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Blitz degli americani a Khartoum. Nel buio della notte alle 00.42 elicotteri americani sono atterrati nel compound dell’ambasciata americana a 8 chilometri dal centro della capitale sudanese e hanno evacuato il loro personale diplomatico con le famiglie. L’operazione è durata meno di 5 minuti. Nella zona dell’ambasciata tutto è stato oscurato. Bloccate le comunicazioni telefoniche e internet. Saltati anche i generatori elettrici dei residenti per un raggio di un paio di chilometri. La notizia ha suscitato grandi interrogativi. Dalla cantina dov’è rifugiato, un gruppo di italiani ha lanciato un appello ad Africa Express. “Svegliate la Farnesina!”. L’Unità di Crisi della Farnesina ci ha assicurato che sta lavorando per evacuare gli italiani presenti in Sudan. Teste di cuoio italiano sono già posizionate a Gibuti, pronte ad entrare in azione.
Africa ExPress
Khartoum, 22 aprile 2023
In un breve comunicato, Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemetti, capo delle Rapid Support Forces e vicepresidente del Sudan, ha dichiarato che le sue truppe sono state attaccata a sorpresa dalle forze armate sudanesi una settimana fa.
Il 6 aprile scorso, giorno per il quale era stata prevista la firma dell’accordo per rilanciare la transizione democratica in Sudan, il presidente al-Burhan – secondo Hemetti – avrebbe chiesto di includere nel trattato il vecchio partito dei Fratelli Musulmani dell’ex dittatore Omar al-Bashir.
“Io ho rifiutato dicendo, quel partito non è gradito dalla gente, non lo vuole proprio”. Infine ha aggiunto: “Dovevamo ritornare a tavolino la domenica seguente, ma siamo stati attaccati di punto in bianco il giorno precedente”.
L’Arabia Saudita è stato il primo Paese ad annunciare l’evacuazione dei suoi cittadini bloccati in Sudan, a una settimana dall’inizio dei combattimenti tra le forze armate sudanesi e i paramilitari di Rapid Support Forces.
Il ministero degli Esteri saudita ha dichiarato: “Diversi stranieri di Paesi amici e fratelli sono stati portati in salvo da Port Sudan a Jeddah, insieme ai nostri 91 concittadini”.
Ben 66 persone, tutti diplomatici e funzionari di istituzioni internazionali di diversi Stati come Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Tunisia, Pakistan, India, Bulgaria, Bangladesh, Filippine, Canada e Burkina Faso, si trovano ora nel regno wahabita in attesa di raggiungere il proprio Paese di origine.
L’annuncio dell’evacuazione è giunta dopo che le Forze armate sudanesi (SAF) e le Forze di supporto RSF hanno fatto sapere di essere pronte a collaborare nell’evacuazione dei cittadini stranieri.
Infatti, il leader delle RSF, il generale Dagalo, ha promesso di aprire gli aeroporti per le evacuazioni. Saranno necessari aerei militari, visto che anche l’aeroporto di Khartoum è stato danneggiato durante gli scontri e diversi aerei hanno preso fuoco durante i bombardamenti. Peccato che a tutt’oggi lo scalo di Khartoum sia chiuso, perché al centro di scontri tra le fazioni in lotta.
Le Forze armate sudanesi (SAF) hanno dichiarato che stanno coordinando l’evacuazione dal Paese con aerei militari di diplomatici di Stati Uniti, Gran Bretagna, Cina e Francia.
Il capo dell’esercito Abdel Fattah al-Burhan ha precisato di aver parlato a questo proposito con leader di diversi Paesi che hanno chiesto il rimpatrio sicuro dei loro concittadini.
Il Pentagono ha sottolineato che sta trasferendo ulteriori truppe nella loro base militare, Camp Lemonnier, di Gibuti, nel golfo di Aden, per prepararsi all’evacuazione del personale dell’ambasciata statunitense in Sudan.
Anche il nostro governo è pronto a portare in salvo i circa 200 italiani residenti in Sudan. Come riporta ANSA, il ministero della Difesa ha fatto sapere che, come è stato predisposto da altri Paesi occidentali, l’evacuazione è prevista via Gibuti, Paese del Corno d’Africa, che raggiungeranno con velivoli militari.
James Morgan, ex ambasciatore dell’Unione Europea ha riferito a Al Jazeera che durante le evacuazioni in Libia all’epoca della Primavera araba, “la situazione era catastrofica, ma non così grave come quella di Khartoum, poiché le principali città libiche hanno accesso a un porto”.
Intanto sono ripresi i combattimenti. Anche stavolta la tregua di 72 ore è rimasta inascoltata. Il Comitato centrale dei medici sudanesi (CCSD) ha riferito che gli scontri si sono estesi a Bahri e Omdurman, città gemella della capitale sull’altra sponda del Nilo. Mentre a Khartoum, dove l’attuale conflitto è scoppiato il 15 aprile, sono state segnalati scontri anche intorno al quartier generale dell’esercito e al palazzo presidenziale.
Il responsabile del Programma alimentare mondiale (PAM) delle Nazioni Unite in Ciad, Pierre Honnorat, ha dichiarato che si teme una forte ondata di profughi verso il Paese confinante con il Sudan. Finora tra 10 e 20mila sudanesi hanno già raggiunto i campi per profughi nella ex colonia francese . PAM si sta preparando per l’arrivo di centomila fuggitivi e ha aggiunto: “Finora abbiamo accolto per lo più donne e bambini”.
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