Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
1° luglio 2023
Ieri mattina il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha messo un punto finale al mandato della Missione integrata multidimensionale di stabilizzazione dell’ONU (MINUSMA) a partire dal 30 giugno 2023.
L’istituzione ha chiesto di avviare immediatamente la cessazione delle operazioni e il trasferimento dei compiti, nonché la riduzione e il ritiro del personale per completare il processo entro il 31 dicembre 2023.
La risoluzione 2690 (2023), presentata dalla Francia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU insieme a Russia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Cina, è stata adottata all’unanimità. E’ stato inoltre deciso che fino al 30 settembre 2023 MINUSMA è autorizzata a rispondere alle minacce imminenti di violenza contro i civili e a contribuire alla fornitura di assistenza umanitaria sotto la guida di civili.
La liquidazione di MINUSMA inizierà il 1° gennaio 2024 e per tutto il periodo sarà mantenuta un’unità di guardia per proteggere il personale, le installazioni e le proprietà della Missione. Alcune delegazioni hanno chiesto al governo militare di transizione del Mali di rispettare l’accordo sullo status dei caschi blu fino alla partenza dell’ultimo militare della missione.
E’ chiaro che la missione ONU in Mali, che comprende 11.676 militari, 1.588 personale di polizia, 1.792 civili (859 nazionali – 754 internazionali, compresi 179 volontari delle Nazioni Unite), per un totale di 15.056 non può partire dall’oggi al domani. E va anche ricordato che durante i quasi 10 anni di permanenza nella ex colonia francese hanno perso la vita 196 caschi blu.
La richiesta del ritiro immediato della missione ONU è stata presentata al Consiglio di Sicurezza del Palazzo di Vetro dal ministro degli Esteri maliano, Abdoulaye Diop, lo scorso 16 giugno e ha sorpreso un pochino tutti. E, sul tavolo dei lavori erano già pronte varie opzioni per la riorganizzazione di MINUSMA; Bamako ha scelto invece diversamente: ha voluto che i caschi blu facessero i bagagli per lasciare il Paese quanto prima.
Le tensioni tra l’ONU e il governo militare di transizione sono aumentate con l’arrivo dei mercenari russi di Wagner nel 2021. Da allora varie restrizioni governative hanno ostacolato le operazioni aeree e terrestri di MINUSMA. E non si esclude che Berlino, che solo a maggio aveva prolungato la permanenza delle proprio truppe in Mali fino a fine maggio 2024, riporti a casa i propri uomini al più presto. Ma, secondo quanto ha detto il portavoce del ministero della Difesa tedesco, Arne Collatz, “Un ritiro caotico e frettoloso come quello dall’Afghanistan non si deve ripetere. Abbiamo imparato la lezione. Una smobilitazione troppo veloce causerebbe costi elevatissimi”.
La missione dell’ONU non risponde alle aspettative del governo di Bamako, vuole contrastare il terrorismo in modo diverso, che va oltre la dottrina della missione di pace delle Nazioni Unite. Insomma una forza più robusta, più offensiva che non contesti la violazione dei diritti umani. MINUSMA e esperti dell’ONU hanno documentato in numerosi rapporti non solo le violenze jihadiste, ma anche quelle dell’esercito maliano e dei suoi partner russi, mercenari di Wagner. Informazioni, secondo Bamako, imbarazzanti per la popolazione e potenzialmente rischiose in caso di procedimenti giudiziari contro i leader politici e militari maliani e russi.
La goccia che senza ombra di dubbio ha fatto traboccare il vaso è il rapporto che riguarda l’operazione militare di Moura nel 2022. Nel rapporto pubblicato lo scorso maggio, il Palazzo di Vetro accusa le forze maliane e i combattenti stranieri del massacro di 500 persone.
Ma sia Mosca che Bamako hanno sempre negato la presenza di mercenari russi. Si tratterebbe di personale addetto all’addestramento delle truppe maliane per combattere i terroristi. Già nel 2021 Reuters aveva fatto sapere che il governo ha stipulato un contratto diretto con Wagner, pagando circa 10,8 milioni di dollari al mese per i suoi servizi.
Il potente ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, durante una conferenza stampa ha però precisato: “Il futuro dei contratti firmati tra vari Paesi africani e il gruppo mercenario Wagner è una questione che riguarda i governi che hanno concluso tali accordi”.
Mentre martedì scorso, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che Wagner è stato “completamente finanziato” dallo Stato. Ha anche precisato che circa 86 miliardi di rubli (circa 940 milioni di dollari) sono stati pagati al gruppo tra maggio 2022 e maggio 2023. Non è stato però chiarito quali prestazioni comprendono.
Secondo quanto riportato dal quotidiano statunitense Politico, le agenzie di stampa statali russe TASS e Ria Novosti, avrebbero raccontato che Putin, durante un incontro con i funzionari del ministero della Difesa, avrebbe sottolineato: “La manutenzione dell’intero Gruppo Wagner è stata interamente finanziata dallo Stato. Il ministero della Difesa, il bilancio statale, ha finanziato completamente questo gruppo”. Dunque Putin avrebbe riconosciuto per la prima volta che il gruppo Wagner, fondato nel 2014 da Yevgeny Prigozhin, gode di stanziamenti di fondi pubblici.
Cornelia I. Toelgyes
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Bamako chiede all’ONU: “Ritirate immediatamente i caschi blu”