Africa ExPress
21 maggio 2023
Nella tarda serata di ieri, le parti in conflitto in Sudan – le forze armate del presidente Abdel Fattah Al-Bourhane, e i paramilitari delle Forze di Supporto Rapido (RSF), guidate da Mohammed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemetti – hanno concordato un nuovo cessate il fuoco.
Questa tregua “entrerà in vigore alle 21:45 ora di Khartoum del 22 maggio” e durerà “sette giorni”, hanno annunciato Stati Uniti e Arabia Saudita in una dichiarazione congiunta.
Diverse altre tregue promesse in precedenza sono sempre state infrante da quando sono scoppiati gli scontri il 15 aprile, tra le forze armate e le RSF. I feroci combattimenti tra le parti hanno causato quasi mille morti e oltre un milione tra sfollati e rifugiati.
Secondo quanto affermato da Washington in un comunicato, la tregua, con l’accordo di entrambe le parti, potrebbe essere prolungata. I belligeranti hanno concordato di voler facilitare la distribuzione degli aiuti umanitari, di ripristinare i servizi essenziali e di ritirare le truppe dagli ospedali e dalle infrastrutture pubbliche fondamentali.
Il segretario di Stato Antony Blinken ha sottolineato: “È giunto il momento di mettere a tacere le armi e consentire l’accesso umanitario senza ostacoli. Imploro entrambe le parti di rispettare questo accordo, gli occhi del mondo vi stanno osservando”.
In base al testo dell’accordo di Gedda, un comitato, che comprende tre rappresentanti di ciascuna delle parti in conflitto, tre dell’Arabia Saudita e tre degli Stati Uniti dovrà monitorare il cessate il fuoco.
Ma secondo gli analisti non è chiaro se al-Burhan e Hemetti, siano in grado di mantenere un cessate il fuoco sul campo. Infatti nessuno dei due si è recato a Gedda e entrambi hanno precisato che in Arabia Saudita si discute solamente della tregua umanitaria, nessun negoziato per porre fine alla guerra.
I sudanesi credono poco all’ennesima promessa di una tregua, poiché anche ieri Omdurman, la città gemella della capitale sull’altra sponda del Nilo, è stata nuovamente oggetto di continui bombardamenti aerei.
“E’ stato terribile – ha raccontato un residente di Omdurman. “Ci siamo nascosti sotto i letti dalla gran paura”.
Mentre a Khartoum si sono sentiti solo sporadici colpi di arma da fuoco, secondo quanto è stato riportato da testimoni oculari.
E negli ultimi giorni si sono nuovamente intensificati i combattimenti nel Darfur, nella parte occidentale del Paese, confinante con il Ciad e la Repubblica Centrafricana.
Da dichiarazioni rilasciate venerdì scorso, entrambe le parti in causa si sono accusate reciprocamente di aver scatenato nuovi combattimenti a Nyala, una delle città più grandi del Paese, che per settimane regnava una relativa calma, grazie a una tregua siglata a livello locale.
Intanto il presidente del Consiglio Sovrano e capo di Stato del Paese, al-Burhan ha defenestrato Hemetti come vicepresidente. Il numero due del Sudan è ora Malik Agar, leader della fazione Nord del Movimento Popolare di Liberazione del Sudan (SPLM-N Agar).
La rimozione di Hemetti era nel aria, visto che già la scorsa settimana sono stati congelati tutti i conti bancari delle RSF e qualche settimana fa al-Burhan ha sciolto le forze paramilitari, apostrofandoli come ribelli.
Agar, un ex ribelle, molto amico dell’ex leader ribelle sud sudanese John Garang, morto nel 2005, è stato eletto governatore del Blue Nile State nel 2010. Un anno dopo è stato poi rimosso dal vecchio dittatore Omar al-Bashir, perché in totale disaccordo con lui. E’ dovuto scappare nel sud del Paese e dal suo esilio ha lanciato vari appelli per la creazione di un governo democratico con un’ampia condivisione del potere, una Costituzione che sia accettata da tutti i sudanesi.
Il nuovo vicepresidente si è sempre battuto anche per la laicità e per la fine dei conflitti etnici: “Dobbiamo essere sudanesi prima di essere religiosi. Dobbiamo essere sudanesi prima di essere arabi”.
Già nominato membro del Consiglio sovrano nel febbraio 2021, pur essendo stato un ribelle, è molto apprezzato dalla comunità internazionale. Lo scorso luglio ha incontrato l’inviata dell’Unione Europea per il Corno d’Africa, Anita Weber e diversi altri diplomatici. Inoltre, la sua storica opposizione a Omar al-Bashir è un grande vantaggio in questo momento per il Sudan, visto che al-Burhan è stato accusato da Dagalo di favorire esponenti del vecchio regime del dittatore deposto.
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