Cornelia I. Toelgyes
10 aprile 2023
BURKINA FASO
Durante la notte tra giovedì e venerdì scorso sono stati attaccati due piccoli comuni in Burkina Faso, a poca distanza dalla frontiera con il Niger.
Nel villaggio di Kourakou sono stati ammazzati 31 uomini, mentre a Tondobi, a poca distanza dal primo, altri 13, tra gli abitanti aggrediti ci sarebbe anche un numero imprecisato di feriti. Sembra che non ci siano vittime tra donne e bambini. Secondo quanto afferma il governatore della regione Sahel (Burkina Faso), Rodolphe Sorgo, l’aggressione sarebbe stata perpetrata da un gruppo terrorista.
Nella zona sono frequenti le incursioni degli islamisti. Lo scorso giugno nell’area di Seytenga, che dista solo 5 chilometri dei due villaggi, sono stati brutalmente uccise 86 persone. L’attacco è poi stato rivendicato dal Gruppo Islamico nel Grande Sahara.
In un comunicato rilasciato ieri, il governatore Sorgo ha invitato la popolazione di arruolarsi con il corpo Volontari per la Difesa della Patria (VDP) per difendere insieme ai militari di Ouagadougou i propri villaggi da nuovi attacchi.
I cittadini burkinabé non muoiono solo per mano dei terroristi. Ai massacri partecipa anche l’esercito regolare. All’inizio della settimana i militari di Ouagadougouhanno ucciso diversi civili a Dori, capoluogo della provincia di Seni (regione Sahel).
Secondo quanto hanno riferito alcuni residenti a AFP, sarebbe stata una vera e propria “spedizione punitiva” dei soldati, in quanto lunedì un loro commilitone è stato ucciso nel quartiere Petit Paris della città.
Testimoni oculari hanno specificato che martedì e mercoledì, gruppi di soldati hanno fatto irruzione nel quartiere e nelle zone limitrofe, picchiando con cinture e corde chiunque incontrassero per strada e tre persone sono state uccise da proiettili vaganti.
Dal 30 marzo scorso è entrato in vigore lo stato di emergenza in otto regioni della ex colonia francese. Secondo il governo, il provvedimento rafforza i mezzi legali nella lotta contro il terrorismo. In totale, sono interessati 22 dipartimenti, ovvero quasi la metà del territorio del Burkina Faso, mentre a tutt’oggi quasi il 40 per cento del Paese è controllato dai gruppi terroristi.
Tali misure eccezionali adottate dal governo permettono ai ministri della Sicurezza, dell’Amministrazione territoriale o alle autorità locali di mettere in atto una serie di misure che vanno dal divieto di circolazione, allo scioglimento di gruppi e associazioni. Possono anche controllare i media e requisire beni e persone.
Certo, i mezzi di informazione, sono testimoni scomodi che danno fastidio. Alla fine di marzo è stata sospesa la diffusione di France24, mentre all’inizio di aprile è stato dato il foglio di via a due giornaliste francesi. Si tratta di Sophie Douce di Le Monde e di Agnès Faivre del quotidiano Libération. Entrambe sono state convocate dalla Sicurezza nazionale a Ouagadougou, che ha intimato loro di lasciare il Paese entro 48 ore.
I due quotidiani francesi hanno denunciato l’espulsione delle loro giornaliste come “misura inaccettabile e arbitraria che conferma che la libertà di stampa nel Paese è gravemente minacciata”.
Insomma, l’insicurezza nel Paese non tende a placarsi. A farne le spese sono soprattutto i bambini. E il Consiglio Norvegese per i Rifugiati (NRC) ha fatto sapere che oltre 6.000 edifici scolastici sono stati chiusi proprio per motivi di sicurezza e un milione di piccoli non possono più frequentare la scuola. Gli studenti sono privi dell’istruzione, perché lo Stato non è in grado di proteggerli durante le lezioni.
Ibrahim Traoré ha preso il potere a ottobre dopo un colpo di Stato militare (il secondo in poco meno di 9 mesi), perché fermamente convinto di riuscire a fermare il terrorismo nel suo Paese. Nel frattempo ha invitato, come il suo omologo golpista del Mali, Assimi Goïta, i francesi a lasciare il Paese. Intanto si stanno rafforzando i legami tra Mosca e Ougadougou.
Dal 2015 il Burkina Faso, in particolare la parte settentrionale del Paese, è in preda a una spirale di violenza, attribuita a gruppi jihadisti legati ad Al-Qaeda e all’organizzazione dello Stato Islamico, che ha causato oltre 10.000 morti tra civili e militari e circa 2 milioni di sfollati.
CIAD
Intanto venerdì scorso il Ciad ha notificato all’ambasciatore tedesco, Jean Christian Gordon Kricke, il foglio di via, perchè considerato persona non grata. Lo ha reso noto il portavoce del governo, Aziz Mahamat Saleh. Secondo N’Djamena, il diplomatico di Berlino avrebbe dimostrato un atteggiamento scortese e non avrebbe rispettato le pratiche diplomatiche, come prescritto dalla Convenzione di Vienna.
Secondo alcune fonti vicine al governo, l’espulsione dell’ambasciatore tedesco era prevedibile a causa delle sue critiche alla nuova amministrazione di transizione. Ma secondo il ministero degli Esteri di Berlino le ragioni per le quali il governo del Ciad ha dichiarato l’ambasciatore Kricke persona non grata sono assolutamente incomprensibili. Il diplomatico tedesco è stato precedentemente in Niger e nelle Filippine. Prima di occupare la posizione in Ciad, è stato rappresentante speciale della Germania per il Sahel.
Aggiornamento 11 aprile 2023
Secondo un’ulteriore ricostruzione dei fatti, non si esclude che gli autori del massacro siano stati dei “semplici” ladri. Potrebbe trattarsi di una rappresaglia, in quanto 48 ore prima, due criminali avrebbero tentato di rubare capi di bestiame nel villaggio di Kourakou. I residenti hanno reagito, uccidendo uno dei malavitosi.
Alcuni abitanti del luogo hanno poi descritto gli uomini come combattenti dello Stato Islamico nel Grande Sahara (EIGS). Ma è difficile distinguere gli uni dagli altri in questa parte del Burkina Faso, dove gli interessi delle reti criminali sono simili a quelli dei gruppi armati.
Aggiornamento 11 marzo 2023 ore 22.40
In risposta all’espulsione immotivata del nostro rappresentante diplomatico accreditato in Ciad, abbiamo convocato oggi l’ambasciatore di N’Djamena a Berlino, Mariam Ali Moussa, invitandola a lasciare la Germania entro 48 ore. Ci dispiace che si sia dovuti arrivare a questo”, ha dichiarato il ministero degli Esteri di Berlino in un tweet poche ore fa.
Cornelia I. Toelgyes
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