Khartoum, 23 aprile 2023
Alle 21 di questa sera ora locale è cominciata l’evacuazione degli italiani da Khartoum. Due C 130 Hercules dell’aeronautica militare, con a bordo un reparto di teste di cuoio partiti da Gibuti, sono atterrati all’aeroporto militare di Khartoum per prendere a bordo le 150 persone che sono riuscite a raggiungere lo scalo.
Sul primo volo è stata data la precedenza alle donne e ai bambini. Il team di Emergency ha deciso di restare a Khartoum. “Non ce la sentiano di abbandonare i nostri pazienti”, ha dichiarato un medico del moderno ed efficiente ospedale realizzato da Gino Strada un paio di decenni fa. (Nel video, Muhameda Tulumovic, direttrice del programma di Emergency in Sudan da Khartoum). Anche i comboniani che nel Paese hanno un’importante missione, rimangono laggiù.
Il secondo gruppo di evacuati italiani è partito dalla capitale sudanese alle 3 del mattino su un aereo spagnolo ed è sbarcato a Gibuti un paio d’ore dopo. Manca all’appello il secondo C 130 italiano. Secondo informazioni non confermate si sarebbe guastato e quindi una volta atterrato a Khartoum non è potuto ripartire. Se fosse vera questa informazione ci si domanda ora come sarà possibile recuperalo.
Immediatamente le Rapid Support Forces, i golpisti sudanesi, hanno rivendicato il merito “di aver effettuato con successo – c’è scritto in un loro comunicato – l’evacuazione di due funzionari dell’ambasciata e altre 41 persone arrivate in aeroporto con 6 piccoli veicoli“.
Già ieri mattina il loro capo, il generale Mohamed Hamdan Dagalo, aveva pubblicato sulla sua pagina personale Facebook una soddisfatta dichiarazione in cui conferma gli ottimi rapporti con il nostro Paese, dovuti anche al fatto che noi da un paio d’anni stiamo addestrando i suoi uomini.
Scrive Dagalo, che in Sudan tutti chiamano con il soprannome senza significato preciso “Hemetti”: “Oggi ho avuto uno scambio di opinioni con il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, sugli sviluppi della crisi che sta vivendo il nostro Paese. Tajani ha espresso il suo apprezzamento per gli sforzi della Rapid Support Forces (i tagliagole che una decina d’anni fa erano più conosciuti con il nome di janjaweed, ndr) per evacuare alcune missioni diplomatiche, e non vede l’ora di un ulteriore coordinamento per portar fuori i suoi connazionali e gli espatriati degli altri Paesi durante l’annunciata tregua. Affermiamo il nostro impegno per il diritto internazionale umanitario e tutte le leggi relative alla protezione dei civili in tempo di guerra. Non mancheremo di fornire le strutture necessarie per garantire il passaggio sicuro dei cittadini e dei Paesi sorelle e amici verso le loro varie destinazioni”.
Anche in Sudan ovviamente la guerra si combatte anche sul piano della propaganda e Dagalo in questi giorni ha mostrato di essere abile anche su questo scacchiere. Il generale potrebbe aver millantato i complimenti di Tajani, ma da Khartoum hanno spiegato a Africa ExPress che stavolta la sua dichiarazione è stata pubblicata sulla sua pagina Facebook personale, mentre di solito usa l’account del Rapid Support Forces. Quindi sembra proprio vera.
Proprio ieri, invece, una sua dichiarazione in cui sostiene di aver collaborato con gli Stati Uniti, che dopo mezzanotte hanno organizzato un blitz con 6 elicotteri per evacuare i loro diplomatici con le famiglie, è stata seccamente smentita dal Dipartimento di Stato a Washington.
Di fatto, secondo quanto ANSA ha scritto nel pomeriggio, l’evacuazione dei nostri connazionali è stata avviata e coordinata dal comando operativo di vertice interforze. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato nel pomeriggio: “Lavoriamo per garantire entro la nottata di poter far sì che tutti gli italiani che vogliono partire siano messi in sicurezza”.
E il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha sottolineato che la sicurezza degli aeroporti è garantita dai fucilieri dell’aria dell’aeronautica militare.
