Speciale per Africa ExPress
Luciano Bertozzi
Giugno 2023
Si è appena conclusa la Missione Italiana Bilaterale di addestramento (MIADIT) in Somalia, giunta alla diciottesima edizione. Nelle le dodici settimane di training sono stati formati quattro plotoni della polizia federale somala, oltre poliziotti e gendarmi gibutiani. In un decennio di attività sono sono stati preparati complessivamente circa 7.000 agenti di polizia.
I nostri carabinieri hanno preparato gli agenti di polizia durante diversi corsi come Antiterrorismo e lotta alla criminalità organizzata, Formed Police Unit (FPU), Addestramento per unità cinofile, Addestramento Forze speciali, Tecniche di polizia giudiziaria per personale femminile.
La missione, nata da accordi bilaterali Italia-Somalia e Italia-Gibuti, affidata ai carabinieri, ha l’obiettivo di creare le condizioni per la stabilizzazione della Somalia e dell’intera Regione del Corno d’Africa, mediante l’addestramento della Somali Police Force (S.P.F.) e l’accrescimento delle capacità operative delle forze di sicurezza della Repubblica di Gibuti.
I corsi sono orientati a trasmettere conoscenze e abilità operative utili alle operazioni di difesa, stabilizzazione e controllo del territorio, al fine di incrementare la capacità di contrasto al gruppo terroristico al-Shebab. L’ex colonia è sconvolta, dalla guerra da decenni.
La polizia somala è da molti anni oggetto di denunce del segretario generale dell’ ONU, in quanto arruola e utilizza minorenni, crimine sanzionato dal diritto internazionale. Si è macchiata anche di altri reati come uccisioni di bambini e stupri.
Anche il recente provvedimento di proroga delle missioni militari all’estero non ha modificato il sostegno italiano a Mogadiscio, senza particolari obiezioni, peraltro confermato dagli incontri fra la presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, e l’omologo somalo e i ministri della Difesa dei due Paesi.
Nell’ex colonia sono presenti, in base al citato provvedimento governativo di proroga, quasi settecento soldati italiani, con un costo annuo di circa 65 milioni di euro, (rispetto ai 50 milioni del 2021): EUTM Somalia, per formare i soldati di Mogadiscio, con circa centosettanta connazionali e con un costo annuo di circa 16 milioni di euro.
Va anche sottolineato che l’esercito somalo, sempre secondo le Nazioni Unite, utilizza bambini soldato, si è macchiato di stupri ed ha ucciso bambini; EUNAVFOR Atalanta per combattere la pirateria nelle acque antistanti il Paese, con duecento marinai, una nave e due aerei, con un costo di 27 milioni; la Missione Bilaterale di Addestramento delle Forze di Polizia somale e gibutine (MIADIT), operata da 115 Carabinieri, con un costo di 7,3 milioni; infine la base di Gibuti,, che si affaccia sullo strategico stretto di Bab el Mandeb (tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano), con la presenza di 147 uomini e con un onere di 13 milioni.
In passato le predette missioni, nonostante le gravi violazioni dei diritti umani, sono state approvate dai parlamentari, con rare eccezioni. La risposta italiana a tali denunce è stata, infatti, un assordante silenzio delle istituzioni e dei maggiori organi d’informazione.
Un governo che viola i più elementari diritti umani, invece, non dovrebbe godere di aiuti militari italiani, peraltro concessi senza porre alcuna condizione. Non solo, con un Paese ricco solo di armi abbiamo stipulato un accordo di cooperazione militare. L’Italia che ha un debito morale per il periodo coloniale, dovrebbe lavorare per la pace e non per alimentare guerre e violenze.
Luciano Bertozzi
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