influencer e artisti algerini. E, come riporta Le Monde, la cantante raï Cheba Warda ha dichiarato di appoggiare il piano di deportazione del presidente Abdelmadjid Tebboune, anche se questi non ha fatto alcun discorso sull’argomento.

Eppure, anche le autorità algerine continuano a espellere migliaia di migranti nel deserto. Oltre ai commenti razzisti ai quali sono soggetto in Algeria, i migranti vivono sotto la continua minaccia  di deportazione. Secondo l’ONG Alarm Phone Sahara, che viene in loro aiuto, le autorità di Algeri hanno rimandato in Niger più di 11.000 persone tra gennaio e aprile 2023. La stessa fonte ha poi precisato che dal 2018 si susseguono al ritmo di almeno un convoglio a settimana, espulsioni che verrebbero effettuate sulla base di un accordo siglato da Algeri e Niamey nel lontano 2014.

Persone di varie nazionalità si trovano attualmente a Assamaka, piccolo villaggio in Niger (dove la temperatura supera frequentemente i 45°), al confine con l’Algeria, chiedono di essere rimpatriate quanto prima.

Baraka Meraia, influencer algerina

Lo scorso giugno, Baraka Meraia, una influencer algerina con oltre 275.000 follower, ha denunciato il razzismo del quale lei stessa è stata vittima. Originaria di In Salah, che dista oltre mille chilometri a sud di Algeri, la giovane donna ha raccontato di essere stata scambiata in diverse occasioni per una migrante subsahariana e nessuno dei presenti è intervenuto in sua difesa. Un déjà vu, comune un po’ in tutti i Paesi dove la maggioranza della popolazione non è nera.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
©Riproduzione Riservata

Sfax violente manifestazioni

 

 

 

 

 

 

Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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