Cornelia I. Toelgyes
22 marzo 2023
Attualmente sono ben 17 milioni i nigeriani a rischio insicurezza alimentare. Si prevede che fra qualche mesi saranno ancora molti di più.
In base all’analisi Cadre Harmonisé, dell’ottobre 2022, Unicef ritiene che i nigeriani a rischio potrebbero raggiungere facilmente i 25 milioni tra giugno e agosto. L’indagine alimentare viene pubblicata due volte all’anno dal governo di Abuja con il sostegno delle Nazioni Unite.
Il Paese è ricchissimo grazie ai proventi ricavati dal petrolio, ma la ricchezza è in mano a pochissime famiglie. Ma gli incessanti conflitti che flagellano da anni la ex colonia britannica, i cambiamenti climatici, l’inflazione galoppante e l’aumento dei prezzi dei generi alimentari hanno creato una situazione allarmante: la povertà avanza in misura esponenziele.
Inoltre, l’accesso al cibo diventa sempre più difficile a causa delle persistenti violenze, che si consumano nel Borno, Adamawa e Yobe State. e del banditismo armato e dei rapimenti a fini di riscatto in altri Stati della Federazione nigeriana, come Katsina, Dokoto, Kaduna, Benue e Niger.
Se aggiungiamo anche i cambiamenti climatici estremi che hanno provocato diffuse inondazioni, distruggendo centinaia di migliaia di ettari di terreno coltivabile, il quadro della situazione è davvero drammatico. Con la crescente diminuzione dei raccolti, aumenta il rischio insicurezza alimentare per le famiglie in tutto il Paese.
In alcuni casi l’insicurezza alimentare ha assunto caratteri talmente drammatici, che i genitori sono costretti a mandare via i figli da casa. Il cibo non basta più per tutti.
Aisha si dispera, piange, urla quando parla dei suoi nipotini, che fino a non molto tempo fa vivevano con lei nella periferia di Maiduguri (Borno State), in un insediamento informale, popolato da sfollati interni, fuggiti dalla furia dei terroristi Boko Haram. La figlia e il marito sono stati brutalmente ammazzati qualche anno fa a Baga durante l’incursione dei jihadisti, lasciando i cinque figli orfani.
L’anziana donna ha cresciuto da allora i quattro maschietti e la bambina, ma ora non sa davvero più cosa fare. Da mesi non riceve più alcun sostegno, tantomeno cibo.
Aisha ha tenuto con sé la bimba, ancora troppo piccola per trovarle un’altra sistemazione, mentre si è vista costretta a mandare i quattro ragazzini in uno dei tanti controversi collegi islamici. Non aveva altra scelta, le bocche da sfamare erano troppe.
Localmente queste scuole vengono chiamate Tsangaya. Alcune sono ben gestite e frequentate anche da stranieri, ma gran parte questi istituti ospitano solo pochi alunni e sono rette da un solo insegnante, il mallam.
In questi casi si tratta di scuole molto informali e gli studenti, invece di apprendere, vengono mandati nelle strade e nei mercati per chiedere elemosina, soldi che servono per il mantenimento del maestro.
Il racconto di Aisha e della sua famiglia è una storia nella storia. Genitori e parenti sfollati come lei, costretti a vivere in accampamenti informali, devono spesso rinunciare ai figli, per dargli un’altra chance, perché possano sopravvivere. In caso contrario rischierebbero di ammalarsi e di morire.
Basti pensare che attualmente 6 dei 17 milioni di nigeriani che necessitano aiuti umanitari urgenti, sono bambini sotto i cinque anni. Sono piccoli a rischio, poiché molti di loro soffrono già di malnutrizione grave.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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