Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
25 giugno 2023
Solo pochi giorni fa, in occasione della revisione periodica di MINUSCA (missione di pace dell’ONU nel Paese) la Repubblica Centrafricana ha chiesto nuovamente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la revoca totale dell’embargo sulle armi.
Ovviamente il principale alleato di Bangui, la Russia (membro permanente del Consiglio di Sicurezza), ha appoggiato la richiesta invocando la “sovranità” della Repubblica Centrafricana e gli altri tre Paesi africani che attualmente fanno parte dell’Istituzione (Mozambico, Gabon e Ghana) si sono schierati con la ex colonia francese.
Nel 2020 l’embargo è stato allentato, ma ora Bangui ritiene che è arrivato il momento di mettere un punto finale, visto che dopo l’accordo di pace e di riconciliazione siglato con i ribelli quattro anni fa, il Paese è più stabile. Inoltre, visto che i rapporti con MINUSCA non sono tra i migliori, le autorità di Bangui vorrebbero evitare di notificare gli acquisti di armi alla missione dell’ONU.
Ma già all’inizio del 2018, Mosca aveva ottenuto una parziale abolizione dell’embargo in vigore in Centrafrica, inviando fucili d’assalto, pistole e lanciarazzi RPG. E con le armi sono arrivati i contractor di Evgenij Prigozhin (patron dei Wagner), ufficialmente approdati a Bangui per proteggere il presidente, Faustin Touadéra e il suo regime.
Giacché le casse dello Stato sono vuote a causa del lungo e sanguinoso conflitto interno iniziato nel 2013, il governo di Bangui ha dato in concessione diversi giacimenti auriferi al gruppo Wagner.
Società e manager russi vicini a Wagner hanno poi saputo trasformare, grazie a notevoli investimenti, anche piccole miniere artigianali in grandi siti di estrazione. Il tutto lascia pensare a una presenza dei contractor progettata a lungo termine.
Non essendo ben chiaro il reale legame tra il Gruppo Wagner e il Cremlino, Washington si chiede se il denaro guadagnato dalla società paramilitare russa viene reinvestito nelle sue truppe e risorse in Ucraina. Oppure se i profitti vengono depositati nelle casse del governo di Mosca.
In questi anni, i mercenari si sono macchiati di crimini atroci nei confronti della popolazione centrafricana. Indagini in tal senso sono state svolte dalla ONG Human Rights Watch e da esperti del Palazzo di Vetro. E a maggio, i commercianti di un quartiere della capitale hanno abbassato le serrande per protestare contro le continue vessazioni, racket e rapimenti commessi dai contractor di Mosca.
Anche se il Paese è ora più stabile, i combattimenti continuano e la provincia di Haut-Mbomou, nel sud-est della Repubblica Centrafricana, è stata nuovamente teatro di violenze. Lo scorso 20 giugno, sono scoppiati scontri tra il gruppo di autodifesa locale “Zandé Ani Kpi Gbé’ e i ribelli dell’UPC (Unità per la Pace nella Repubblica Centrafricana), membri della coalizione CPC (Coalizione dei patrioti per il cambiamento). Si combatte per il controllo della sottoprefettura di Mboki, in una regione dove il governo centrale è per lo più assente.
Secondo quanto riporta Corbeaunews Centrafrique (quotidiano online), durante gli scontri sarebbero morti 5 civili e 40 miliziani delle due fazioni, mentre oltre 5mila residenti avrebbero lasciato le proprie case.
Alla fine di maggio, il presidente Faustine Archange Touadéra ha poi annunciato che il 30 luglio prossimo si terrà il referendum per una nuova Costituzione, che permetterebbe all’attuale capo di Stato di ricandidarsi nuovamente alla prossima tornata elettorale. Una scelta politica molto criticata non solo nel Paese, ma anche oltre le frontiere.
Touadéra è stato eletto nel 2016 e, nel 2020 in piena crisi di sicurezza, motivo per il quale solamente un elettore su 3 è riuscito a recarsi alle urne, è stato riconfermato come capo di Stato. Il secondo mandato scade nel 2025, secondo l’attuale Costituzione.
Lo scorso settembre, la Corte Costituzionale aveva annullato il decreto per l’istituzione di un comitato per la stesura della nuova legge fondamentale dello Stato. A tutta risposta Touadéra ha dimesso il presidente del principale organo di garanzia costituzionale.
Intanto la situazione umanitaria continua a essere disastrosa in tutto il Paese. Mohamed Ag Ayoya, coordinatore umanitario delle Nazioni Unite in Centrafrica, ha fatto sapere all’inizio di questo mese che oltre la metà della popolazione, ossia 3,4 milioni di persone, necessitano protezione e aiuti umanitari.
Ormai nel Paese non esistono più i servizi di base. Tre cittadini su cinque non hanno accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici e solo il 55 per cento dei bambini completa la scuola elementare
La Russia, Prigozhin e i suoi uomini ieri hanno tenuto il mondo intero con il fiato sospeso. E la tensione si è sentita anche in Africa, dove la loro presenza è sempre più diffusa e pressante.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
Twitter: @cotoelgyes
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