20 aprile 2023
La visita della presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, in Etiopia è avvenuta pochi mesi dopo la firma del cessate il fuoco tra il governo di Addis Abeba e i guerriglieri della regione settentrionale del Tigray.
Secondo le organizzazioni internazionali nei due anni di guerra ci sono state oltre 800.000 vittime, su una popolazione di poco più di 6 milioni di abitanti. Le violazioni dei diritti umani, esecuzioni di massa e la fame come arma di guerra sono ormai risaputi.
L’Etiopia, nel corso del conflitto, ha chiesto, inoltre, ad un altro Paese, l’Eritrea (Paese governato da una dittatura sanguinaria), aiuti per sostenere l’esercito governativo. In molti hanno criticato la scelta di permettere a un esercito terzo di entrare nel proprio territorio per massacrare cittadini etiopici.
Nonostante siano passati solo pochi mesi dalla firma del trattato di pace la visita della signora Meloni ha fatto sembrare tutto questo legato ad un passato remoto. Appare fin troppo chiaro che la visita di un capo di governo europeo è proprio quello che ha cercato di ottenere il primo ministro etiopico, Abiy Ahmed, per ricrearsi un’immagine diversa da quella degli ultimi anni e rientrare a pieno diritto sulla scena internazionale.
La stampa nostrana ha aiutato a far piazza pulita delle recenti miserie del Tigray e non ha fatto cenno sul sostegno che l’Etiopia ha dato alla Russia, non votando a favore di nessuna risoluzione ONU di condanna all’invasione russa dell’Ucraina.
Difficilmente l’Etiopia volgerà il proprio sguardo ad Occidente, dati i suoi sempre più stretti legami con Mosca ed in modo particolare anche con Pechino.
La signora Meloni ha portato un pacchetto di aiuti della cooperazione italiana (180 milioni di euro, di cui 40 in dono e gli altri a credito), facendo illudere qualcuno della grande generosità del nostro Paese.
In realtà si tratta di cifre irrisorie per un a nazione che ha un PIL di oltre 120 miliardi di dollari e che ha ricevuto, negli ultimi anni investimenti cinesi per miliardi di dollari.
La metropolitana di Addis Abeba, l’autostrada che collega la capitale con il Sud del Paese, la grande ferrovia che da Addis Abeba arriva fino al porto di Gibuti, le grandi dighe sul Nilo sono principali infrastrutture finanziate dalla Cina. L’intervento cinese ha poi interessato lo sviluppo industriale di molte aree del Paese. Le più importanti risorse dell’Etiopia sono totalmente (petrolio) o parzialmente (produzioni agricole) sotto il controllo cinese.
Far credere che l’Etiopia possa invertire la rotta verso l’Europa sembra essere quindi una pura illusione, volta più all’elettorato di destra italiano che ad una reale mossa geopolitica. Comunque il detto: “se son rose fioriranno” appare particolarmente azzeccato in questo contesto, perché l’Etiopia è uno tra i maggiori esportatori di rose recise al mondo.
Africa ExPress
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