Il ministero degli Esteri francese ha annunciato di aver lanciato questa mattina all’alba una rapida operazione di evacuazione per i suoi cittadini e il personale diplomatico. Anche altri europei e persone di Paesi partner alleati sono stati presi in carico.
Il convoglio è stato bloccato per diverse ore mentre era diretto all’aeroporto di Khartoum, perché colpito da pallottole e un francese è stato ferito.
Il Quais d’Orsay non ha confermato la notizia e non ha voluto rilasciare alcun commento, visto che le operazioni di messa in sicurezza dei concittadini è ancora in pieno svolgimento. Mentre in un comunicato sull’account Twitter di Rapid Suport Forces (RSF) di Dagalo, si legge che “sono stati attaccati da aerei durante le operazioni di evacuazione di cittadini francesi dalla loro ambasciata”. Nel post viene menzionato il ferimento di una persona proveniente dal Paese d’oltralpe.
L’episodio però non è così chiaro come sembra. Infatti a Khartoum vive un gruppo di sudanesi con la cittadinanza francese che sostengono le Rapid Support Forces. Uno di essi, Alrasheed Saeed, secondo notizie pubblicate dai giornali locali è ricercato dall’esercito, che non gli permette di lasciare il Paese e da mesi è rifugiato all’ambasciata francese
Parigi ha confermato che un primo aereo è già partito da Khartoum e ha raggiunto Gibuti in serata. Anche un secondo ha lasciato Khartoum. Ognuno con un centinaio di persone a bordo.
Diversi altri governi hanno già annunciato l’intenzione di evacuare i propri connazionali. Il ministero degli Esteri di Ankara garantirà il ritorno in patria di circa 600 concittadini residenti in Sudan.
“Anche i cittadini di Paesi terzi che hanno richiesto assistenza sono stati inclusi nei nostri piani”, ha aggiunto il governo turco. Un’operazione che prevista all’alba alle 6 nel nord di Khartoum è stata rinviata fino a nuovo avviso a causa di un’esplosione vicino a una moschea designata come luogo di raccolta, ha annunciato la rappresentanza diplomatica turca a Khartoum sul suo account Twitter.
I militari britannici sono riusciti a evacuare lo staff diplomatico e le loro famiglie grazie a un “intervento rapido e complesso”, come lo ha definito questa mattina il primo ministro Riski Sunak .
Il personale dell’ambasciata statunitense a Khartoum è stato prelevato con sei elicotteri la notte scorsa, mentre l’Arabia Saudita ha effettuato sabato un’operazione di salvataggio dei propri cittadini e diplomatici e alti funzionari internazionali di altri Paesi. Sono stati trasferiti via terra a Port Sudan e in nave hanno attraversato il Mar Rosso.
L’ambasciatore di Mosca a Khartoum ha dichiarato ai media statali russi che 140 dei circa 300 russi presenti in Sudan hanno detto di voler partire. Il diplomatico ha dichiarato che sono stati predisposti dei piani di evacuazione, ma che sono ancora impossibili da attuare perché comportano l’attraversamento delle linee del fronte.
Ha aggiunto che ci sono circa 15 persone, tra cui una donna e un bambino, bloccate in una chiesa ortodossa russa che si trova nelle vicinanze di pesanti combattimenti a Khartoum. Ovviamente nel comunicato nessuna menzione sui mercenari del gruppo Wagner.
L’Egitto ha esortato i propri connazionali che non vivono a Khartoum di dirigersi verso i consolati di Port Sudan e Wadi Halfa, nel nord, per prepararsi all’evacuazione. Mentre ha chiesto agli egiziani residenti nella capitale di restare nelle proprie abitazioni finché la situazione non migliorerà.
Il governo de Il Cairo ha poi aggiunto che è necessario un programma di evacuazione “meticoloso, sicuro e organizzato” per i suoi 10.000 cittadini che vivono in Sudan.
L’Egitto ha comunicato che uno dei suoi diplomatici è stato ferito da colpi di arma da fuoco, senza fornire però ulteriori dettagli.
Africa ExPress
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